La scrittrice Anne Prettin è nata ad Amburgo e ha studiato scienze politiche e sociologia a Friburgo, Amburgo e Bordeaux.
Lavora come giornalista freelance per diversi quotidiani e ha vissuto con la famiglia in Nuova Zelanda, terra affascinante che ha dato i natali al suo romanzo d’esordio Le sorelle del mare del Nord (Garzanti, 2022), una storia coinvolgente ed emozionante che vede come protagoniste tre sorelle, Frauke, Theda e Marijke, alle prese con un segreto di famiglia e la scoperta della verità: quale mistero avvolge l’improvvisa e inaspettata comparsa della sconosciuta Helen?
Ho avuto il piacere di intervistarla per scoprire da vicino il suo meraviglioso mondo narrativo, dopo aver letto il suo ultimo romanzo, Il salice della famiglia Blume (Garzanti, 2024), che propone un’avvincente e appassionante storia di famiglia legata al destino di Olga, madre e nonna straordinaria, che a Ginsterburg, dove la donna è cresciuta, ha sepolto un segreto, ora difficile da rivelare alla figlia e alla nipote.
- Nelle sue opere possiamo rintracciare elementi o aspetti in chiave autobiografica?
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Io stessa provengo da una famiglia di medici che ha fornito medici di campagna per generazioni in una piccola città nella parte orientale dell’ex Germania, che ora si trova in Polonia. La sorella di mio nonno voleva disperatamente studiare medicina, ma non le fu permesso perché solo i figli maschi della famiglia avevano diritto a diventare medici. Ha sofferto fino alla fine della sua vita perché non ha potuto realizzare il suo sogno più grande. Volevo riscrivere la sua storia e, in un certo senso, ho messo postuma al suo fianco Olga, che ha combattuto la sua battaglia fino alla fine.
- Fondamentale e incisivo è sicuramente il potere della Natura esercitato all’interno dei suoi romanzi. Quanto è importante e funzionale per lei creare un legame forte e significativo tra i tuoi personaggi e le ambientazioni e il paesaggio circostanti?
Il paesaggio simboleggia temi più ampi come l’isolamento, la libertà o la solitudine. Integrando strettamente i miei personaggi con il loro ambiente, questi temi possono essere esplorati e compresi in modo più vivido. Ne Il salice della famiglia Blume il nonno di Olga, Pa, cerca di aggiungere più colore, gusto e melodia alla sua vita immergendosi nella natura.
Ed è convinto che ascoltare, annusare e osservare la natura alleni i sensi in modo da far percepire il mondo in modo più preciso. "Più si ascolta attentamente, più si guarda o si annusa, più si percepisce", ripete più e più volte, e avverte Olga che i sensi offuscati, man mano che li diagnostica sempre di più, portano a un intelletto offuscato, a una percezione distorta, a ottusità e mancanza di giudizio.
- Le figure femminili hanno uno spessore e un ruolo fondamentali nei suoi romanzi. Cosa la spinge a parlare di donne, a scandagliare il loro universo e a sollevare riflessioni legate alle loro vite? Di quali valori e messaggi sono portatrici?
Ho due figlie che hanno una vasta gamma di strade aperte per loro. Generazioni di ragazze prima di loro non hanno avuto queste opportunità. La vita di mia madre e di mia nonna, con tutte le preoccupazioni, le crisi, i limiti e i compiti della loro generazione, mostra loro che nulla di tutto questo è scontato e che generazioni di donne prima di loro hanno dovuto lottare per l’uguaglianza. All’epoca, l’emancipazione era una meta lontana, combattuta con passi silenziosi ma persistenti, proprio come faceva Olga nel mio romanzo. Quando scrivo delle lotte e delle conquiste delle donne, posso mettere in luce le loro esperienze, non solo come nota storica, ma come storie vive e di ampio respiro, testimonianze di resilienza e di cambiamento.
Il mio lavoro vuole dimostrare quanta strada abbiamo fatto, ma anche chiedere di continuare a lottare per la piena uguaglianza e il riconoscimento di tutte le donne.
