Jack lo Squartatore: un mistero irrisolto che dura da secoli
- Autore: Paola Amadesi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
L’omicida impunito per antonomasia, il mostro di Whitechapel, lo spietato assassino di prostitute. È dedicato al serial killer più famoso di tutti i tempi un libretto della Collana del Mistero delle Edizioni Moderna di Ravenna, in cui Paola Amadesi (già autrice de Il principe alchimista e della Leggenda di Azzurrina) sviluppa una delle sue agili ma efficaci ricostruzioni. Il titolo è Jack lo Squartatore: un mistero irrisolto che dura da secoli ed è uscito a gennaio 2013 (128 pagine, 9.90 euro) con il valore aggiunto di riproduzioni di immagini dell’epoca indubbiamente interessanti, realizzate alcune post mortem.
Tra il 31 agosto e il 9 novembre del 1888, cinque donne di strada vennero trovate straziate a Whitechapel, quartiere popolare di pessima fama nella Londra vittoriana e pur adiacente alla City, nell’East End. Strangolate, sgozzate, accoltellate brutalmente, oggetto di scempio e asportazione di organi interni, colpite con crudeltà ai genitali, ma mai violentate sessualmente. Solo donne e tutte prostitute le vittime attribuite a una stessa, ignota, mano omicida. Lo sconosciuto meritò il soprannome perfino beffardo di Jack the Ripper, per certe lettere e cartoline provocatorie fatte pervenire agli inquirenti e perché la sua identità non è mai stata accertata: lo Squartatore non è stato arrestato e quindi ha mai subito un processo.
Qualche testimone ha parlato di un individuo di bassa statura, abbigliato di scuro e con una valigia nera, nell’insieme una figura da gentleman più che da popolano. Da qui le più svariate ipotesi sull’identità, dal sofisticato chirurgo al comune macellaio, ma la più suggestiva è sempre stata quella che conduceva addirittura alla corte reale.
È sempre piaciuto, infatti, individuare il colpevole nel principe Alberto Vittorio (1864-1892), nipote della regina Vittoria, un giovane con qualche ritardo mentale, parzialmente sordo e affetto da sifilide, contratta in un rapporto mercenario. Si potrebbe pensare ad un modus operandi sconclusionato e grossolano (infatti, nel caso della giovane Mary Jane Kelly...) che qualcuno con molti mezzi e potere si è impegnato a coprire in ogni modo. Ma nel periodo degli omicidi il principe non era a Londra, fa notare Paola Amadesi.
Cinque le vittime canoniche di Jack lo Squartatore, anche se farebbero pensare alla stessa mano due donne uccise prima e altre dopo l’ultima vittima certa, sempre nel 1988. Ma non si è giunti ad una risposta. Un crescendo di violenza, da Mary Ann “Polly” Nichols, il 31 agosto, ad Annie Chapman, l’8 settembre e ad Elizabeth Stride e Catherine Eddowes, la stessa notte, il 30 settembre (the Ripper era stato disturbato mentre era all’opera sulla prima ed era andato a caccia di un’altra su cui accanirsi). Fino al massimo dell’orrore, raggiunto con l’omicidio di Mary Jane Kelly, venticinquenne bionda, attraente. Quello che restava di lei venne trovato nella sua camera. L’addome era completamente squarciato, gli intestini strappati e posti sopra la spalla destra, l’utero sottratto, il cuore e i reni accanto ai seni, il fegato sulla coscia destra, enorme quantità di sangue sparso, pezzi di carne proiettati sulle pareti.
Difficile sottrarsi alla suggestione di confrontare le imprese sanguinarie di Jack con quelle del “nostro” mostro di Firenze. A prescindere dalla responsabilità di un singolo omicida o di un gruppo di “compagni di merende”, ci sono le analogie della serialità dei delitti, della scelta di una categoria di vittime (prostitute a Londra, coppiette in Toscana), dello scempio sulle donne e dell’asportazione di tessuti femminili, spediti addirittura a chi indagava.
Anche lo Squartatore ha spedito diverse lettere. La più lunga, conosciuta come “Dear Boss”, la inviò al direttore della Central News Agency. Sulle prime venne considerata uno dei tanti falsi, ma successivamente alcuni particolari la fecero ritenere autentica. Sorrideva del fatto che si parlasse di un suo arresto, si faceva beffe della pista del Grembiule di Cuoio, ricercato nella colonia polacca. Vantava l’ultimo lavoro, “davvero buono. Non le ho dato nemmeno il tempo per strillare”. Annunciava nuovi giochi divertenti: “strapperò le orecchie della donna e le spedirò alla polizia, giusto per divertimento”.
Aveva conservato un po’ di sangue di una vittima. Gli era servito come inchiostro.
Il mio coltello è così efficiente e affilato, non vedo l’ora di compiere un altro lavoretto appena ne avrò l’occasione. Buona fortuna.
Sulla figura di Jack the Ripper, indubbiamente attraente – il male esercita un fascino irresistibile – si è raccolta una letteratura infinita, ma l’identità di è tuttora un mistero. E lo resterà. Va detto che Paola avanza un’ulteriore ipotesi. Sarebbe il caso di andare a scoprila nelle sue pagine finali.
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