Il padrone del vento. La lunga vita felice di Agostino Straulino
- Autore: Giuliano Gallo
- Genere: Sport
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nutrimenti
- Anno di pubblicazione: 2023
Conosco di fama fin da bambino “Tino”, l’ammiraglio Agostino Straulino. Ricordo che in casa si parlava di un’impresa che solo chi ha rudimenti di navigazione può apprezzare appieno: nel 1965 uscì dal Mar Piccolo a Taranto attraversando a vela l’angusto canale navigabile tra i due mari della città e base navale ionica. Mio padre e mio zio (futuro ammiraglio) non avevano parole che per il campione velico olimpionico, orgoglio della Marina Militare, medaglia d’oro a Helsinki nel 1952, argento quattro anni dopo e che delusione il quarto posto nelle Olimpiadi di Roma 1960, nelle nostre acque di Napoli, con boa e virata davanti a Mergellina.
Con curiosità, ho appreso che qualche anno fa la casa editrice romana Nutrimenti ha pubblicato un libro sulla vita e le imprese del comandante Straulino e che quel volume (prima edizione 2005, quinta 2011) è riapparso in sesta edizione nel settembre 2023, Il padrone del vento. La lunga vita felice di Agostino Straulino (collana “Transiti blu” Nutrimenti Mare, 160 pagine), a firma del giornalista Giuliano Gallo. Nel 2006 ha vinto il Premio Casinò San Remo “Libro del Mare”.
Istriano d’origine, l’autore è stato per molti anni inviato del “Corriere della Sera” nei luoghi più caldi del pianeta, dai Balcani a Timor Est, dall’Afghanistan all’Iraq. Va per mare da quand’era ragazzo e ha navigato in Atlantico, in Mediterraneo, nella Manica e nel golfo di Biscaglia. Per Nutrimenti ha pubblicato già Aliseo, nel 2009.
Anche lui prova un’ammirazione sconfinata per il conterraneo Straulino, nato nel 1914 a Lussinpiccolo, sull’isola croata di Lussino, che faceva ancora parte dell’Impero di Vienna, quindi di natali austro-ungarici ma italianissimo, carnico, per cuore, cultura e sentimenti.
Questo libro racconta con affetto e ammirazione la storia e le conquiste del marinaio più celebre d’Italia, asceso dal servizio non permanente al grado di ammiraglio di divisione. Diploma di lungo corso nel 1933, allievo ufficiale di complemento nel 1934, timoniere sulle barche a vela biposto da competizione Classe Star, un successo olimpico, tre volte Campione del mondo, dieci d’Europa, dodici d’Italia, tre di Germania, una di Francia. Imbarcato in guerra e incursore subacqueo nella Decima Flottiglia Mas della Regia Marina, non aderì alla Repubblica di Salò e venne internato dai tedeschi. Confermato nell’Arma navale post bellica, continuò la carriera sportiva in coppia con il prodiere Nico Rode (altro ufficiale di Marina).
È stato al comando dal 1961 della nave scuola Corsaro II, poi responsabile di Marivela e promosso capitano di vascello ha comandato l’Amerigo Vespucci (novembre 1964-ottobre 1965).
Se da piccolo mi eccitavano le sue imprese, alla stessa età il Tino bambino cominciava a conoscere il mare e a dominare i venti. Aveva poco più di cinque anni, fingeva di navigare usando il divano come battello e ormeggiando al tavolo, quando papà Pietro e lo zio Giovanni gli regalarono una piccola ma perfetta e vera barca a vela di legno, costruita nella stiva della nave, nei lunghi mesi di navigazione. Poco più di due metri e mezzo di lunghezza, un albero che non arriva a due, ma bastava per imparare ad andare per mare. Zio Joe gli avrebbe insegnato ad usarla. Bassa di bordo, piatta e ben piantata nell’acqua, decise di battezzarla “Sogliola”.
È il caso di seguire Giuliano Gallo nel racconto dell’impresa nautico-velica di Taranto, per far comprendere la difficoltà del pur breve attraversamento e la perizia straordinaria dell’uomo di mare, di vento e di vele, di cui si è perso lo stampo.
L’uscita del Vespucci dal Mar Piccolo, senza ausilio del motore, è stata un prodigio, eppure Straulino l’ha sempre considerata una cosa normale. Si limitava a dire:
“Condizioni favorevoli, ottimo equipaggio”.
Pensava da giorni di provare ad uscire a vela, ma si rendeva conto che serviva soprattutto il vento giusto. Mentre mollava gli ormeggi, la mattina del 14 maggio 1965, soffiava una tramontana secca di una trentina di nodi, rarissima da quelle parti, dritta in poppa verso il Mar Grande e che consentì di issare le vele e tentare di attraversare il canale artificiale navigabile, verso cui accostò per 193°, per l’allineamento in uscita. È lungo 375 metri e largo appena 58 nel tratto del ponte, profondità media sui 12 metri, per questo il transito a vela vi è vietato per qualunque imbarcazione, figurarsi un veliero con tre alberi, 101 metri da prua a poppa, largo 15.56, che ne pesca 7,3.
Nel bacino del Mar Piccolo, con le vele del trinchetto imbrogliate si avvicinava a quattro nodi all’apertura, ma il ponte girevole tra il castello e la città non era ancora separato. Ce l’avrebbe fatta l’ancora preparata a poppa a fermare le quattromila tonnellate del Vespucci? Ma il ponte cominciò ad aprirsi, il comandante ordinò di mollare gli imbrogli e cazzare le scotte del trinchetto.
Tutto eseguito in quindici secondi. Vennero alzate quattro bandiere del codice internazionale dei segnali: “macchine in avaria”. Il maestrale che soffiava abbriviò il moto a otto nodi. Uno spettacolo fantastico: quella meraviglia di veliero occupava quasi per intero il canale navigabile, le vele del trinchetto piene da scoppiare, i baffi sotto i masconi, i pennoni più bassi a sovrastare le due sponde gremite di folla.
Nell’occasione, Straulino ottenne dall’Ammiragliato una sanzione disciplinare e un encomio. Dieci giorni di arresti per avere trasgredito il divieto di attraversare a vela, il plauso per premiare l’alta perizia marinaresca dimostrata con la manovra difficilissima, comandata a voce, come si fa da secoli.
Straulino si è separato dal vento, sempre “suo amico”, il 14 dicembre 2004. Riposa a Lussinpiccolo.
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