L’automa di Alessia Corazzi

Quella che Alessia Corazzi ci narra ne L’automa, il racconto lungo pubblicato da Delos Digital nella collana “Crime”, diretta da Roberto Mistretta, è una storia dolorosa. In cui la protagonista trentenne June Chiodelli cerca di cancellare il passato sino ad annullarsi completamente e cedere all’apatia.

Dopo la tragica morte del padre, un investigatore privato, lei, che ne seguiva le orme, abbandona la professione e si rifugia a Londra, nella speranza di essere dimenticata e poter vivere trascinandosi, senza più alcun guizzo d’entusiasmo.
L’unico a riallacciare i rapporti con lei è Giulio, un vecchio amico di scuola, che in Italia è dedito alla sua bottega d’artista, in cui crea automi in scala ridotta, il più possibile somiglianti a soggetti umani.
Un giorno giunge la notizia che proprio quel ragazzo, che allietava al telefono le piatte giornate di June, è stato trovato morto nel suo laboratorio.
Lei allora capisce di doversi fidare del suo sesto senso, sebbene in passato l’abbia tradita e di volere tornare in Italia per far luce sul caso.
Giulio non può essersi suicidato: dietro c’è qualcos’altro.
E così June, che aveva giurato che mai più sarebbe tornata nel Bel Paese, si ritrova a prendere l’aereo che la condurrà a casa. Una città che non viene mai nominata in maniera esplicita, ma viene descritta come un luogo che d’estate ospita molti turisti, ragione per cui si suppone essere quella Rimini che ha dato i natali all’autrice stessa.
June in Italia è sola, può contare altro che su sé stessa.
I fantasmi del passato sono sempre lì, e ci pensa il fratello Will a ricordarglielo, anche lui investigatore privato. I personaggi con cui farà conoscenza, tutta gente che gravita nella sfera dell’amico defunto, contribuiranno ad alimentare un’aura di sospetto. June sa di essere nel giusto, deve solo mettere a fuoco la situazione e capire chi possa avere fatto del male a Giulio, ma soprattutto perché.

Alessia Corazzi utilizza una prosa pulita, evocativa al punto giusto. Le scene sono strutturate con una buona dose di ritmo, che contribuisce a tenere alta l’attenzione del lettore e a lasciarlo col fiato sospeso.
Il racconto si gioca, in fondo, su un dualismo che comprende il significato stesso della parola “automa”, titolo della narrazione.
Se si cerca il significato, si otterrà un duplice risultato.

Macchina che riproduce i movimenti (e talvolta anche l’aspetto) dell’uomo e degli animali.

E questo è quel che fa Giulio, nel suo laboratorio.

Senso figurato. Di persona che si muove o agisce macchinalmente, quasi fosse priva di riflessi o di volontà.

E questo, un automa, è quel che June è diventata, dopo il trauma che l’ha travolta, schiacciata dal senso di colpa per la morte del genitore.
Senza pretendere di creare chissà quale teorema, questo racconto, che si è aggiudicato un meritato terzo posto al concorso “Termini Book Festival” in collaborazione col Giallo Mondadori, si rivela una lettura appassionante.
Da consigliare, sebbene abbia un unico, grave difetto. Quello di essere troppo breve.