Immaginazione e malattia. Saggio su Jan Baptiste van Helmont
- Autore: Guido Giglioni
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2008
La malattia, a causa dei virus mutanti, è diventata la grande protagonista del nostro tempo. Interessante approfondire il tema della morbilità anche attraverso la conoscenza di medici del passato che costituiscono pietre miliari nella storia del pensiero. Sono indagini estremamente arricchenti, allargano gli orizzonti del mondo interiore, psichico e spirituale. La psicologia moderna ci ha abituati a questi sguardi. Per i più curiosi segnalo un libro di grande fascino: Immaginazione e malattia di Guido Giglioni (Franco Angeli editore, 2008, settima edizione, pp. 187). Il sottotitolo recita: "Saggio su Jan Baptiste van Helmont".
Chi era costui? Un medico seguace di Platone, Paracelso e di Ippocrate. Nasce a Bruxelles nel 1579, studia a Lovanio, viaggia in Europa, anche in Italia; viene ripetutamente perseguitato dall’Inquisizione e purga da sé i suoi scritti più audaci. Dopo essere stato anche incarcerato per breve tempo e dopo infinite traversie ottiene l’imprimatur ecclesiastico per alcune sue opere. Viene corteggiato dai regnanti, anche da Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero, ma rifiuta il suo invito a Praga. Muore nel 1644, con oltre 40 anni di pratica medica alle spalle. Il figlio Francesco Mercurio, su desiderio del padre, riesce a pubblicare gli scritti postumi dello studioso, raccolti nel testo Ortus Medicinae, nel 1648.
Nell’opera del medico post rinascimentale la visione panpsichica è radicale, più ardita della moderna psicosomatica. Quest’ultima contempla l’unione di psiche e soma, trascurando spesso lo spirito, ovvero l’origine trascendente della realtà, l’ontologia e la metafisica. Non così Giglioni, che pone come motore dell’attività universale la volontà divina. È a questa volontà che ogni singolo ente ubbidisce e tende a tornare. Tende dunque a morire come parte limitata. L’autore nota acutamente l’affinità tra Helmont e Freud, che vede il "principio di morte" connaturato alla vita. Morte anch’essa espressione di vita infinita. I principi vitali sono, paradossalmente, anche "le guardie del corpo della morte", così definiti dal medico. Alla base di un tale movimento sta l’immaginazione, dimenticata a lungo dopo il razionalismo cartesiano.
Helmont sperimenta che tutto vive attraverso infiniti principi vitali detti "archei", secondo la terminologia di Paracelso. Gli “archei” ovvero archetipi immaginano, possiedono la facoltà rappresentativa, (ricordo per inciso Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer, per sorprendente analogia…) e con ciò creano una visione che va a costituire la base del pensiero ma pure dei movimenti organici, in una sinergia e sincronia stupenda, che può essere alterata. L’armonia universale è detta "philautia", ed è, spiega Gigliolo:
“Tendenza al raggiungimento della condizione ottimale di equilibrio soggiacente ad ogni manifestazione naturale; solo a livello antropologico assume l’accezione negativa di «amor proprio». […] La philautia è il riflesso, nell’universo creato, della condizione della identità degli opposti e di cessazione dei contrasti che nell’intelletto arriva a piena manifestazione. Ma l’intelletto e la mente appartengono ad una dimensione più originaria della natura.”
L’immaginazione che tutto precede al potere, quindi! Ma per Helmont esistono tre tipi di immaginazione: quella semplice della natura che determina le forme, quella emotiva degli animali superiori, compreso l’uomo animale, quindi la “phantasia animae” dell’intelletto umano, da non confondere con la ragione discorsiva. La “fantasia dell’anima” (intuizione immedita) coincide, deve coincidere perfettamente e necessariamente con la realtà esteriore. Mente e materia si riuniscono nello spirito. Questa la sua formula:
“Natura maga est, et per phantasiam suam agit.”
“La natura è maga e agisce grazie alla sua fantasia.”
Quando gli "archei" sbagliano nell’immaginare subentra la malattia, disarmonia dell’essere, che è il disaccordo tra gli “archei” e l’anima.
L’attività della natura e dei principi vitali è "anonima", afferma il medico, vale a dire inconsapevole. Oggi diremmo inconscia. Tende a manifestare la coscienza, con un impulso mai esaurito o esauribile, ma gli "archei" non sanno ciò che fanno. Tutto è immagine e riflesso di Dio, che ha scelto l’uomo come sua immagine e specchio consapevole. La conoscenza, e la guarigione conseguente, consistono nel raggiungere l’"imago dei", l’immagine divina, caratteristica umana per eccellenza. Conoscenza e salute sono strettamente legate. Scrive il terapeuta:
“Dalla conoscenza deriverà una grande ed interrotta gioia, e seguiranno umanità e salute.”
Aggiungo, e mi sembra opportuna, l’antica massima latina "nosce te ipsum", "conosci te stesso", mediata dal mondo greco.
Ne deriva che il medico deve essere anche psicologo, filosofo e teologo. Questi i fondamenti teorici. Nel libro segue il viaggio nelle malattie e nella guarigione. Troviamo espresso un altro principio fondamentale:
“Da nessuno si riceve maggior danno se non da se stessi.”
Il se stesso è inteso non come io materiale tangibile ma come l’insieme dei principi vitali invisibili e formanti; ciò viene rimarcato, perché ogni minima parte di natura e di noi è governata dal suo "archeo". Conoscerli è la via regia della salute. Sembra di leggere Georg Groddeck e il suo Libro dell’es. Torna in mente Pessoa, la frase emblematica del suo testamento: "Nulla si sa, tutto si immagina".
Riguardo al “secondo cervello” posto nell’addome, scoperta dell’attuale fisiologia, Helmont affermava che l’anima sensitiva risiede nell’addome; importantissimo è l’orifizio dello stomaco insieme alla milza e, nella donna, l’utero, potente centro energetico. Spiega e riassume Giglioli:
“I processi senso-motori non dipendono dal cervello o dai nervi, ma sono il risultato di un sistema percettivo in cui il centro è in ogni principio vitale.”
Il cervello ha una funzione esecutiva rispetto all’anima sensitiva. C’è da stupirsi!
Giglioli termina il saggio con la quartina di un anonimo poeta elisabettiano, da lui stesso tradotta:
"Perciò ogni cosa che natura forgiò / partorì entro se stessa il proprio dolore. / Inutile cercare rovina all’esterno / quando i nemici sono così vicini.”
Ciò è consonante con le ultime dichiarazioni di Pasteur, secondo il quale “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. Terreno, in termine specialistico, è lo stato del proprio corpo denso ed energetico. Dei propri “archei” in termini helmontiani. Della nostra energia vitale, il “prana”, il “chi”… Oriente e Occidente si ritrovano su questa frontiera delle nuove scienze. Da qui al campo bioelettromagnetico della fisica quantistica di David Bohm il passo è breve.
La concezione olistica comprendente il tutto è una conquista, o riconquista, del presente, ma ha radici antiche. È la “Weltanschauung”, visione del mondo dei saggi.
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