L’Italia della Grande Guerra
- Autore: Pierre Loti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Alla guerra di trincea in divisa bianca coloniale. Del resto, Julien Viaud era stato un ufficiale di marina in Indocina, anche se lo conoscevano come scrittore, con lo pseudonimo Pierre Loti, come si legge sulla copertina del libro che raccoglie le sue corrispondenze dal fronte italiano: “L’Italia della Grande Guerra” (2016, pp. 153 pagine, euro 14,50). La casa editrice Tarka, di Mulazzo (Massa Carrara), le propone nella traduzione e a cura di Ispano Roventi, tra le pubblicazioni per il centenario della prima guerra mondiale.
Nell’agosto 1917, il capitano di vascello Viaud-Loti è inviato in missione presso le forze armate dell’alleata Italia e riporta le sue osservazioni in una serie di otto articoli, pubblicati su L’Illustration, dall’8 settembre al 6 ottobre 1917, col titolo Impressions d’Italie e poi raccolti anche nel volume “L’Horreur allemande”, apparso prima della fine del conflitto.
L’Italia aveva impugnato le armi al fianco di Francia e Regno Unito solo nel maggio 1915, ma il navigante e letterato aveva indossato la divisa fin dalla dichiarazione di guerra franco-tedesca, il 2 agosto 1914, annunciatagli da un laconico
“Ci siamo, hanno invaso il Lussemburgo”
che qualcuno era passato ad annunciare.
Il comandante Viaud aveva allora già 64 anni (nato a Rochefort-sur-mer nel 1850 è morto a Hendaye nel 1923) e come scrittore aveva all’attivo un considerevole numero di titoli, firmati Pierre Loti. L’amore per i viaggi lo aveva spinto ad arruolarsi a 17 anni nella Marina francese, che lo portò dovunque: in India, Marocco, Cina, Egitto, Turchia, Oceania, Giappone, Senegal, nell’Isola di Pasqua. Viaggi, avventura, amori, luoghi suggestivi e malinconia ispirarono circa 40 libri e gli valsero l’ingresso nell’Académie francaise nel 1891.
Una volta tornato in divisa per la guerra, l’incarico d’ufficio che gli avevano assegnato in un arsenale gli sembrava un "piccolo servizio", in confronto a quello in prima linea che avrebbe gradito. Da qui il pressing sul Ministro della Marina, che lo invierà finalmente in Italia, lontano da Parigi, accontentandolo in qualche modo. Da questa missione, che ha tutta l’aria di un incarico per toglierlo dai piedi, nasceranno le otto corrispondenze "italiane".
Il primo impatto è col Carso, l’altipiano che chiude la pianura veneta precedendo i monti della Slovenia. Territorio ben noto a Napoleone per la sua asprezza e nel quale l’ospite francese si addentra, accompagnato da ufficiali italiani. Non è dato inquadrare con facilità i luoghi, perché Loti si guarda bene dall’indicarli, ligio alle regole della censura militare: non scrivere, il nemico ti legge, per parafrasare il classico Taci, il nemico ti ascolta, che campeggerà sui manifesti nella seconda guerra mondiale.
Il bravo osservatore transalpino è generoso con i nostri soldati. Lo colpiscono in particolare, sul versante dolomitico,
“quelli col cappello di feltro su cui spicca un fermaglio con una lunga penna d’aquila”.
Si rivela particolarmente attento nel cogliere i particolari, non gli sfuggono le difficoltà orografiche con le quali l’esercito grigioverde era costretto a battersi, oltre che col nemico. Riconosce immediatamente che l’assenza di strade sul Carso è di enorme ostacolo alle avanzate italiane, circostanza già nota alle truppe di Napoleone Bonaparte, del resto. Gli austriaci si sono sempre guardati bene dal realizzare collegamenti viari, proprio perché la direttrice di un’offensiva avversaria avrebbe necessariamente impattato contro quel ciglione inospitale. Un territorio di pietra, senza terra. Gli ordini di trincee via via spinti sempre più avanti dai genieri appaiono a Loti scavati titanicamente in un habitat totalmente roccioso. Gli è evidente quale sacrificio dovesse costare ai fanti vivere in quelle fenditure strappate alla pietra e popolate di sassi, uno sforzo che depone a favore dell’esercito di Cadorna, impegnato in piena estate 1917 nell’XI battaglia del Carso, una "spallata" finalmente efficace nel settore della Bainsizza, che porterà le brigate italiane ad avanzare come mai prima.
La sua è una visione inizialmente militare, ma si allarga all’intero orizzonte, politico e sociale. Non mancano incontri importanti, a cominciare da Eleonora Duse. La grande attrice si mostra avanti negli anni, ma conserva un magnetismo che lo affascina:
“occhi vivissimi, che brillano, che sembrano illuminarsi”.
Nell’edizione Tarka del volume, sono aggiunti scritti sulle esperienze coloniali e sulla campagna di guerra contro l’impero ottomano in decadenza.
In appendice, contributi e articoli offrono un punto di vista di altri sullo scrittore.
Tornando al Loti italiano, leggendo certe descrizioni impressioniste di Venezia si potrà dire che monsieur Pierre è uno degli ultimi visitatori ammirati del Bel Paese, un vero erede del Grand Tour del Sette-Ottocento.
L'Italia della grande guerra. Vista da un celebre scrittore francese
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