La scrittrice Daniela Raimondi è tornata recentemente in libreria con Il primo sole dell’estate (Nord, 2023), un romanzo potente, ben strutturato, corposo, intenso e poetico.
Ed è proprio il lirismo che trasuda dall’inizio del prologo:
Sono nata in un giorno di neve, con le grondaie bianche e gli uccelli fermi sui rami. Mia madre aveva partorito in casa, come si usava a quei tempi.
A esercitare sul lettore un potere ammaliante, un impatto forte, un effetto “a calamita”, catapultandolo fin da subito in un mondo intimistico commovente, delicato e complesso, governato da atmosfere suggestive e chiaroscuri coinvolgenti e contraddittori.
Sono diversi i fotogrammi, le diapositive di vita, nei quali potersi riflettere e riconoscere, che sorreggono la fitta trama di relazioni e legami fra i vari protagonisti e personaggi, con richiami e riferimenti diretti ai contesti e alle vite del suo precedente romanzo d’esordio, La casa sull’argine (Nord, 2020), che ha riscosso un notevole successo di pubblico e critica.
Ho intervistato l’autrice, Daniela Raimondi, per scoprire da vicino le dinamiche custodite nel seguito della famiglia Casadio...
- Potere della Natura: quanto possono influire sul percorso e l’evoluzione dei personaggi il paesaggio natìo, legato alle proprie origini e i luoghi e i contesti vissuti?
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I luoghi forgiano il carattere, creano abitudini, nutrono i sentimenti. Si possono sentire nostalgia, amore e attaccamento per i luoghi tanto quanto per le persone. Il paesaggio natio rimane sicuramente il luogo del cuore, quello che ci lega all’infanzia e alle nostre origini.
- Potere della Memoria: i ricordi sono sempre indispensabili specchi in cui riflettersi? Il passato bisogna custodirlo e recuperarlo o a volte è necessario lasciarlo andare?
La memoria non riflette con precisione il passato. È duttile, selettiva, e per questo spesso è bugiarda. Ricordare è un processo attraverso il quale trasformiamo inevitabilmente i fatti e la realtà, eppure è nei ricordi che cerchiamo risposte a domande come: chi siamo, cosa ha forgiato i nostri sentimenti e determinato le nostre scelte di vita. È dunque necessario recuperare il passato, anche quando si tratta di un processo doloroso. Non a caso, uno dei principi fondanti della psicoanalisi lavora proprio sulla memoria, facendo rivivere al paziente proprio le esperienze che ha cercato di dimenticare. È un po’ lo stesso processo che, consciamente o inconsciamente, compie lo scrittore. Più di una volta, scrivendo della mia infanzia, sono tornati alla superficie dettagli che avevo totalmente dimenticato. Scrivere allora diventa una forma di catarsi, un processo di liberazione da situazioni conflittuali dove, attraverso i ricordi, si riportano alla luce episodi a lungo rimossi.
- Figure femminili: l’importanza delle donne risulta determinante nei suoi libri. Cosa ci raccontano e lasciano ogni volta le sue protagoniste? Di quali valori e messaggi sono portatrici Neve, Elsa, Norma e Donata?
Nei miei romanzi i personaggi femminili prendono spesso il sopravvento. Forse perché, essendo donna, trovo più facile immedesimarmi nei loro caratteri, o forse perché trovo stimolante scrivere di personaggi che in genere rifuggono schemi tradizionali. I miei personaggi femminili infatti, che siano donne dei secoli passati o del presente, tendono a essere persone forti, capaci di remare anche controcorrente e di affrontare i dolori che la vita riserva. Cerco comunque di non descrivere figure totalmente positive o negative. I miei personaggi femminili non sono eroine, sono soltanto donne capaci di risollevarsi dai periodi bui e ricominciare da capo. In fondo è quello che le donne hanno sempre fatto.
È difficile credere di meritare l’amore di un uomo quando non sei riuscita a guadagnarti l’amore di tua madre. Solo chi lo ha provato può comprendere quanto sia faticoso, poi, accettare l’amore di qualcuno come un fatto naturale al pari del mangiare, del bere, del vivere.
- Universo maschile: di cosa sono depositari gli uomini? Attraverso la figura di Elia, per esempio, cosa vuole comunicarci?
