Karl R. Popper, LSE library, No restrictions, via Wikimedia Commons
Il pensiero di Karl Popper segna una tappa imprescindibile nella filosofia della scienza contemporanea: grazie alla riflessione sulle teorie di Einstein, egli formula un’immagine dell’impresa scientifica ancora oggi attualissima.
Con il concetto di falsificazione Popper mostrò i limiti del Neoempirismo e contrastò le teorie linguistiche di Wittgenstein, elaborò così una filosofia originale senza il quale non sarebbero state possibili le riflessioni di Kuhn e Feyerabend sul lavoro degli scienziati.
Karl Popper è però ricordato anche come uno dei maggiori alfieri del liberalismo del Secondo Novecento: con la sua teoria della società aperta criticò aspramente Platone e lo storicismo e mostrò tutta la contraddittorietà dei regimi totalitari.
A distanza di trent’anni dalla morte, avvenuta il 17 settembre 1994, riscopriamo vita, opere e pensiero filosofico di Popper.
La vita e le opere di Karl Popper
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Karl Raymund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994) si interessò inizialmente di pedagogia e lavorò come assistente sociale. Dopo aver conseguito la laurea in Filosofia, si abilitò come insegnante di matematica e fisica e indirizzò i suoi interessi verso la metodologia della scienza. Un primo saggio importante è La logica della ricerca (1935) poi divenuto famoso col titolo Logica della scoperta scientifica .
Dopo aver conosciuto Bertrand Russell in Inghilterra, nel 1937 Popper emigrò in Nuova Zelanda, sia per sfuggire al pericolo del conflitto mondiale sia perché aveva accettato un incarico di insegnamento all’università.
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La guerra risveglia in lui un profondo interesse per le questioni politiche che si concretizza in alcuni saggi poi raccolti con il titolo Miseria dello storicismo (1956) e ne La società aperta e i suoi nemici (1945), dove esprimerà la sua visione liberale.
Rientrato in Europa nel 1946, si trasferisce definitivamente a Londra dove insegna alla London School of Economics and Political Science. Qui, in occasione di un convegno, si scontrò con Ludwig Wittgenstein e difese la legittimità della riflessione filosofica e dei suoi problemi.
Nel 1950 avviene il decisivo incontro con Albert Einstein: le sue teorie risultano determinanti nell’elaborazione del pensiero maturo di Popper che emerge soprattutto in Congetture e confutazioni (1963).
Il pensiero filosofico di Karl R. Popper
Il principio di falsificazione
Formatosi con personaggi del calibro di Moritz Schlick e Hebert Fiegl, Karl Popper dà inizio alla sua riflessione filosofica muovendo alcune celebri critiche al Neopositivismo. I neopositivisti, o neoempiristi, o empiristi logici, influenzati anche da Wittgenstein, riflettono sulla filosofia e sulla scienza da un punto di vista linguistico, in altri termini analizzano le proposizioni, gli enunciati che compongono la scienza, ma anche la filosofia, e si chiedono quali di essi possano effettivamente considerarsi validi. Mentre per loro le proposizioni (frasi) nelle quali si articola la filosofia sono prive di senso, per quanto riguarda la scienza una teoria può considerarsi scientifica nella misura in cui può essere verificata dall’esperienza. Se ad esempio, considerassi l’enunciato f = m · a (forza = massa per accelerazione, è il secondo principio della dinamica) e mi chiedessi se è scientificamente valido, potrei rispondere affermativamente perché disponiamo di casi, ossia di eventi empirici, che verificano tale principio.
Popper, invece, oltre a ritenere che la filosofia non possa essere ridotta a pura analisi linguistica e che essa conservi un proprio ambito di indagine, identificabile soprattutto con il problema cosmologico (l’origine del mondo) e la teoria della conoscenza, risolve la questione in modo differente. Impressionato dalle teorie di Einstein che erano spesso ipotesi rischiose e azzardate, Popper afferma che il principio di verificazione dei Neopositivisti è inefficace perché per verificare una teoria scientifica occorrerebbe controllare tutti i casi in cui si verifica e tale casistica sarebbe infinita.
Piuttosto che la verificazione, occorre considerare la falsificabilità potenziale di una teoria: in altre parole una teoria è scientifica se, almeno in linea di principio, è falsificabile ossia se esiste almeno una asserzione-base, ossia una proposizione relativa a un caso singolare, a un’osservazione empirica, che sia in potenziale conflitto con la teoria formulata.
Facciamo un esempio: vado in molti parchi di Roma e osservo sempre che ci sono cigni bianchi, quindi sono portato a dire che tutti i cigni sono bianchi (questa è la mia teoria); poi vado a Villa Torlonia e osservo un cigno nero. Ecco, la presenza del cigno nero è un evento singolare che falsifica la mia teoria, ossia che la smentisce.
Le asserzioni-base, secondo Popper, devono essere controllabili da individui diversi e consentono di stabilire il carattere empirico, ossia scientifico, di una teoria. Esse indicano eventi osservabili e quindi possono essere considerate il punto di partenza per il controllo di una teoria.
