La Cappa. Per una critica del presente
- Autore: Marcello Veneziani
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
Il titolo allude a un’atmosfera opprimente, un cielo coperto con una sorta di cappa che preclude lo sguardo ad altri mondi, alla libera luminosità del cielo e che costringe a vivere in una dimensione costretta, coatta. Nell’esergo de La Cappa. Per una critica del presente di Marcello Veneziani (Marsilio, 2022) è citato un passo di Dante Alighieri, che nel 23° canto dell’Inferno parla della cappa facendo riferimento agli ipocriti.
“Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi […]
Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto.”
Gli ipocriti esternano un linguaggio forbito, compiacente come è l’ipocrisia, e per questo sono condannati a indossare una cappa. All’esterno è dorata, scintillante, ma al di sotto è invece plumbea e grava sulle persone che la portano. Una cappa che si può intendere sia a livello individuale, come quella dantesca, sia a livello di fenomeno epocale che riguarda tutti.
Gli elementi a cui il libro fa riferimento riguardano innanzitutto il presente, con la pandemia che ha creato come una sorta di patina, di paura generale di disorientamento, di perdita del senso critico, di allineamento a un’opinione, a una posizione, a una serie di prescrizioni che divengono proscrizioni qualora non vengano seguite.
Secondo Marcello Veneziani, autore di vari saggi di storia delle idee, filosofia civile e cultura politica, si è subita, negli ultimi due anni, una restrizione delle libertà che non ha precedenti, con una limitazione dei diritti costituzionali più elementari nel nome della salute. Si sono accettate molte limitazioni e persino un regime di sorveglianza e questo stato si teme abbia lasciato degli strascichi. Ci si sente, a livello mentale, come ancora profondamente legati a questi limiti e a queste restrizioni. Si teme che si sia innescato un procedimento di controllo che riguarda la vita pubblica che appare inquietante e che potrebbe essere la commutazione di quello che si è vissuto a livello sanitario. Molti degli argomenti, dei processi e delle pratiche che sono state adottate in quei mesi, rischiano di perpetuarsi non solo per il pericolo di una altra possibile minaccia di tipo pandemico ma come forma mentis.
Si è vissuta negli ultimi anni per la prima volta una vita dimezzata, una mistura di solitudine e dipendenza. Un regime di paura e terrore ha pervaso le vite di tutti, e ha lasciato un segno, creando traumi e insicurezze, paure e diffidenze nei confronti del mondo esterno. È stato poi questo anche l’elemento che ha caratterizzato l’informazione che è stata monotematica, ossessiva, a senso unico. Ogni tentativo di porre in discussione dogmi sanitari è stato respinto non con argomenti ma rigettato come fosse elemento di perversione, di sovversione, o di rottura rispetto a un establishment che andava tutelato.
Una cappa che si ripete in diversi ambiti, come tra gli altri quello del clima, che era apparso come il problema per eccellenza dell’umanità. Non vi era più il problema prevalente della crescita esponenziale della popolazione mondiale o i temi legati all’umanità, alla fame, alle contraddizioni e alla miseria, ma il problema principale era solo quello climatico. Ma in questo percorso si è dimenticata una parola chiave: si parla di clima e ambiente, ma non di natura, e questo perché questa è una parola che significa l’ordine naturale delle cose. Si vuole invece privilegiare il caos come elemento che regola tutto lo stare al mondo.
La Natura rimanda al diritto naturale, che viene così cancellato con i limiti che sono a questo insiti. Nella “nuova” umanità vi è, secondo l’autore, un desiderio di libertà senza limiti che ha preso il posto dei limiti della natura. È una situazione schizofrenica per cui le libertà personali e politiche e di pensiero vengono limitate, ma la libertà di pensarsi fuori della natura rimane incustodita. Siamo i padroni della nostra natura per cui si è come si vuole essere, secondo l’autore.
Un principio, secondo l’autore, che si è voluto estendere anche all’ambito sessuale, per cui ciascheduno può scegliere a quale sesso appartenere modificando il primario stato. Il “Fluidgender” esprime questo primato della volontà soggettiva e personale sull’ordine naturale. Ma natura vuol dire anche famiglia e nella Costituzione italiana all’art. 29 la famiglia è definita una società naturale fondata sul matrimonio. Una formulazione che però andrebbe modificata, perché altre forme di unione prendono campo.
Ne consegue, nel saggio, che appare si stia cancellando lentamente la natura, sostituendola surrettiziamente con la tutela dell’ambiente. Una terminologia vaga e vasta che può comprendere tutto e tutti, dai limiti indefiniti.
Il politicamente corretto è come un’ipocrisia che corregge la realtà e la adegua. Secondo l’autore, lo si può definire un moralismo in assenza di morale, un bigottismo in assenza di religione, un razzismo etico in assenza di etica, un antifascismo in assenza di fascismo.
Si viene così a modificare il linguaggio ma anche la cultura ma anche la Storia con la “Cancel culture”, la cancellazione della cultura. Si cancellano protagonisti della cultura, autori ed eventi della Storia e della letteratura non conformi ai canoni ideologici del tempo attuale, catechismi del nostro presente. Si mortifica così la Storia in quanto con conforme ai canoni del presente. Prima si adoperava il revisionismo storico, confrontandosi con i dati o sulla base di nuove ricerche e dandone un’altra e diversa interpretazione, ma ora è più facile rimuovere, cancellare.
Un’altra forma di alterazione del reale è l’attualizzazione forzata di autori, opere di altri tempi. Ma un classico deve superare la temperie dei tempi, non deve essere forzato nell’attualità. Nel libro si analizzano nel dettaglio i diversi ambiti, come il senso religioso, il ruolo delle chiese, la vita privata, il bio liberismo… mettendo in rilievo la perdita di capacità di discernimento. Molti fattori confermano come si stia appunto perdendo a poco a poco questa capacità, il cosiddetto pensiero critico, quello del distacco dalle cose per meglio valutarle. Vi è persino una diminuzione del quoziente intellettivo con un lessico sempre più limitato, impoverito. E la perdita della ricchezza del linguaggio è una perdita delle sfumature del reale nella sua varietà espressiva. Le poche parole per dire sono anche poche parole per pensare e si pensa sempre di meno con un conseguente istupidimento. La tecnica prende il posto della critica che è un modo di pensare e di obbiettare. In questo processo, secondo l’autore si sta toccando il fondo, il punto di non ritorno di disumanizzazione del mondo, in quanto si stanno perdendo gli elementi costitutivi dell’umanità quali la libertà di pensiero, il rapporto con la natura, la diversità dei sessi, il senso critico e plurale delle interpretazioni.
Un’analisi attenta, quella di Marcello Veneziani, che non va sottovalutata e che può anche non essere condivisa ma che va presa in considerazione senza preconcetti e/o giudizi precostituiti.
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