J- Card di Laura Scaramozzino

La torinese Laura Scaramozzino ha accettato la sfida di scrivere una novella, per una nuova casa editrice nascente. 256 Edizioni (si legge proprio due, cinque, sei) propone la pubblicazione di racconti, un genere difficile eppure bistrattato, attualmente non preso nella giusta considerazione dal mercato dell’editoria.
Quasi fosse una sorta di espressione inferiore rispetto al romanzo, quando invece è una forma letteraria che può portare delle agevolazioni alla nostra società, sempre in lotta contro il tempo. La brevità quindi andrebbe considerata non come difetto, bensì come valore aggiunto.
In J- Card l’autrice ci porta al cospetto di una società distopica, dove a far da padrone è il tornaconto personale, al di là dei valori o di un senso della morale.
I capitoli si presentano alternati. A parlare sono i due protagonisti: Adele e Francesco. In prima persona lei e al tempo presente.
Alla terza lui, quasi che venisse descritto in modo passivo da qualcuno che lo osserva dall’alto. Questa almeno è la sensazione “estraniante” che si prova, nei racconti del ragazzino.

Ma chi sono costoro? Adele è una donna ricca, fissata col cibo sano e con la linea. Sposata con Sergio, non può avere figli. Intrattiene fin da giovane una relazione ambigua e malata col fratello adottivo Carlo. Francesco invece è un bambino di quasi undici anni, figlio della donna di servizio di Adele. Ovviamente è povero e può permettersi solo il cosiddetto “cibo spazzatura”, che si procura tramite un’apposita tessera, la carta J. In contrapposizione alla tessera H, che invece è quella che posseggono i ricchi.
Molto presto il bambino diventerà per Adele un’ossessione, poiché riporterà a galla la storia del suo stesso passato. Francesco si reca a casa sua durante le ore di servizio della madre, ma la padrona di casa ha altri progetti.

J- Card è una storia cupa, che procede come un vero e proprio noir, seminando morti e s’infittisce di colpi di scena.
L’autrice è abile a mettere in scena il disagio di questi personaggi, andando con perizia a urtare la sensibilità del lettore. Sono miserie umane, in fondo, che qui vengono acuite e messe nero su bianco, senza volontà di giudizio.
La descrizione minuziosa dei gesti, delle parole, fa da contraltare a un universo che ha perduto ogni sembianza umana. Questi soggetti hanno sofferto, ma si sono purtroppo spogliati di ogni empatia. Sono il frutto del loro vissuto.
Non c’è redenzione, manca la pietà. Non ci si può immedesimare, perché essi evocano repulsione e disgusto. Eppure è questa la grandezza dell’autrice, unica nel suo genere. La sua genialità di mettere in scena un mondo malato, senza un attimo di tregua.

Se ci pensiamo, in fondo, sono descrizioni vicinissime al mondo abbrutito che ci troviamo a vivere. Dove ognuno lotta per il suo orticello e si prende quel che vuole senza guardare in faccia a nessuno.
All’inizio si parlava di sfida. Ebbene, l’autrice l’ha superata egregiamente. Bella la sua scrittura, tanto il suo coraggio.