Ecco finalmente l’opportunità per i lettori di Sololibri.net di conoscere il giornalista e scrittore Tita Prestini, autore di quattro libri, tre dei quali hanno come protagonista il Commissario Settembrini, la cui ultima indagine pubblicata è Una breve estate lontano dalla polvere (Barta, 2022).
- Diamo il benvenuto a Tita Prestini su Sololibri. Lei è un giornalista, ma da alcuni anni è anche scrittore. Come nasce questa passione letteraria?
Nasce dal piacere per la lettura, che per me ha origini lontane.
Ho vissuto gli anni delle scuole elementari in un piccolo paese dell’Appennino tosco-emiliano: spesso i miei genitori si facevano arrivare i libri per posta e a volte il portalettere consegnava un piccolo pacco anche per me. Ricordo la frenesia con la quale aprivo l’involucro e rompevo la carta marrone; subito mi godevo quelle copertine illustrate con immagini coloratissime di guerrieri, navi di pirati e tigrotti della Malesia. Poi mi tuffavo nelle avventure che raccontavano storie di uomini senza paura che combattevano contro pericolosi nemici in paesi misteriosi. Ero un bambino pieno di fantasia e anziché studiare preferivo perdermi nei miei libri. Tutto nasce da lì.
- Ha già al suo attivo quattro libri, tre dei quali hanno come personaggio principale un giovane commissario. Chi è per lei Fabio Settembrini?
È un uomo normalissimo. Un giovane funzionario di polizia sempre alla ricerca di se stesso, come in fondo siamo tutti. Con poche certezze sul futuro e sulla sua professione, molte contraddizioni e tante insicurezze, anche perché vive in un periodo difficile. Però è caparbio, onesto e cocciuto: spesso gli capitano indagini complicate ma lui ci si mette con pazienza, convinto che lavorare bene sia indispensabile per ottenere buoni risultati.
Il mio rapporto con lui è strano perché convivere con un personaggio seriale può essere un limite per l’ispirazione di un autore, ma Settembrini mi è simpatico, quindi alla fine è un compagno di lavoro che frequento con piacere.
- I suoi romanzi sono ambientati nel 1942, nel 1945 e nel dopoguerra, cioè sia durante che dopo il periodo del Secondo conflitto mondiale. Perché questa scelta?
Si tratta di anni di transizione nei quali le tonalità di grigio sono infinite: niente è bianco o nero, ma tutto è sfumato. Il passato recente era tragico, la realtà quotidiana altalenante e il futuro appariva oscuro. Sono periodi di confine: tra le regole e il caos, tra la legge e il disordine, tra la povertà e il benessere. Insomma, fasi di passaggio che stanno nella Storia come l’alba sta tra il giorno e la notte, con i vecchi protagonisti non del tutto scomparsi e i nuovi equilibri non ancora consolidati. In quei momenti può succedere di tutto. Sia nella vita di un Paese, come l’Italia, sia in quella della sua popolazione. Possono esplodere conflitti sopiti, qualcuno può decidere di regolare vecchi conti e in generale molti sono portati a fare scelte azzardate. Per un autore di noir è importante avere la possibilità di pescare nel torbido, quindi quei periodi sono perfetti per l’ambientazione di una trama.
- Una breve estate lontano dalla polvere nasce anche dal desiderio di diffondere la conoscenza dei Camuni e, soprattutto, delle loro pitture rupestri ora Patrimonio Unesco dell’Umanità. Cosa rappresentano per lei le incisioni rupestri al centro del suo ultimo romanzo?
Ho cominciato giovanissimo a frequentare i “pitòti” della Valcamonica, quando i parchi archeologici quasi non esistevano ma ogni paese aveva le proprie rocce istoriate che si visitavano cercando di scoprirne le incisioni, molte delle quali erano ancora nascoste dalla vegetazione. Sono tornato spesso in Valle negli anni seguenti, diventando sempre più consapevole della potenza di quelle tracce che i nostri antenati hanno affidato alla pietra. Questi antichissimi Camuni volevano lanciare una preghiera alle divinità, ma a me piace pensare che ci fosse anche il desiderio di lasciare un messaggio duraturo per chi fosse arrivato dopo di loro, quasi un modo per guadagnarsi l’immortalità. Se questo era l’intento, mi pare che un po’ ci siano riusciti: infatti ne stiamo parlando a distanza di millenni.
- Una breve estate lontano dalla polvere è, per motivi storici, ambientato in Valcamonica ma gli altri romanzi hanno come sfondo il lago d’Iseo ove lei ha anche scelto di vivere. Può dire qualcosa sulla scelta delle ambientazioni?
