L’oro degli ebrei
- Autore: Gianfranco Manes
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
La Storia dentro la storia raccontata: un QR Code precede il testo e conduce al materiale disponibile nel web sull’argomento storico di fondo, documenti e testimonianze sull’antisemitismo nazista. Il romanzo L’oro degli ebrei è un gran thriller ambientato tra la fine della guerra 1939-45 e la nascita dello Stato d’Israele nel 1948, anche un po’ spy-story e fanta-fiction sul post nazismo. È stato pubblicato a gennaio da Diarkos (2022, 374 pagine) ed è il secondo di Gianfranco Manes per la casa editrice di Santarcangelo di Romagna (Rimini), preceduto da La variabile nascosta, nel 2020, che ha meritato al prof. Manes la scorsa edizione del premio letterario “Un mare di libri”, nell’International Tour Film Festival 2021 di Civitavecchia.
Fiorentino, nato nel 1944, Manes è stato ordinario di elettronica dal 1984 al 2015 ed ha insegnato nelle Università di Firenze e di Perugia. Nella sua materia vanta più di trecento pubblicazioni, pubblicate anche su periodici all’estero. Ha collaborato a progetti di ricerca internazionali con Università americane ed europee e diretto programmi di ricerca della Commissione Europea.
Come il precedente, anche questo lavoro tocca il periodo nazista, sul quale l’autore si è particolarmente documentato.
La seconda guerra mondiale è ancora in corso nel 1944, quando si concretizza l’Operazione Hacke, un piano operativo da attuare a guerra finita, delineato negli incartamenti sfogliati dal capo dell’Ufficio Sicurezza delle SS Kaltenbrunner, sui quali campeggia il timbro Geheim, segreto.
A guerra finita, riflette, non “a guerra vinta”, come dovrebbe pensare un alto gerarca nazista qual è. Nel luglio 1944, in un elegante ufficio a Berlino, sta rileggendo i documenti che descrivono nel dettaglio il progetto del Quarto Reich, molto complesso e in vista del quale dovrà eseguire le direttive indicate. Gli sfugge il senso generale, ma non l’importanza vitale per il regime: deve garantire che tutto si svolga secondo i piani, ordine di Martin Bormann, eminenza grigia del partito e fedele esecutore della volontà del fuhrer.
La guerra è persa e gli Alleati saranno a Berlino prima di un anno, gli ha detto brutalmente, ma quel fascicolo anticipa una mossa a sorpresa che se realizzata in modo spregiudicato e imprevedibile potrebbe rilanciare la Grande Germania, dopo la fine delle ostilità. Idea geniale e tuttavia per realizzarla occorrono risorse ingenti, che tocca a lui garantire, in parte provenienti dallo Judengold, l’oro degli ebrei, sottratto ai deportati nei campi di sterminio da tutta l’Europa occupata. Anche quello strappato dalle dentature piombate delle vittime. Il bottino aureo va riciclato in valuta attraverso un istituto di credito privato in Svizzera, non potendo più figurare nei contatti ufficiali tra le banche di Stato.
Le democrazie occidentali alleate hanno infatti appena fissato le regole delle transazioni finanziarie internazionali. Nella Conferenza di Bretton Woods hanno stabilito un nuovo ordine monetario mondiale e legittimato il diritto di confisca di tutti i beni e trasferimenti dei Paesi nemici, dei loro capi, associati e collaboratori. Qualsiasi deposito ufficiale nella neutrale Svizzera è interdetto alla Germania hitleriana e anche a chiunque risulti compromesso col regime.
Ma i vertici nazisti organizzano una contromossa, attraverso un prestanome, per finanziare la ripresa dell’industria tedesca nel dopoguerra e preparare la sua
espansione in previsione del ritorno del partito al potere, sotto altra forma. Prima della metà di agosto, i rappresentati delle aziende strategiche vanno selezionati sulla base della fedeltà al Reich e riuniti segretamente, per avviare l’Operazione Hacke.
L’errore banale di un inviato a Basilea porta il piano a conoscenza degli Stati Uniti, che pianificano iniziative. Quattro giovani ebrei saranno impegnati in una serie di missioni in Austria, Italia, Svizzera e Palestina, per contrastare il disegno nazista.
C’è qualcosa di vero e autentico nel romanzo: le vicende dell’Olocausto e dell’oro. L’ex presidente della Reichsbank ha testimoniato infatti a Norimberga che la Svizzera era rimasta uno dei pochi Paesi neutrali disposti ad acquistare beni preziosi saccheggiati dai nazisti. Altro, ovviamente, è frutto dell’immaginazione dell’autore, al servizio delle esigenze narrative e delle pagine di azione che non mancano.
C’è anche qualche rivelazione, ad esempio sull’uso del Pervitin, una metanfetamina che veniva largamente fatta assumere dai Comandi tedeschi alle truppe. Si deve anche a quello stupefacente la rapida avanzata del maggio 1940 in Belgio e Francia. Studi scientifici confermano che l’ampia diffusione di Pervitin nella Blitzkrieg, la guerra lampo, consentì a tanti soldati della Wehrmacht di non provare stanchezza e non dormire per l’intera offensiva, spingendoli ad avanzare inesausti, oltre a ridurre i freni inibitori, incrementando l’aggressività.
Gli Alleati fecero tesoro: la benzedrina venne distribuita ai combattenti e soprattutto ai piloti delle formazioni della RAF che bombardavano di notte la Germania.
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