- Quali sono le tematiche e gli aspetti che le stanno più a cuore, che secondo lei meriterebbero sempre un approfondimento, una riflessione?
Sento davvero un profondo senso del dovere di scrivere della Seconda guerra mondiale, dell’orrore che ne è derivata e dell’importanza della democrazia. Attraverso i miei romanzi voglio illustrare quanto velocemente le dittature possano emergere e calpestare i diritti umani e quanto sia importante assumersi le proprie responsabilità. Credo che la letteratura abbia il potere di ricordarci la fragilità delle libertà di cui godiamo oggi e la prontezza necessaria per preservarle. Per questo mi piace scrivere della resilienza e del coraggio delle persone che si oppongono all’oppressione.
Abbiamo bisogno di queste persone per ispirare le generazioni attuali e future ad amare e a difendere i valori democratici.
- Nel suo romanzo d’esordio Le sorelle del mare del Nord, qual è stato il personaggio femminile più complesso da tratteggiare?
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In realtà penso che sia Johanne, la madre di Adda. Incarna la resilienza e la tenacia, indurita dalle prove e dalle perdite della vita. Le sue esperienze l’hanno resa cauta, fredda, severa e laboriosa. Ma se si guarda più in profondità si può vedere la sua vulnerabilità, i suoi sogni passati e la sua lotta per essere migliore, qualcun altro.
Tuttavia non può cambiare la sua natura ed è una madre dura per Adda, che desidera ardentemente vederla. Ma non è in grado di mostrare amore e affetto, il che colpisce non solo sua figlia, ma anche le sue nipoti. Le donne di quella generazione sono spesso dei "biscotti duri", immagino.
«Però devo avvertirti: sta spirando una forte brezza.» Il vento si era alzato. Soffiava violentemente da est, facendo infrangere le onde spumeggianti sulla spiaggia con un boato.
- Nel suo secondo libro Il salice della famiglia Blume, tra i protagonisti della storia ce n’è uno verso il quale nutre una simpatia o un affetto particolare, e perché?
Come molti lettori, amo davvero Pa. Che dono avere intorno a te una persona così amorevole, sensibile, divertente e retta che ti incoraggia, ti ama e ti insegna l’umanità e il rispetto per le persone e per la natura! Penso che tutti dovrebbero avere un Pa nella loro vita...
Con la tazza in mano andò sul balcone e guardò il lago. Il vento disegnava tratteggi sull’acqua e sembrava quasi che il canneto sussultasse. Da lontano le parve di distinguere il lungo collo e il becco giallo di un airone cinerino che si gettava sulla sua preda nell’acqua. Inspirò profondamente e prese un sorso di caffè.
- Quale significato assumono per lei il passato, il presente e il futuro? Quanto ha inciso il loro riflesso personalmente, sulla tua vita di donna e di scrittrice? A suo parere, uno dei tre può avere un certo peso, prevalere maggiormente su un altro?
Pensando al passato, al presente e al futuro, li vedo come parti essenziali di ciò che tutti noi siamo. Ognuno di essi mi influenza profondamente, sia personalmente che come scrittrice. Dal passato traggo lezioni e ispirazione. Mi mostra da dove vengo e cosa hanno raggiunto le donne prima di me. E quelle storie mi danno idee per i miei libri. Il presente mi sfida a essere nel qui e ora. È qui che le mie storie prendono vita, influenzate sia dai ricordi passati che dai sogni futuri. Forse si può dire che il passato mi radica, il presente mi àncora e il futuro mi ispira.
- Attualmente, esistono altri progetti a cui sta lavorando, un libro che sta già scrivendo? Se sì, può accennarci qualcosa in merito, sull’ambientazione o sui protagonisti?
Sto lavorando ad alcune sceneggiature e a un nuovo romanzo ambientato a Melbourne. È la storia di una giovane donna che emigra in Australia negli anni ’50 e deve trovare una nuova identità tra tutti i diversi tipi di immigrati.
Quanto è difficile o probabile resettare la tua vita per sfuggire al tuo passato?
Recensione del libro
Il salice della famiglia Blume
di Anne Prettin
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Anne Prettin, in libreria con “Il salice della famiglia Blume”
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