La scelta delle ambientazioni è legata alle mie conoscenze, alle mie frequentazioni e al fascino che i luoghi esercitano su di me. La prima delle tre indagini di Settembrini è ambientata a Iseo, dove sono tornato a vivere anni fa: una bella cittadina, fortunata per la sua collocazione geografica sul lago e perché ha tutti i vantaggi della provincia senza essere provinciale. La seconda a Milano, dove ho abitato e lavorato: una splendida ed efficiente capitale europea che ha saputo mantenere una forte connotazione culturale mediterranea. E la terza nella Valcamonica, che ho spesso frequentato: un luogo ricco di storia e con molte qualità che solo un visitatore non distratto può scoprire.
- Come nasce un giallo storico che necessita di essere accurato, realistico e particolareggiato? Quanta ricerca c’è dietro a ogni narrazione?
La ricerca è alla base di tutto e dev’essere attenta e meticolosa: ci vuole anche pazienza perché è un lavoro lungo. È necessario leggere libri, sfogliare vecchi giornali e riviste, guardare film dell’epoca. Ma non bisogna considerare solo l’aspetto storico-politico: c’è anche quello, non meno importante, legato alla vita quotidiana della gente. A volte si perdono ore per documentarsi su un dettaglio, un particolare apparentemente insignificante. Quali canzoni si ascoltavano in un certo periodo? Che orologio poteva avere al polso il tale personaggio? Quale cappellino indossava una signora alla moda? Che sapone o dentifricio usava? Naturalmente bisogna fare molta attenzione anche al linguaggio corrente, che negli ultimi 80 anni è cambiato: non si può far parlare un 16enne del 1942 come uno di oggi.
- Come si creano e si ricompongono i tanti pezzi di un puzzle tipici di un’indagine?
Questo è un discorso complesso fin dall’inizio, perché non è facile capire se un’idea potrà diventare una trama forte, in grado di reggere un buon intreccio. Lo spunto può arrivare dal discorso con un amico, dall’articolo di un giornale, da un libro, o da qualcosa ascoltato alla radio o visto in tivù.
Io non faccio scalette. Parto da quello spunto e ci lavoro un po’ nella mia testa pensando come potrebbe svilupparsi grossolanamente la trama: prendo qualche appunto, immagino un paio di personaggi secondari e ho anche in mente il colpevole. O perlomeno un possibile colpevole. Tutta questa preparazione può durare mesi, durante i quali mi documento sul periodo storico. Poi comincio a scrivere.
Il libro cresce e si sviluppa nel lavoro, pagina dopo pagina e spesso in questa fase assume pieghe inaspettate. Un filone che sembrava importantissimo si inaridisce e lo devi accantonare, una faccenda marginale acquista importanza e diventa centrale.
- Come prende vita una storia?
Sono tra quelli che sostengono che una storia prende vita mentre viene raccontata e spesso - quasi sempre - forza la mano a chi la scrive conducendolo in una direzione della quale lui non immaginava neppure l’esistenza quando ha iniziato a lavorarci.
Un romanzo centrato su un’indagine deve anche mantenere sempre alta la tensione e non è facile perché per costruirlo devi scomporre e rimettere insieme mille volte i dettagli dell’intreccio finché tutto torna e fila perfettamente: ogni domanda, ogni dubbio deve trovare una risposta.
Questo complica la vita all’autore perché è necessario anche seguire alcune regole, diciamo così, deontologiche: bisogna fornire al lettore tutti gli indizi per arrivare da solo alla soluzione dell’intrigo, ma è indispensabile distrarlo e depistarlo perché non ce la faccia. Bisogna dire, ma non dire. E soprattutto è vietato ricorrere a trucchi tipo far apparire qualcuno che alla fine risolve il mistero come il deus ex machina di certe tragedie greche. Oppure inventarsi miracolosi ravvedimenti o improbabili confessioni improvvise.
- Ancora una domanda: ci sarà un seguito alle indagini del Commissario Settembrini?
Sto lavorando a un paio di idee, ma in questo momento non so se ne uscirà qualcosa di veramente interessante. Una storia è ambientata a Milano a metà degli anni 50, ma ha forti collegamenti con gli anni 30, all’epoca dell’occupazione italiana dell’Etiopia. Un’altra si colloca in Toscana nei primi anni 60 nei pressi di una base militare.
Recensione del libro
Una breve estate lontano dalla polvere
di Tita Prestini
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Tita Prestini, autore delle indagini del Commissario Settembrini
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