Silvia Colombini è nata a Milano nel 1963.
Muove i suoi primi passi come pubblicitaria, esperienza che è stata un’ottima palestra per diventare scrittrice, e diventa subito famosa per il suo Hotel Paura, (Vallecchi, 1995), che diventò un film con Sergio Castellitto.
Ha poi scritto Il mago TV e Lelioswing, il primo per Giunti e l’altro per Kinki, purtroppo difficili da reperire.
I suoi libri migliori sono, in ordine cronologico, Marcantonio detto Toni, per Robin edizioni, 2018, libro a quattro mani con lo scrittore Mauro Biagini; Miss Miami, che Sololibri ha seguito con grande cura, uscito per edizioni Tripla E, nel 2020, in pieno lockdown da pandemia da Covid-19, Ruby Hood, per Capponi editore, 2021.
La sua ultima opera letteraria è Infinito futuro (Eretica edizioni, 2022). Per questo libro, Silvia Colombini ci ha concesso un’intervista.
- Perché questo titolo suggestivo e misterioso a un libro piacevolmente complesso?
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Mi piaceva l’idea di un tempo che non esiste nella nostra grammatica contemporanea, ma esiste nei nostri sentimenti soprattutto in quelli dei più giovani. E dato che la storia racconta in parte anche della giovinezza, quando sembra davvero di avere davanti un futuro infinito, mi sembrava abbastanza poetico e appropriato.
- Un romanzo che sembra anche un diario: qualcuno che sta in un "drone" invisibile e vede lo scorrere del tempo sui personaggi creati. Tanto che in esergo scrive un pezzetto da La Recherche di Proust.
Proust è il mago del tempo, nessuno come lui è riuscito a unire consapevolezza e struggimento per il passare dei giorni con quel suo scrivere lucido e tormentato. Io ho solo osservato i personaggi seguendoli lungo i diversi momenti della vita, cercando di dare un ritmo alle loro avventure.
- Non trova che romanzo come termine e per quello che rappresenta sia ormai superato? Che sia necessario trovare nuove strade per le narrazioni?
Sì, sono d’accordo, in tanti ci provano e io trovo che la più brava sia Jennifer Egan. Il suo “Il tempo è un bastardo” (non a caso Pulitzer nel 2011) e il seguito “La casa di marzapane” (uscito quest’anno), secondo me sono quanto di meglio sia stato fatto. Sembrano musica, ci sono connessioni tra umani, tecnologia, tempo e ricordi al centro di tutto, con una profondità e una capacità di essere contemporanea che non ho letto in altri.
- Leggere sembra essere diventata una costosa abitudine, ma in molti, anche tra i giovani, non vogliono più rinunciare, per problemi economici, a leggere. Che si fa?
È un problema serio. La crisi economica ci travolge tutti, chi scrive non guadagna nulla, chi legge non si può permettere di spendere, il diritto d’autore come lo intendevamo è superato. Bisognerebbe inventare piattaforme di streaming anche per i libri, qualcosa di nuovo, non ci si può aggrappare a modelli (la carta, le librerie…) che sono orami antichi. Come per il cinema e per la musica, io credo che anche la letteratura debba rinnovarsi. Poi io adoro le librerie e la carta, per carità, ma come dice la Egan il tempo è un bastardo, quindi bisogna rendersene conto e inventarsi nuove modalità. Nessuno compra più dischi, a parte i feticisti del vinile, ma la musica dal vivo (Covid permettendo) funziona. Cinema e libri devono trovare nuovi modi di fruizione, io non so quali saranno, ma tutti vogliamo le nostre storie e prima o poi si troverà qualcosa che funzioni.
- Dovesse dire con un breve flash sui protagonisti maschili del e quelli femminili?
Forse Michele, Brando, Filippo, Candida e Luisella sono aspetti del maschile e del femminile più tradizionale, mentre Neuro, Geremia, Gianna, Titti e Kelly hanno ancora le ingenuità di chi ha ancora l’infinito futuro dentro di sé.
