Il nostro collaboratore Cristì Marci ha intervistato lo scrittore Gianrico Carofiglio. Insieme hanno dialogato sul valore del linguaggio nella società attuale e il significato del “silenzioso rumore delle parole”.
Una riflessione interessante che prende le mosse dalle teorie del noto psicoanalista James Hillman.
La componente essenziale, o almeno, una delle tante componenti essenziali di ogni mentalità, di ogni personalità è il linguaggio. (Hillman, J., 2013)
Attraverso le parole del noto psicoanalista junghiano James Hillman, il linguaggio viene presentato quale vero e proprio recipiente alchemico, entro il quale la parola assume tante forme quanti sono gli strumenti in grado di restituire loro nuovi volti.
Se da un lato al giorno d’oggi esso sembra impregnato di quegli automatismi che ne limitano il suo potenziale espressivo, al contempo il rischio è proprio quello di “materializzarne il contenuto” (Psicologia alchemica, Hillman, J., 2013), circoscrivendo il suo utilizzo esclusivamente alla ricerca di un solo ed unico significato.
Secondo l’autore, le parole non dovrebbero infatti seguire una via unilaterale, ripetitiva e poco idonea a quanto di più profondo abiti in noi, bensì tradursi in un “processo di redenzione della materia stessa” (Hillman, J., 2013), capace di ripristinare quel dialogo interiore lontano da quei concetti e da quella schematicità, che rischiano di abolirne la vera natura.
Nell’atto stesso di pronunciare le nostre parole siamo trasportati dalla lingua in una materializzazione della psiche e contemporaneamente nella psichizzazione della materia. (Hillman, J., 2013)
Dar voce alle parole che abitano al nostro interno significa accedere a quella simbologia inconscia grazie alla quale il linguaggio delle immagini, consente di ri-materializzare i nostri concetti più autentici: dando loro “un nuovo peso, una nuova forma e una nuova sensorialità” (Hillman, J., 2013). Promuovendo così la fioritura di una nuova materia immaginativa in grado di accompagnarsi alla nascita di nuove parole.
- Gianrico Carofiglio, secondo lei al giorno d’oggi che valore ricopre il linguaggio?
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Mi sento di dire: quello che ha avuto sempre. Il linguaggio, le parole di cui disponiamo, il modo in cui siamo capaci di usarle danno letteralmente forma alla nostra esperienza e dunque al nostro mondo.
- Esiste un divario tra il linguaggio parlato e quello scritto in formato digitale? Mi viene da pensare all’uso eccessivo dei social media.
Premetto che differenze fra lo scritto e il parlato sono per me auspicabili: si tratta di forme diverse anche se hanno in comune le parole. Proprio per questo motivo la sovrapposizione cui oggi assistiamo fra lingua parlata e lingua scritta dei social mi sembra un fenomeno non positivo, che contribuisce a far perdere ricchezza e possibilità espressive.
- Leggere dovrebbe essere un esercizio quotidiano da praticare con cura e attenzione. Pensa che sia ancora possibile lasciarci guidare dal linguaggio dei libri?
Senza dubbio. Fortunatamente i lettori sono ancora tanti e fortunatamente ci sono oggi nuovi e diversi modi per la pratica del rapporto con i libri. Penso agli e-book e agli audiolibri che conoscono un inatteso successo negli ultimi anni.
- Leggendo molti dei suoi libri ho avuto il piacere di constatare quanto il pensiero orientale sia stato un valido compagno di viaggio, quello occidentale pensa che dia ancora spazio all’immaginazione e dunque ad un linguaggio più autentico?
Sì, certo. Per quanto mi riguarda gli spunti espressivi più interessanti vengono dalla combinazione di forme di pensiero diverse e, a volte, apparentemente incompatibili.
- Il noto psicoanalista James Hillman in alcuni dei suoi saggi parla del linguaggio dell’anima, quale risorsa capace di soverchiare quel nominalismo che rischia di soffocare la nostra autentica creatività. Secondo lei al giorno d’oggi c’è ancora spazio per un linguaggio privo di automatismi bensì in sintonia con la nostra parte più profonda?
Proprio in questo periodo mi sto interessando molto di psicologia analitica junghiana e le riflessioni di autori come Hillman hanno per me una speciale risonanza. Lo sforzo di uno scrittore è proprio quello di esplorare le possibilità della lingua al di fuori dei cliché e degli schemi automatici.
- Infine, vorrei chiederle quanto conti per lei il linguaggio dell’immaginazione e come possa trovare posto nel nostro quotidiano.
Il linguaggio dell’immaginazione è quello che anche nella vita quotidiana consente di vedere e raccontare – innanzitutto a sé stessi – il miracoloso. C’è una frase attribuita ad Einstein che suona più o meno così:
Ci sono due modi di vedere la vita. Uno è pensare che nulla è miracoloso. L’altro è pensare che tutto è miracoloso.
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Bibliografia
- Hillman, J., 2013. Psicologia Alchemica, Adelphi Editore, Milano, 2013
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Gianrico Carofiglio: “Sul silenzioso rumore delle parole”
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