L’incognita
- Autore: Hermann Broch
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2022
La realtà è nelle attribuzioni di senso che le diamo. Per dirla in metafora: una vita senza significato è come una vela lasciata a sé stessa, in assenza di vento. Finanche il delirio necessita di logiche discendenti dal plausibilmente reale (Remo Bodei); e lo psicologo Alfred Adler rintraccia nella ricerca di senso, l’ambizione alla compiutezza dell’essere umano. L’ambito sdrucciolo del fine ultimo ontologico detta il tessuto connettivo de L’incognita di Hermann Broch (1886-1951), sottilissimo romanzo filosofico edito da Carbonio nella traduzione di Luca Crescenzi (2022). La sua trama interiore è restituita mediante focus differenti: tre fratelli, tre diversi atteggiamenti rispetto alla vita e alla sua ermeneutica.
A seguito dell’evento-snodo della morte del padre, Suzanne si aggrappa ciecamente alla fede in Dio, Richard alle scienze matematiche, Otto a una condotta dionisiaca offertagli dal presente. Richard – promettente ricercatore, impiegato in un osservatorio astronomico –, fra i tre, è il più aduso alla speculazione. Lo è in quanto inquieto, in quanto psicologicamente fervido, in quanto votato a una brama conoscitiva a cui consacra l’esistenza. Da sempre sorretto dal “credo” in tutto ciò che è tangibile (in ciò che è osservabile, misurabile) Richard è d’altro canto pertubato dalle epifanie spontanee dell’esistenza – l’affiorare sottile di un ricordo, il fischio di un treno, il fischio del vento tra le fronde, il “semplice” atto del tuffarsi di una ragazza – che lo inducono a interrogarsi su come e fino a che punto sia possibile alla scienza penetrare l’enigma della vita.
In altre parole: è mai possibile ridurre a equazione l’espressione vitalistica pura, trattandosi di un’armonia tanto immediata quanto complessa? Eros e Thanatos – dal canto loro e come sempre – contribuiranno a infittire l’incognita di questo “giallo” intimo, dagli esiti incerti. Un po’ come la vita.
“Era come se il progressivo chiarirsi dello scopo della sua vita recasse con sé, in misura parimenti crescente, la comprensione del passato; quanto più diventava consapevole degli obiettivi di cui avrebbe dovuto consistere la sua esistenza, tanto più gli diventava chiaro che il suo scopo doveva essere quello di abbracciare tutti i fenomeni della vita, afferrarli nel loro insieme in forma numerica e calcolabile, perché mediante questa dovizia di conoscenze matematiche sul mondo sarebbe giunto alla totalità della propria stessa vita; tuttavia quanto più questo mondo gli risultava evidente, tanto più grande e luminoso si faceva per lui anche la finestra del ricordo”.
(pag. 64)
L’incognita è dunque un romanzo matematico e filosofico al contempo. Un romanzo abitato dalle inquietudini interiori che saranno dello specifico di Thomas Bernhard, e dalle attrattive di un sapere mai assoluto, sottoposto, al contrario, al vaglio perenne delle interrogazioni.
Tra un pontificio e l’altro, se ne raccomanda la lettura a sacerdoti e sacerdotesse del Verbo scientifico (?) da salotto tv. Hai visto mai possa vacillare un briciolo del loro stolido sanfedismo.
L'incognita
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