Il vangelo secondo Matteo e La ricotta di Pier Paolo Pasolini
- Autore: Marika Iannuzziello e Paolo Speranza
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Gremese
- Anno di pubblicazione: 2022
Mi chiedo con che faccia la stampa genuflessa alle bassezze liberticide del governo Draghi, abbia potuto sdilinquirsi in peana alla memoria di Pier Paolo Pasolini (cento anni dalla nascita, lo scorso mese). Levatevi il cappello e sciacquatevi la bocca soubrettine e baciapile dell’informazione mainstream, salvate almeno un briciolo della vostra smarrita dignità! Mi vedo costretto a ricordarlo alle vostre coscienze assopite: Pier Paolo Pasolini è stato un intellettuale avverso al potere. Lo è stato in quanto non colluso alla facciata retorica e alle trame sottotraccia che del potere sono proprie. Pasolini è stato osteggiato dal Sistema, in quanto portavoce di pensiero critico. Urticante. Che elaborasse romanzi, articoli, o fissasse la realtà attraverso l’obiettivo asciutto della sua macchina da presa, i suo esiti autoriali prescindevano dalle fedi, da sempre portatrici di miopia e sudditanza mentale.
Ho finito di leggere il saggio Il vangelo secondo Matteo e La ricotta di Pier Paolo Pasolini (Gremese, 2022), che Marika Iannuzziello e Paolo Speranza dedicano a Il vangelo secondo Matteo (1964) e La ricotta (1963), due paradigmi assoluti della poetica pasoliniana. Vi ho rintracciato dentro, l’esatta misura dell’abisso che distanzia Pasolini dagli intellettuali ventriloqui di partito, di ieri e di oggi. La differenza sostanziale tra lui e loro dettata dal pensiero libero, e dal coraggio che aveva Pasolini di manifestarlo.
Nell’Italia ideologicamente dicotomica di metà anni Sessanta, tanto Il vangelo secondo Matteo quanto il cortometraggio La ricotta ricompattano marxismo e cristianesimo all’interno di coordinate umaniste, antitesi alla disumanità espressa da una società dei consumi ai suoi albori. La lingua trans-mediale delle facce e dei corpi pasoliniani (sottoproletari affamati, apostoli “banditi”, dive bizzose, registi annoiati…), i primi piani insistiti, le inquadrature frontali, il Gesù Cristo anti-agiografico, asciugato dall’ovale bruno di Enrique Irazoqui, portatrici di un’autenticità alternativa alle parvenze alienanti del finto progresso.
“Per Gesù […] non era sufficiente pescare un uomo dalla strada, serviva la faccia di un intellettuale. Pasolini pensò innanzitutto a Kerouac, poi al poeta russo Evtusenko […] Ma non ne era convinto, prova ne sia il fatto che egli cambiò rapidamente idea quando nel suo studio si presentò lo studente universitario spagnolo Enrique Irazoqui. Appena lo vide, Pasolini fu certo di avere trovato il suo Cristo. ‘Aveva lo stesso volto, bello e fiero, umano e distaccato dei Cristi dipinti da El Greco’ dirà ancora (Pasolini, ndr) a Cardone nel maggio del 1964.” (pagg. 65-66)
Il saggio è minuzioso, nulla sfugge all’analisi dei due autori: né il prima né il durante né il dopo la realizzazione dei due film-capolavoro: la singolare selezione degli attori; la scelta dei set (per Il vangelo, Matera l’ha spuntata sulla Palestina); i rimandi alle “deposizioni” pittoriche ne La ricotta, le tenaglie della censura di Stato sul Vangelo pasoliniano (denuncia per vilipendio alla religione), l’accoglienza del film della stampa italiana e internazionale, persino il “refuso” del bus entrato nell’inquadratura di sfondo alla scena della calvario (sempre nel Vangelo)...A sostegno di tutto ciò, una mole documentaria accurata a sua volta, come il nutrito corredo fotografico, b/n e colori, fuori e dentro ai set.
Il saggio di Marika Iannuzziello e Paolo Speranza risulta, insomma, ottimamente congegnato, e potrebbe riservare diverse sorprese anche ai frequentatori, ipocriti e meno ipocriti, dello specifico pasoliniano.
“Con i film Il Vangelo secondo Matteo e La ricotta […] ho imparato a comprendere il vero senso delle apparenti contraddizioni di cui è disseminata l’opera pasoliniana, contraddizioni affascinanti che altro non sono se non l’espressione della viva autenticità dell’autore, a cui è sempre rimasto fedele”.
(Marika Iannuzziello, Introduzione)
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