Risposta difficile da dare, perché ognuno dei miei personaggi maschili rappresenta qualcosa di diverso. Giacomo e Achille Casadio rappresentano le menti inquisitive, l’invenzione, il coraggio di sperimentare. Al contrario di Beppe Casadio, Anselmo Martiroli o Dolfo, che invece rappresentano la solidità, l’attaccamento alla terra e alla realtà. Elia è indubbiamente l’archetipo dell’amore, come del resto lo erano stati Rodolfo e Stefano nel mio primo romanzo. Quello che comunque accomuna i miei personaggi maschili è forse la fragilità. Da Giacomo Casadio, che soffre di tristezza e finisce per impiccarsi, ad Achille, che soccombe alla forza trascinante di Angelica, per passare a Erasmo, che muore in una guerra che gli risulta incomprensibile e a Stefano, vittima innocente del terrorismo, tutti tendono a essere più fragili delle loro controparti femminili. Pure Elia segue lo stesso pattern, perché dopo la fine del suo matrimonio non tornerà a essere felice e non riuscirà a riprendere in mano la propria vita.
- Quale valore, spessore attribuisce alla fede e spiritualità, alle credenze e superstizioni e al ricorso alla magia?
La fede ha un posto importante, ma non determinante, nelle mie storie. Spesso tratto la fede cattolica con scetticismo, o con punte di umorismo. Penso a Neve bambina, che infila le dita nelle narici della Santa di Bologna, o alle sue ingenuità religiose da adulta. Penso alle comiche discussioni fra Bicicli e il parroco di Stellata, o alla Santa di Bologna che usa un colorato dialetto. Dedico invece più attenzione alle superstizioni contadine, alle loro credenze e agli eventi magici che accompagnano le loro vite. Nei miei romanzi vediamo bambini che parlano con il padre defunto, c’è lo spirito di un prozio morto duecento anni prima che gioca a briscola con una nipote ancora in vita. Magia e realtà, vita e morte, spesso si mescolano. Cerco di farlo sottovoce, descrivendo questi fatti come fatti quasi naturali che capitano senza far scalpore.
- Ritiene che la narrazione di saghe famigliari, un focus mirato sui legami famigliari, sui rapporti di sangue abbia un peso determinante sul pubblico, eserciti un forte ascendente, alimenti un fascino e un coinvolgimento particolare sui lettori?
Al momento le saghe famigliari sono particolarmente seguite dal pubblico, ma credo non siano mai passate di moda. Parlano di legami di sangue, di famiglie con i loro pregi e tutte le loro contraddizioni. Le saghe famigliari parlano a tutti noi e in ognuna è possibile trovare qualcosa della nostra storia personale. Che si svolgano a Macondo, nella Sicilia dei Florio o nelle valli del Po, la loro essenza non cambia, perché trattano esperienze e sentimenti universali.
E penso che la vita sia un cerchio, e quel cerchio di tanto in tanto si ripete, legandoci a coloro che hanno vissuto prima di noi. Forse è la sola forma di eternità che ci è concessa.
- Che rapporto ha con il destino, il fato? Qual è la sua visione in merito? Tutto è in qualche modo già scritto nella vita di un individuo e le cose bisogna imparare a lasciarle scorrere così come sono, o l’uomo è quasi sempre fautore del proprio destino, pronto a determinarlo e plasmarlo?
I miei libri sembrano puntare nella direzione di un destino prestabilito, ma allo stesso tempo i miei personaggi si comportano con autodeterminazione, cercano costantemente di costruirsi un futuro diverso, di cambiare direzione alle loro vite. Diciamo che lascio al lettore la scelta se credere o meno al destino. Da parte mia, ancora non l’ho deciso.
La verità è che non so cosa fare nella vita, ammise Norma. Lascia che te lo dica lei, la vita. A volte basta poco: perdere un treno e prendere quello subito dopo, un foglio che ti cade davanti… O magari cambi idea all’ultimo momento, senza nessuna ragione. Bisogna solo scorgere il segno che il destino ti mostra.
- Per quanto possa essere impossibile determinarlo poiché subentra il concetto di relativismo e individualità - ogni esistenza è a sé -, ma secondo lei nel corso della vita si vive più di amore o di dolore? Dove pende l’ago della bilancia? Qual è la sua sensazione, impressione a riguardo?
È un po’ come l’aneddoto del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: ognuno di noi potrà decidere se ha ricevuto più dolore o più amore dalla vita a seconda se sia pessimista oppure ottimista. A parte casi particolarmente tragici o particolarmente fortunati, al momento di tirare le somme sta a ognuno di noi giudicare verso quale polo pende l’ago della bilancia della nostra esistenza, e forse questo dipende, più che dai fatti, dalla nostra personalità.
- Prevede un eventuale seguito o la storia narrata si presenta come un romanzo autoconclusivo?
Ho un’idea, al momento solo abbozzata, sulla possibilità di un terzo romanzo ambientato a Stellata. Non si tratterebbe di un altro libro sulla famiglia Casadio, ma di una storia vera capitata nel secolo scorso. Non so se questa idea prenderà forma. Vedremo se succederà.
Recensione del libro
Il primo sole dell’estate
di Daniela Raimondi
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Daniela Raimondi, in libreria con “Il primo sole dell’estate”
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