L’uomo senza epilogo
- Autore: Gabriele Dolzadelli
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
“Il divenire: un’agonia senza epilogo". E. Cioran
Con le parole corrosive e possenti del mio amato Cioran l’autore si chiede nel prologo al suo libro “se l’epilogo sia un confine artificiale fittizio” che proponga solo una divisione, o, come nella storia che si appresta a narrare, il prologo non sia in un altro epilogo. Quanto sia importante e determinante il finale in una storia narrata, poliziesca o d’amore, è indubbio: è il capitolo a sé stante, risolutivo negli sviluppi delle vicende e di efficacia nel chiudere con il passato. L’epilogo decisivo, accattivante, entusiasmante, tragico è a volte invocato dal lettore e le storie lo hanno; ma non quelle scritte dal protagonista del nostro romanzo, lo Scribacchino degli Ippocastani: per lui non esiste il finale. Gabriele Dolzadelli con L’uomo senza epilogo (AUGH! Edizioni, 2020), finalista nella sezione narrativa inedita al Premio Internazionale Città di Como, torna nelle librerie con il suo ultimo lavoro, un testo dalla bella scrittura, coinvolgente come pochi, da leggere tutto d’un fiato e dall’epilogo inconsueto.
Il protagonista è un senzatetto scribacchino, che vive per strada in prossimità di un liceo e di un supermercato, seduto su di una panchina nel parco degli Ippocastani, intento a scrivere taccuini di appunti. I suoi manoscritti, preziosi, li mette via la sera in una scatola di metallo, ultima custode quotidiana “dei suoi più intimi segreti”.
“Lo Scribacchino si sentiva come un naufrago in mezzo al mare, con così tanti anni alle spalle da non intravedere più i contorni di quella terra che era stata casa sua, e al contempo così privo di orizzonti da non percepire alcun punto di arrivo.”
Chi era un tempo? Qual è la sua storia? E cosa scrive? Di lui si narra fosse uno scrittore famoso, poi distrutto dall’alcool. La sua vicenda, in un intreccio di personaggi e misteri del passato e del presente, renderà il romanzo emozionante, commovente, e la sua profonda e intima disperazione un giallo avvincente.
La fenice d’argento di Stefano Rivelli è ancora una volta un libro apprezzato dai lettori ma non dalla critica; lo scrittore ne è sollevato e condivide il momento con la moglie Anna e la figlia adolescente Rachele. È cosciente dei suoi limiti, soprattutto nei lunghi mesi che era rimasto a guardare il foglio bianco senza riuscire a mettere giù le parole. Era cresciuto con la convinzione, mai negata, che suo padre lo considerasse un mediocre e nell’impiegare il tempo di una vita a cercare di dimostrargli che si sbagliava.
Rachele è una ragazza sensibile, il più delle volte ama starsene da sola, e alla fine delle lezioni all’uscita del liceo, in un giorno di inizio anno scolastico, noterà quel senzatetto con in mano un foglio e una penna, chino a scrivere, e ne rimarrà affascinata.
Lo scribacchino è schivo, rifugge da ogni piccola emozione, la sua vita è solo espiazione. Rimane seduto a scrivere anche di notte, alla luce del lampione, nel silenzio intorno. Non ha mai smesso di essere un uomo di lettere, una bravura e un talento che appartiene a pochi. Ma è ricattato da “un uomo che aveva iniziato a fargli visita nel parco”; in cambio dei suoi manoscritti gli darebbe informazioni su Davide, suo unico figlio.
La sua vita passata gli spezza ancora il cuore: mai avrebbe rinunciato pur di sapere di Davide, in quale città vivesse. I ricordi bruciano, il dolore per il figlio perduto è lancinante, l’amore per Anna che si arrese dopo poco la scomparsa del bambino, l’impossibilità della quotidianità in una vita familiare segnata profondamente dalla sofferenza, e la sua scrittura sospesa senza più un finale da raccontare.
“Ci sono stati momenti in cui la notizia della sua morte sarebbe stato dello stesso sollievo di quella del suo ritrovamento. Almeno, la vicenda avrebbe avuto un suo epilogo. Invece il fatto di non sapere[...], il lasciare tutto così in sospeso è la peggiore delle torture, soprattutto per un genitore".
L’uomo senza epilogo è un romanzo che affascina con la sua poetica, per lo struggimento di un’assenza, per l’abbandono, per le riflessioni sulla vita, per le parole che incendiano il cuore senza dare tregua. Consigliato!
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