Infelicità senza desideri
- Autore: Peter Handke
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
Peter Handke apprende del suicidio della madre dal trafiletto di un giornale, alla voce “varie”. A poche settimane dall’evento sente la necessità di parlare di lei e scrive "Infelicità senza desideri" (1972) prima che l’apatia lo faccia cadere nuovamente in uno stato di mutismo catatonico. Decide di affrontare l’orrore della sua situazione e lo fa utilizzando il suo consueto approccio eversivo con l’intento di rendere il suo lutto letteratura.
Handke sembra distaccarsi glacialmente dalla realtà, mantenendo però intatta la morale, sospendendo ogni giudizio e raccontandoci la biografia emotiva della madre dalla sue umili origini, passando per il rapporto conflittuale col marito fino alla tragica fine, vittima dell’impossibilità di poter proseguire una vita priva di felicità e desideri. Ne esce un ritratto duro e scarno della figura della donna a partire dagli anni trenta, del ruolo marginale che occupa nella società, della negazione delle sue ambizioni e dei suoi sogni. Ma c’è spazio anche per entrare nella sfera personale della madre, definirla attraverso le sue azioni e la sua fisicità. La componente biologica è onnipresente e imprescindibile per far emergere la visione di Handke: le risate chiassose, l’emicrania lancinante, il cadavere steso sul letto che perde man mano i contorni.
Il giovane scrittore, addolorato e con un rancore latente nei confronti del genitore per aver posto fine alla sua vita, non si trattiene dal raccontare di quando ella si lasciò scappare un “vento” in presenza del suo fidanzato, né di quando, durante una gita in montagna, si appartò per un bisogno fisiologico facendo scoppiare in lacrime per l’imbarazzo il giovane Peter. Infine gli ultimi istanti di vita dei quali l’autore insiste nel descrivere meticolosamente la biancheria che la madre aveva deciso di indossare, quella “mutanda igienica” che distrugge ogni immagine di sacralità e il fazzoletto legato sotto il mento per evitare di far ritrovare il suo cadavere in una smorfia sconveniente.
Handke, in balia di onde emotive che lo sballottano dall’irritabilità alla noia, si riconosce impreparato di fronte alla sua stessa opera, che tuttavia definisce necessaria ed inevitabile e conclude, quasi con liberazione, come se finalmente si fosse tolto il peso di dover dare quanto prima una forma al suo dolore, ammettendo “più avanti scriverò di tutto questo in modo più preciso”.
Infelicità senza desideri
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