Se una teoria viene effettivamente falsificata decade, nonostante questo la storia della scienza dimostra che anche alcune falsificazioni si sono rivelate, poi, inefficaci e quindi la vecchia teoria è tornata in auge. Se, invece, resiste ai tentativi di falsificazione, la teoria viene corroborata ma non può comunque dirsi vera; essa è solo preferibile, rispetto ad altre teorie che spiegano uno stesso fenomeno in modi diversi.
La scienza come edificio su palafitte
Riflettiamo, per un attimo, sull’astronomia: nell’antichità e nel medioevo si riteneva vero il sistema aristotelico tolemaico, un universo chiuso con la Terra al centro; con la rivoluzione scientifica questa visione è stata stravolta e ha lasciato il posto a un universo infinito dove il sole era solo uno degli infiniti centri possibili. Oggi si crede che l’universo prima si espanda e poi collassi su sé stesso, l’ipotesi che sia, in un certo qual modo, chiuso è tornata ad essere più credibile, anche se per altri ordini di ragioni.
Ciò ci permette di comprendere bene la concezione che Popper ha della scienza: non ci sono verità assolute e inattaccabili, la scienza dà luogo a ipotesi che sono più probabili di altre, e la probabilità dell’impresa scientifica è un tratto essenziale, proprio come in quegli stessi anni insegnava Eisenberg a proposito degli atomi.
Le asserzioni-base sulle quali si fonda una teoria scientifica possono essere sempre rimesse in discussione dalla comunità scientifica, per questo Popper, con una celebre metafora, ci descrive la scienza come un edificio costruito su palafitte: le teorie non si costruiscono su fatti assoluti e certi e anche se siamo soddisfatti della struttura teorica che abbiamo elaborato, basta un solo fatto contrario alla teoria per farla crollare; anche le smentite, poi, non sono mai certe e possono continuamente essere rimesse in discussione.
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La scienza, dunque, come recita il titolo di una celebre opera del filosofo austriaco, procede per congetture e confutazioni, per tentativi ed errori: di fronte a un problema non si scopre la verità, ma si formula un’ipotesi che deve essere sempre posta al vaglio dell’esperienza. La scienza non è verità, ma solo un’opinione che non è stata ancora smentita e a nulla servono procedimenti come l’induzione: nel caso di Popper non si parte dai casi particolari per poi arrivare a formulare una teoria generale; si parte piuttosto da un’ipotesi che poi deve essere controllata mediante l’esperienza empirica, solo così si arriva a una teoria, sempre falsificabile in linea di principio, quindi probabile.
In tale, faticoso, cammino la metafisica ritrova una sua legittimità: per quanto elementari, ad esempio, le domande che si erano posti i presocratici sull’origine del mondo hanno permesso alla scienza di fare i suoi primi passi e intuizioni potenti, come quella di Democrito sugli atomi, sono state fatte proprie dalla scienza dopo molti secoli.
La società aperta: la visione politica di Popper
Nella cultura del suo tempo Karl Popper trova anche molti esempi di pseudoscienze: il marxismo, ad esempio, come anche la psicanalisi freudiana e adleriana. Queste discipline non sono scienze perché le loro leggi non possono essere falsificate in alcun modo, nemmeno a livello potenziale.
Inoltre filosofie come il marxismo, lo storicismo hegeliano o il positivismo di Comte hanno commesso il grave errore di credere che ci sia un’entità metafisica che orienti la storia e si debba realizzare in essa (che poi sia la società senza classi, l’Assoluto o la scienza poco importa). Queste visioni, come quella di Platone dove i filosofi sono titolari di un governo assoluto perché privo di controlli, producono l’asservimento degli uomini e ambiscono naturalmente al totalitarismo.
Recensione del libro
La lezione di questo secolo
di Karl Popper
Queste filosofie danno luogo a delle società chiuse dove vigono delle norme di comportamento molto rigide che realizzano un controllo onnipervasivo dell’individuo e di tutta la società. A tale modello va contrapposto quello delle società aperte, che per Popper coincide con le moderne democrazie liberali: queste società sono migliori perché danno ai governati la possibilità di controllare e criticare i governanti. In quest’ultimo caso le istituzioni politiche dovrebbero essere, auspicabilmente, organizzate in modo tale da limitare i danni che dei governanti incapaci possono potenzialmente produrre.
Se guardiamo alle moderne democrazie occidentali ciò avviene, almeno in linea di principio, con il giornalismo (che è un potere informale di controllo), con l’indipendenza della magistratura e con la divisione dei poteri.
La filosofia di Popper si rivela dunque un nodo imprescindibile del pensiero del nostro tempo: oltre ad offrire argomenti preziosi al liberalismo e al pensiero democratico, il falsificazionismo è una posizione ancora oggi fondamentale nell’epistemologia contemporanea.
Recensione del libro
Cattiva maestra televisione
di Karl R. Popper
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Karl Popper: vita, opere e pensiero del filosofo del falsificazionismo
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