In nessun luogo
- Autore: Roberto Saporito
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Roberto Saporito torna con il romanzo In nessun luogo, pubblicato da A&B editrice, casa editrice che non è provvista di un catalogo di tanti autori, ma quelli presenti sono tutti degni e dotati di uno stile definito o di un preciso work in progress.
In quest’ultimo libro, Saporiti scrive di un uomo disperato e impaziente, sulla scia di un fatto recente, la morte della moglie a causa di un "brutto male".
Il termine è usato qui non per rendere più lacunosa la causa della scomparsa della donna, ma semplicemente perché non è necessario dare ulteriori "indizi". Lo scrittore piemontese ha scelto un sostantivo non edulcorato, la morte, così che ogni traccia di malattia da scrivere appare pleonastica, come quelle ricette che dopo alcuni timbri non sono più valide per il farmacista di turno.
Parliamo dei dolori indicibili di una persona affetta da una neoplasia all’ultimo stadio. La moglie in realtà, contro qualsiasi evidenza, è sicura di un futuro miglioramento (il termine "neoplasia" più soft è mio, se no a che serve scrivere di un romanzo già pubblicato, se non possiamo mischiare le carte e lo scritto, a volte solamente per far capire in fondo proprio chi ne scrive, Ndr).
L’immagine principale del libro è racchiusa in una scena: quando il protagonista accompagna la moglie per l’ennesima volta in ospedale, dove pretendono di tenerla buona non con un’iniezione di morfina, ma con il paracetamolo.
Di questo autore, dei suoi libri precedenti, si fa molto uso "collocarlo" in uno stile, in una scrittura minimalista e scarna, e finirla lì, senza aggiungere oltre.
Nelle pagine di Nessun luogo sembra già devastante leggere dei viaggi e delle mete mai raggiunte, per lenire il dolore. In un susseguirsi di viaggi aerei e di soggiorni in hotel già conosciuti un uomo colto, cosmopolita e al contempo provinciale, prova a rivivere da solo quello che ha fatto in compagnia con la moglie, che non è con lui.
Pagine che possono bastare in uno scritto-resoconto, in cui sembra inutile scrivere l’anamnesi della paziente, perché ormai è morta.
In esergo ci viene incontro una frase presa da Lunar park di Bret Easton Ellis, perfetta, che recita:
Nella scrittura si adatta l’evidenza alla conclusione cui si vuole arrivare e raramente si dice la verità.
Sì, perché se anche ci fosse un barlume di autobiografia, Saporito ha la percezione chiara e netta che tutto ciò che passa per la Letteratura diventa “finzione”, addirittura anche prima di scrivere il libro, solo per l’intenzione di farlo. Resta in ombra la domanda "dominante", ovvero se il protagonista è in parte anche lo scrittore, in realtà una finta domanda a cui il lettore dà sempre meno peso.
Il che ci conduce alla riflessione, meno oziosa di quanto si pensi, sull’urgenza di mettere in fila una serie di parole, di luoghi, di azioni. Chissà perché un libro di pura narrativa porta ancora lo stemma della nobiltà, uno scettro, mentre altrove, nella letteratura di genere, invece, viene accettata la qualifica di entertainment di basso o di medio livello, perché anche lì, se si raggiungono livelli di stilemi tali e spesso accade (non so chi scrive quante volte vi ha consigliato Patricia Highsmith, per non parlare dei nuovi scrittori, che usano i gialli e i noir, per dire altro, come Christopher Bollen), che si parli di autenticità nella narrazione.
Roberto Saporito ha in sé l’urgenza dell’autenticità? La narrativa "vera", senza commissari di polizia o avvocati o serial killer, passa attraverso la Finzione. Anche i biglietti aerei e la guida con la macchina o i viaggi in treno e le città dove è stato con la sua amata moglie che è morta, dunque non sparita, deceduta, non è più tra noi, la compianta, sono finzioni. Tranne la morte, forse, anzi sicuramente, è vera e spogliata dai sinonimi che vogliono rendere meno pesante l’assenza di una persona, che è semplicemente morta a causa di una malattia terminale.
Non ci sono dialoghi in Nessun luogo di Roberto Saporito o, se ci sono, appaiono ridotti al lumicino. Sono solamente delle informazioni a livello turistico, e anche lì, la sincerità dell’autore ce lo rende simpatico, quando ammette che era la moglie a parlare bene l’inglese.
In realtà senza la moglie lui, come uomo, appare sfocato. Anche quello che vede dalle camere d’albergo non ha più la nitidezza che dava alla coppia un sentimento di appartenenza al genere umano.
La scrittura, si diceva all’inizio, è minimalista e scarna. Sembra più una scrittura povera di abbellimenti, compassionevole, di chi sa che presto dovrà dire addio a quella indicibile tristezza, pena la depressione o lo sconforto senza rimedio, che possono rendere ancora più penosa la perdita, se non ha si ha più la forza o la voglia di metabolizzare il lutto.
In nessun luogo
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