La Confederazione vittoriosa
- Autore: Michele Angelini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
I ribelli ebbero varie occasioni per vincere ma non riuscirono a sfruttarle, il conflitto avrebbe potuto avere un esito diverso, eventualità non tanto remota. Facciamo il punto: i ribelli sono gli Stati Confederati del Sud (CSA) degli Stati Uniti, il conflitto è la guerra tra “nordisti” e “sudisti” che infuriò tra il 1861 e il 1865, fino alla resa dell’esercito superstite del generale Lee alle truppe in giacca blu del gen. Grant e del presidente Abraham Lincoln. L’esito è la vittoria dell’Unione, i nordisti, che in certe circostanze avrebbe potuto essere messa in discussione se si fossero realizzate le condizioni figurate da Michele Angelini nel volume La Confederazione vittoriosa. La storia alternativa della Guerra di Secessione americana, pubblicato nel 2020 da Mattioli 1885, nella collana Archivio Storia (183 pagine).
L’autore, in servizio in un corpo di Polizia e che ha pubblicato numerosi libri sullo stesso periodo storico, propone da sostenitore della nobile causa sudista una specie di divertissement ucronico (alternate history, storia alternativa, immaginaria), con ipotesi su “cosa sarebbe accaduto se...”.
Parte dalla situazione politica ed economica alla dichiarazione d’indipendenza della CSA dall’Unione e dopo una rapida ma efficace sintesi delle fasi principali degli anni di guerra, si sofferma su alcuni momenti decisivi in cui i confederati avrebbero potuto strappare risultati diversi e mettersi nelle condizioni di vincere. Mancò davvero poco perché la storia cambiasse e se così non è stato si deve a coincidenze e fatalità, oltre alle decisioni ed errori dei protagonisti.
All’inizio, entrambe le fazioni si attendevano un conflitto breve: pensavano che uno scontro, con i primi morti, avrebbe fatto desistere gli avversari. Gli Unionisti erano convinti che la Secessione fosse sostenuta solo da poco esaltati. I sudisti erano certi di avere dalla loro i migliori generali e quadri dell’esercito (verissimo) e consideravano gli yankee incapaci nel mestiere delle armi (non altrettanto vero, erano solo impreparati inizialmente).
In questo quadro, se la scintilla non fosse partita dal bombardamento sudista di Fort Sumter nella Baia di Charleston, la cui guarnigione era rimasta fedele al Nord, non sarebbe montata l’ondata di sdegno dell’opinione pubblica unionista, che autorizzò Lincoln a ordinare l’arruolamento di 75mila volontari per la difesa della Nazione minacciata. E se il 12 aprile 1861 il presidente confederato Davis avesse tenuto ferma la mano degli artiglieri grigi, sarebbe toccata a Lincoln una mossa risoluta per ricomporre l’inaccettabile secessione sudista e una sua prova di forza non solo non avrebbe motivato i cittadini ma avrebbe potuto spingere le potenze europee a riconoscere la Confederazione, con i vantaggi diplomatici conseguenti per il Sud.
Inoltre, nello stato del Maryland, confinante coi secessionisti, non ci sarebbero stati i volontari del Massachusset e di New York a impedire alle milizie territoriali, composte da simpatizzanti confederati, di circondare i palazzi del potere a Washington e prendere prigioniero lo stesso presidente, lasciando senza guida il Nord, a quel punto costretto a capitolare.
Ecco i primi “se fosse andata diversamente”, ma è illuminante confrontare la situazione socio-economica-politica dei contendenti nel 1860, poco prima delle ostilità.
L’estensione superficiale dei venti Stati dell’Unione non era molto maggiore rispetto a quella degli undici della Confederazione, ma la popolazione era il doppio (quasi 19 milioni) dei 9.100.000 “meridionali”, ai quali si aggiungevano 3,5 milioni di schiavi di colore, manodopera agricola. I 96mila stabilimenti industriali unionisti occupavano una forza lavoro dieci volte più numerosa di quella confederata (solo 17mila opifici): il Sud ospitava prevalentemente piantagioni di cotone. Importante la differente disponibilità di binari: le reti ferroviarie del Nord doppiavano quelle del Sud e questo favoriva i commerci e sarebbe diventato un fattore militare di peso, accelerando lo spostamento delle truppe.
Non meno rilevante il divario di valore prodotto (l’odierno PIL). Il Nord investiva quattro volte più capitale del Sud e ricavava più o meno la stessa cifra in un anno, mentre l’economia agraria sudista, mento portata agli investimenti, rendeva poco o niente in termini di valore aggiunto.
In campo militare, questa prevalenza industriale e demografica esercitò lentamente un peso, considerato anche il vantaggio iniziale della migliore qualità tecnica dell’esercito sudista e quello garantito alla difesa da fucili e artiglierie a canna rigata. L’Unione era costretta all’offensiva per ristabilire l’unità del Paese, mentre la Confederazione poteva aspettare le mosse del nemico, schierandosi su posizioni scelte e negli ultimi mesi del conflitto rafforzate con trincee e fortificazioni.
Tornando ai “se”, nella prima battaglia di Bull Run o Manassas, il 21 luglio 1861, la ritirata rovinosa delle truppe nordiste sconfitte aveva spalancato alla cavalleria sudista la strada per Washington e un’irruzione nella capitale avrebbe demoralizzato l’opinione pubblica unionista, inducendola a miti consigli.
Un altro fattore non sfruttato nei primi tempi fu il varo di una nave confederata in metallo: il buon senso strategico, lo spionaggio e l’ottima cantieristica permisero al Nord di opporre una pur meno efficiente corazzata alla potenza di fuoco della più collaudata Virginia, Messo in mare dalla piccola Marina sudista, aveva sgominato senza subire danni i vascelli di legno della numerosa flotta nemica, resa obsoleta in un solo giorno. Tra Monitor e Virginia finì pari, con tanti stenti per l’unità a stelle e strisce, ma il pericolo di un dominio confederato del mare venne sventato.
E così via, se si vuole giocare con i “se” e divertirsi con le ipotesi ragionate di Michele Angelini.
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