Il tuffo dell’anatra di Riccardo Marchetto

Non ci salviamo senza un grande sforzo e senza un grande sacrificio da parte di tutti gli abitanti del pianeta Terra, soprattutto per quanto riguarda i Paesi industrializzati dell’Occidente e i Paesi in via di espansione, perché nel mentre l’Africa subsahariana sta morendo. In Africa non ci sono medicine, o meglio, costano moltissimo perché c’è solo il mercato nero ormai.
Queste premesse sono indispensabili per capire questo noir che non è solo scritto con le regole dell’entertainment, ma ha una base morale che non ti aspetti.
Riccardo Marchetto scrive un bellissimo libro dal titolo Il tuffo dell’anatra (Damster edizioni, 2023). Il titolo prende in considerazione un’azione che fanno i surfisti per restare a galla quando sta arrivando un’onda molto alta e profonda.

La trama di questo intricato giallo-noir, che poi si semplifica tutto alla fine, quindi bisogna stare attenti a quello che si scrive, inizia con un uomo di colore ritrovato morto sulla battigia di uno stabilimento balneare romagnolo. Il primo ad accorgersi della sua presenza e a scoprire il nome della vittima, Samba, che faceva molto cose illegali per avere sempre soldi a disposizione è Tito Cantabria, detto il Talebano, che ha sempre girato il mondo per seguire l’onda perfetta con la sua tavola da surf.
Un surfista, quindi, di tutto rispetto che ha visto molte cose brutte nella sua vita, ma mai come vedere un amico, un conoscente che doveva portarti parecchia erba, ritrovato morto. Il Talebano aveva bisogno di quell’extra perché, dopo il ritorno in Italia, trova sua madre depressa e avvilita e perdipiù senza soldi.
Lei che prima conduceva una vita da borghese, senza preoccuparsi di niente; dopo il sonnellino pomeridiano, andava al bar e perdeva il tempo con un caffè e una sigaretta e qualche chiacchiera, ora si ritrova tutto d’un tratto senza marito, che è andato all’estero con un’altra donna, senza lasciarle niente, neanche un euro.
La donna così si adatta a vivere in una roulotte, situata dietro lo stabilimento balneare che lei e il figlio hanno in gestione per tutta l’estate. Tito si ritrova a cercare chi ha ucciso Samba, prima solo per sapere come fare a riprendersi i soldi, poi anche come una forma di giustizia privata.

Riccardo Marchetto non è niente male nel definire i personaggi e la caratterizzazione dell’ambiente. Raramente chi scrive riporta un brano dal libro che sta leggendo, gli sembra solo un escamotage per allungare le impressioni sui personaggi maggiori, ma stavolta decide di fare un’eccezione.
Propongo quindi un piccolo estratto dal brano, che faccia capire l’autenticità del Talebano che è anche il Narratore del noir:

Penso a Samba, al suo amore per la musica soul. La figlia lontana cinquemila miglia che tenta di compiacerlo, pronta a fare qualunque cosa per averlo là. Con lei. Ma lui non può. Lui è troppo impegnato a sfacchinare nei bassifondi, in una terra ostile, proprio perché lei possa avere le medicine necessarie che le permettano di fare cose come quella.

Quindi Samba stava nella terra di nessuno, una figlia ancora in Nigeria di non più di tredici anni e diabetica e, si sa, l’insulina costa moltissimo al mercato nero.
In ogni caso non pensate a un libro triste o pessimista, solo i litigi con il Talebano e la madre sono spassosissimi, lei sempre piena di sedativi o antidepressivi, che fuma moltissimo e va dalla psicologa della Asl.
La verità è che Samba conosceva un sacco di gente, e aveva avuto anche le sue tresche con donne sposate o divorziate.
Dal Talebano, al suo lido, si presenta anche una ragazza di nome Ambra che deve prendere lezioni di surf da mettere sul suo sito, perché è una fashion blogger e desidera acquisire più follower. Ci sono parecchie bugie, in questo noir e depistaggi e parti della trama che sembrano superflue.
In realtà bisogna aspettare la fine perché tutto sia più chiaro, per ora è tra i migliori noir che ho letto da l’inizio dell’anno.