- Nei suoi romanzi c’è sempre una coppia gay o una coppia lesbica, o entrambe, perché e come farà a scrivere dei non binari, quelli che non vogliono su di sé nessun elemento maschile e femminile predominante?
Io ne scrivo sempre perché fanno parte della mia vita, è un mondo che conosco, mentre purtroppo non ho ancora esperienza di persone non binarie. Credo che in Italia sia una comunità ancora abbastanza sommersa (o forse sono solo io che sono troppo vecchia per frequentarle), mentre in altri Paesi sono già state raccontate. Sarebbe molto bello riuscire a entrare in un’identità così ricca di sfumature, anche se poi alla fine io credo che siamo tutti un po’ non binari e che la fluidità sia poi l’essenza della vita e, appunto, del tempo che ci scorre addosso e ci cambia ogni giorno.
- La sua vena camp c’è sempre, ma ormai molto diluita. I personaggi, in realtà si muovono, non tutti, in una borghesia di "vorrei ma non posso", dove prevale l’aspetto economico sulle buone maniere. È così?
Ma, io adoro il “camp” e spero di non perderlo mai, qui mi piaceva mettere al centro questa corsa a diventare Magnifico Rettore, che comunque è già di per sé una definizione molto “camp”, che si porta dietro tutta una ridicola ed esagerata attenzione per i ruoli e le cariche. Certo, nel mondo accademico tutto questo “camp” non è deliberato, si prendono molto sul serio, come la piccola borghesia del “vorrei ma non posso”, ma alla fine risultano più “camp” loro di Lady Gaga o di Cher.
- In Italia si pubblicano 160 libri al giorno, inclusi i festivi, non pensa sia tempo di mettere gran parte della produzione letteraria in e-book e basta, togliendo il cartaceo?
Sì, è una follia, io ho venduto tutta la mia biblioteca, circa trenta scatoloni, anni fa, tenendo solo La Recherche e alcuni volumi da bambina. È stata dura, ma non è più tempo di carta. A metà degli anni settanta eravamo un miliardo e mezzo di persone, ora siamo otto miliardi. Mi piacerebbe avere le statistiche sui libri. Editori e librai mi odieranno, ma io credo che indietro non si possa tornare e, tanto per restare in tema proustiano, quel tempo è perduto per sempre.
- Le capita che qualcuno le dica che vuole fare lo scrittore o la scrittrice? E nel caso, scoraggia oppure ognuno deve coltivare le proprie passioni, a volte ingannando sé stessi?
Sì, tante volte, mi hanno anche chiesto dei corsi di scrittura creativa individuali, ma non li ho mai fatti. Io non credo molto nell’insegnamento, però credo nei sogni e quindi, a costo di illudersi, bisogna sempre provare. Nella scrittura come in tutto il resto.
- Ci sono piattaforme streaming piene di serie fatto apposta per loro e sono tantissime. Perché abbiamo bisogno sempre di una storia?
Come dice Flannery O’Connor, cominciamo ad ascoltare storie sin da piccoli, e poi le raccontiamo tutti, ogni giorno. Le storie ci permettono di dare un ordine al casino che siamo, ci danno un senso di appartenenza, perché di questo siamo fatti, di tutto quello che abbiamo vissuto, letto, visto e ascoltato.
- Da lettrice quali sono i libri del 2022 ormai quasi passato che le sono piaciuti di più e perché?
Veronica Raimo “Niente di vero” mi ha fatto molto ridere, Miriam Toews “Notte di battaglia” non la conoscevo e anche lei riesce a essere umoristica nel dramma, Jason Rekulak “Teddy” molto pauroso, Michael Robothom “Brava ragazza cattiva ragazza” mi piace il suo stile, Houellebecq “Annientare” ho pianto tanto, “Lincoln Highway” di Amor Towles personaggi meravigliosi ma mi sa che è uscito a fine 2021, e più di tutto la Egan con “La casa di marzapane”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Silvia Colombini, in libreria con “Infinito futuro”
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