Il segreto Machiavelli
- Autore: Gabriel Albiac
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2022
Diversi saggi, una raccolta di poesie ed anche quattro romanzi, mica pochi per un docente universitario di filosofia, il prof. Gabriel Albiac. È approdato in Italia, dall’autunno scorso, il thriller storico Dormir con vuestros ojos, tra i bestseller Newton Compton, edito con il titolo Il segreto Machiavelli (ottobre 2022, 252 pagine), nella traduzione dallo spagnolo di Claudia Verde.
Nato a Utiel, un centro della Comunità Valenciana, Albiac ha insegnato nell’Università Complutense di Madrid e da giovane in Italia, a Urbino. Per la saggistica ha meritato il Premio Nacional de Literatura, tra gli altri. Dal 1989 collabora con varie testate madrilene, El Mundo, La Razón, ABC.
C’è da dire che da un accademico di filosofia tutto ci si aspetterebbe tranne che si consentisse di chiamare confidenzialmente “Machia” un gigante della politica e della letteratura nell’Italia del Rinascimento, qual è stato Niccolò Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 - 21 giugno 1527).
È una curiosità che si fa notare. Ci sta renderlo protagonista di una trama intrigante, in un testo certamente non paludato e professorale, un thriller, dopotutto.
Passi, anche, farne il primo motore mobile di una vicenda che si muove intorno a “un grande politico, una nobildonna e un mistero sepolto nel tempo”, come si legge in copertina. E non è la prima volta, anzi capita spesso, d’incontrare in un romanzo altri colossi della storia, qui Caterina Sforza, Savonarola, Leonardo, il papa Borgia Alessandro VI e tutta la sua chiacchierata famiglia, sulla bocca dei maldicenti di tutti i tempi dai primi del XVI secolo. Ma certo, tanta confidenza fa specie, sebbene a concedersela sia dopotutto un collega di messer Niccolò, un discendente nella professione e nella materia filosofica, mezzo millennio avanti.
Il docente spagnolo è una sorpresa nei panni di scrittore di un noir storico. Una bella sorpresa, va detto, perché il suo stile è fresco, moderno, scorrevole. Ha confezionato una fiction narrativa agile e piacevole, da seguire senza troppi pensieri, come le migliori in costume, che scorrono sul piccolo schermo televisivo.
A chiamare “Machia” il segretario emerito della Seconda Cancelleria della Repubblica di Firenze - nella villa fiorentina, all’una e cinque di notte del 21 giugno 1527 - è Barbara Salutati, che con la sua fresca voce sveglia l’infermo per somministrargli il medicinale da assumere ogni sei ore. Non sa la bella e giovanissima cantante sedicenne ch’è cominciata l’ultima giornata di vita del nobiluomo, al quale la legano affetto sincero, amore e rispetto, da quando si sono conosciuti tre anni prima, in casa dell’amico Iacopo Falconetti. Lei era allora poco più che una bambina, con una voce straordinariamente piacevole, un dono della natura.
Strappato ai sogni dalle pur amorevoli cure di Barbara, il cinquantottenne rivede nelle sue ultime ore parte della vita e le figure più importanti che hanno concorso a farla. Per prima, la duchessa di Forlì Caterina Sforza Riario, donna amata più di tutte. Non c’era stato miglior combattente, né chi la eguagliasse in politica, come aveva verificato con ammirazione appena introdotto alla corte forlivese da Leonardo da Vinci.
Di Leonardo, Machiavelli osserva che al Maestro gli esseri umani interessano nella stessa misura in cui giudica degne di studio le formiche. Domina tutto o quasi, ma niente sembra bastargli. Mentre di Caterina apprendiamo che, secondo certe voci, il papa spagnolo la volesse morta, pur già vinta e umiliata dal figlio Cesare, quel duca Valentino che lei considerava soltanto un moccioso crudele, perverso come tutti i bambini.
La furia incontrollabile del secondogenito Borgia è pari alla ferocia di un bimbo, un uomo mai cresciuto, come il diplomatico fiorentino sapeva bene. Morto il pontefice padre, era svanito il futuro del figlio.
Gabriel Albiac sostiene che un romanzo prende forma nell’arco di tutta la vita nella testa di chi lo scriverà. “Oppure no”.
Questo è nato nei sogni di un giovane aspirante accademico che, alla fine degli anni Ottanta, è andato a esercitare “una piacevole docenza” nell’Università di Urbino. Nei vicoli scoscesi della città rinascimentale, immutata in cinque secoli e nell’antico palazzo dove teneva lezione, gli sembravano presenze quotidiane “i fantasmi” di Machiavelli e di Cesare Borgia, elevato da Niccolò a modello di Principe.
Ma un romanzo, aggiunge, si realizza “come tutti” in una biblioteca. Per questo ha voluto rivelare ai lettori quanti libri abbiano dato nerbo alla sua immaginazione: una “finzione precaria”, visto che:
Tutto è falso in un romanzo, tranne il mondo in cui si intrecciano le sue menzogne. E la lingua in cui sono scritte.
Le fonti essenziali di Albiac sono state principalmente due: una letteraria l’altra in carne, ossa, gran carattere e vesti rinascimentali. La prima è la corrispondenza personale e d’ufficio di messer Niccolò, insieme ai dieci volumi di quella solo diplomatica di Guicciardini. Senza, il romanzo non sarebbe stato possibile.
La seconda è la straordinaria Caterina Sforza. L’autore assicura che sarebbe sbagliato ritenere fantasiose “le macchinazioni sciamaniche” della contessa da lui mostrate, perché non mancano resoconti attendibili dei suoi esperimenti chimici.
La bellissima Barbara Salutati invece non ha mai scritto, ma di lei scrisse in lettere e poesie il vecchio Machiavelli che l’amò.
Non sono inventate le tante trame diplomatiche e politiche, è invece una licenza narrativa il personaggio di Yllka, la guerriera albanese e amante che lo aiuta a venire a capo di un enigma, affiancata al cancelliere fiorentino da Caterina. E dall’autore, ovviamente: gli piace pensare che “Machia” avrebbe apprezzato questo regalo.
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