La borsa dell’avvocato
- Autore: Giuseppe Quattrocchi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Anno di pubblicazione: 2014
“Qui tutti pupi sono, adesso è ora di pigliare un paio di forbici e staccare i pupi dal puparo. E senza nessuno che tiri i fili, i pupi inanimati sono, solo teste di legno. Sarà compito nostro trovare un nuovo puparo”.
Gli elementi ci sono tutti: la Sicilia dell’entroterra, un sindaco avvinghiato con la Mafia, i notabili del paese, il parroco buontempone, la bibliotecaria finta acqua cheta, la nobildonna con un figlio debosciato, la classica “fuitina” riparatrice, l’emigrato in Argentina che fa fortuna, il cadavere di un avvocato “intrallazziere”, la scomparsa misteriosa della sua borsa piena di documenti attestanti la vera proprietà di vasti terreni, la scomparsa di un ragazzino e il maresciallo dei carabinieri che prima di andare in congedo caparbiamente decide di risolvere il caso. Giuseppe Quattrocchi nel suo primo romanzo “La borsa dell’avvocato” (Kimerik, 2014) ci trasporta all’interno di una Sicilia del dopoguerra quando la gente era ancora abituata ad arrangiarsi e a farsi la legge da sé, gli uomini potenti erano “diventati esponenti di uno stato dentro lo stato” e “i venti autonomistici avevano rafforzato l’idea che Roma era lontana e che le cose, in Sicilia, dovevano sbrigarsele i siciliani, da soli”. Le idee indipendentiste di Don Rosario Cavaleri sono animatamente discusse nel bar della piazza davanti a un buon bicchiere di vino rosso:
“Se la gente avesse avuto coraggio e se qualcuno non avesse venduto l’anima, a quest’ora, l’americano era la nostra seconda lingua. Eravamo il quarantanovesimo stato degli Stati Uniti. Tutto era pronto, persino la bandiera, a strisce giallorosse con lo stemma della “Trinacria” in alto, nell’angolo attaccato al pennone. Ma ci hanno dato lo zuccherino dell’autonomia speciale e tutti s’arritiraru (…) ”.
Il merito di questo romanzo colorato di giallo è di redigere quella filosofia siciliana che ruota intorno all’onore, sentimento incontrollato, concetto ridotto a vera pretesa di rispetto, esigenza di rispettabilità tout court. L’autore si prende beffa di quest’onore a tal punto che chi scoprirà le carte ai notabili del paese, chi farà in modo che il corso stabilito da loro, cioè, acquisire i terreni agricoli, che dalla collina scendono sino al mare, facendoli trasformare in edificabili e costruire ville lussuose, è proprio l’ultimo degli ultimi, Nicola Sgroi, costretto a emigrare in Argentina e tornato in paese ricco e potente, con il nome di Fernando Solera, per vendicarsi di tutti i soprusi patiti da giovane.
Non sveliamo i molteplici meccanismi narrativi adottati da Giuseppe Quattrocchi che coniuga il giallo allo storico e dimostra di essere un abile pittore “di personaggi, situazioni, intrecci e fortunati, non per tutti, epiloghi”.
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