Presentato nei giorni scorsi alla Feltrinelli di Palermo, L’Arca Russa ( Ed. La vita felice, 2023), l’egregio ultimo lavoro di Giorgio Ferrari, affermato giornalista e saggista. Il sottotitolo di copertina recita testualmente: Il mito della «grande Asia» dall’impero degli zar alle guerre di Vladimir Putin a significarne il contenuto.
Giorgio Ferrari, oltre che giornalista, è inviato speciale ed editorialista dell’Avvenire e questa circostanza condiziona notevolmente la sua scrittura di saggista, profonda ed attenta ed insieme di grande limpidezza e semplicità.
Il suo percorso letterario è vasto e comprende argomenti di varia natura come nell’’ultimo in cui tratta Sostakovich Il naufragio di Sostakovic. Arte e cultura sovietica negli anni del terrore staliniano (Neri Pozza, 2022).
L’arca russa di Giorgio Ferrari
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L’Arca Russa di Giorgio Ferrari è un libro intenso e pieno di contenuti su un tema di stringente attualità anche se non affronta direttamente la questione Ucraina.
Partendo dal titolo, l’autore si è ispirato all’identico titolo del famoso film del 2002 di Alexander Sokurov, al quale per certi versi somiglia nello svolgimento del suo iter narrativo.
Il film di Sokurov è un lunghissimo unico piano sequenza negli splendidi saloni del Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo, che coinvolge lo spettatore. Si apre il museo e si entra dentro la Storia, e come se si fosse un estraneo si vive, si entra e si viaggia nel vissuto della grande Russia. E’ un viaggio che si fa all’interno di questo immenso territorio, così vasto, così complesso e variegato, indefinibile in quanto impossibile a spiegare in una sola parola. È stato un paese, un impero, per lungo tempo isolato e per questo meno conosciuto.
Lo script del libro inizia con un episodio recente nel 2022 con la morte di Gorbacev e descrive così:
Avvolto da un drappo nero sopra il quale biancheggia nella bara il volto pallido e già marmorizzato dell’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, Michail Gorbačëv si accomiata senza onori di Stato, senza lutto nazionale. A rendergli omaggio ci va solamente, ma la sua presenza è beffardamente carica di significato, Dmitrij Medvedev, l’uomo forte del Cremlino, il vicepresidente della Commissione di sicurezza della Federazione Russa, l’uomo che abbaia quotidianamente le minacce che Putin non può pronunciare.
Si parte da questo episodio triste e malinconico su Gorbačëv, di cui l’autore parla come di un intellettuale colto e raffinato ma di una rozzezza politica in ragione del naufragio, delle sue sconfitte politiche e dei suoi progetti.
Si compie successivamente un viaggio a ritroso che prende inizio dalla Russia degli Zar, per poi attraversare l’Unione Sovietica ed in un moto circolare ecco ora il ritorno degli zar, nel senso della loro mentalità fatta propria dai nuovi esponenti politici. Gorbačëv è stato uno dei pochi che hanno rifiutato di comportarsi da Zar ma ha fallito, mentre Putin incarna nella sua visione politica e nelle modalità comunicative, la grande personalità degli Zar come unici ed infallibili despoti.
La Russia ieri e oggi nel libro di Giorgio Ferrari
Un viaggio, un itinerario, quello che percorre l’autore, pieno di interesse per i raffronti ed i rimandi e le preziose informazioni che fornisce al lettore, forte delle sue conoscenze personali e professionali. Un viaggio che si conclude con un interrogativo che è poi senza risposta perché si chiede cosa ha portato a tutto questo. Ci si chiede perché la Russia non è mai riuscita ad uscire da questa immagine che l’ha imprigionata sin dall’inizio senza sostanziali progressi.
Si tratta inevitabilmente di Putin, e di una mentalità che è in buona parte congenita nel popolo di una Russia, che è difficile e improprio catalogare come un’entità unica ed indifferenziata, e che vive su un esteso territorio che si estende sino alle soglie dell’Europa e fino alla Cina. Difficile se non quasi impossibile andare a definire tutti gli aspetti di un “mondo” così diverso e variegato, paragonabile ad un “Arca” che si muove ma non in una precisa e unica ed immutata direzione.
E questo cercando di dimenticare “il grande abbaglio” (cit.). iniziato con la fondazione di San Pietroburgo con lo spostamento verso l’occidente europeo della capitale.
Negli ultimi tempi, come recita il titolo di copertina, pare proprio che la Russia abbia assunto ineluttabilmente una direzione verso Oriente e tendenzialmente ritorna ad essere un paese profondamente asiatico e l’autore, sostiene come in fondo, fosse stata sempre questa la sua autentica vocazione.
Invero la Russia è un mondo vastissimo con tante anime, un universo a tratti misterioso specie per gli europei da parte dei quali, poco si è approfondita la conoscenza di questo immenso pese e che erroneamente lo si considera un’unica entità.
Si pensa di conoscere le abitudini, il cibo, la musica della terra di Gogol, di Cechov, ma è la Russia di un periodo ottocentesco mentre adesso ci si ritrova a confrontarsi con un popolo completamente diverso.
Durante e dopo il secondo conflitto mondiale la Russia, era completamente distrutta, con San Pietroburgo allo stremo, disperata, ma facendo un salto nel tempo, anni dopo, si vede una città dove i giovani escono allegramente come in qualunque città e metropoli d’Europa.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Arca Russa di Giorgio Ferrari: la presentazione alla libreria Feltrinelli di Palermo
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