La cicala dell’ottavo giorno di Mitsuyo Kakuta

La cicala dell’ottavo giorno è un romanzo della scrittrice giapponese Mitsuyo Kakuta che invita a una serie di riflessioni, prima fra tutte il desiderio di maternità, l’esigenza per una donna di diventare madre, le fragilità femminili che portano a dipendere interamente da un uomo senza scrupoli.
Nonostante la protagonista commetta un reato imperdonabile (il rapimento di una neonata) prevale durante tutto il romanzo il folle amore "filiale" che nasce nonostante lei non sia la madre naturale della bambina: si percepisce la simbiosi madre-figlio, l’empatia, la condivisione, quell’amore perfetto, totale, incondizionato, viscerale chiamato amore materno.
Dunque ci si chiede: i figli sono di chi li alleva o di chi li partorisce? E’ possibile provare un amore così intenso, così smodato verso un bambino nato da un’altra donna? Grande spazio viene dato ai sentimenti umani: amore, odio, vendetta, rivalità, speranza.

La cicala dell’ottavo giorno di Mitsuyo Kakuta è un romanzo tutto al femminile in cui la figura maschile risulta ai margini e caratterizzata da una forte carica negativa. Non considero il libro un capolavoro per lo stile poco avvincente e la lentezza nella descrizione di alcune vicende ma questo giudizio contrasta nettamente con la trama e le sensazioni che mi ha trasmesso a livello emotivo.

Un amore totale e incondizionato come quello materno può portare una donna a compiere un reato tanto grande? Probabilmente sì, probabilmente la simbiosi e l’attaccamento sono tali da portare una mente umana a rasentare quasi la follia.

Curiosa e originale la scelta del titolo: le cicale muoiono dopo 7 giorni di vita e quella che ne vive 8 riceve un duplice dono, da una parta la felicità di vedere più cose, dall’altra la tristezza di vedere le altre morire.
Ecco spiegato il titolo, di cui si comprenderà il senso solo a fine lettura.