La conta
- Autore: Tamta Melasvili
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2018
Un’autrice molto giovane e nuova, con uno stile decisamente originale. Tamta Melasvili scrive periodi brevissimi, i critici li chiamano “sincopati”, se ne dicono ammirati. Sotto una raffica di parole, la lettura assume un ritmo tambureggiante, adatto allo scenario bellico del romanzo, “La conta”, pubblicato a ottobre 2018 da Marsilio, nella traduzione di Francesco Pieri. Un testo breve (112 pagine 16.50 euro), è il primo di questa scrittrice georgiana quarantenne, premiata con un prestigioso riconoscimento tedesco per la letteratura per ragazzi e col più importante premio letterario del suo Paese.
Nessun’altro scrive come lei: non va mai a capo, è tutta una continuazione, fino alla fine di ogni capitolo. Dopo il punto non passa al rigo successivo, non lascia spazi bianchi, non concede tempo al lettore. Martella frasi, spara periodi, sottolineando la situazione drammatica intorno alle ragazzine protagoniste: odio, guerra, morte. Una condizione quasi irrecuperabile, che però la giovane età e la freschezza delle due riescono a pacificare in qualche modo, spingendo in qualche caso chi legge ad accennare un timido sorriso.
Tamta vive e lavora a Tibilisi. Ricercatrice e insegnante universitaria, si occupa di migrazioni. È femminista e attivista di studi gender. Una ragazza moderna, una voce rara da quella periferia infiammata del mondo ch’è stata la Georgia negli anni del conflitto contro la Russia di Putin, per il controllo dell’Ossezia del Sud.
Chi siano i nostri e chi gli altri non è dato saperlo nei tre giorni in cui si sviluppa temporalmente il racconto di Topi, la voce narrante, una tredicenne prepubere, timida, introversa, difetti che certo non l’aiutano in un momento come quello che sta vivendo la loro piccola comunità.
In quelle povere case non c’è più niente. Non ci sono uomini, tutti in guerra. Non ci sono le condizioni per una vita normale, la mamma non ha latte per il fratellino nato da appena un mese. Il piccolino piange, è scosso dalle convulsioni, che Topi cerca di calmare intingendo le dita nel vino e facendogliele succhiare. Così riesce a ingannarlo, ma solo per poco.
La mamma è disperata. Ha perso il latte per colpa dell’alimentazione insufficiente:
aiutatemi, vi scongiuro, non lasciatemi morire anche questo.
Ninco, l’amica del cuore di Topi, ha la stessa età, ma è scafata, furbetta, sembra più grande, ha perfino le tette. È lei a suggerire cosa fare: andranno e prenderanno quello che serve, come hanno già fatto, col tè e la pasta del negozio di Manana. Diranno che hanno incontrato delle tipe della Croce Rossa, che hanno generosamente regalato il necessario. L’importante è togliere il prezzo dai prodotti, perché l’altra volta hanno lasciato il cartellino e, apriti cielo, “ladre, ladre!”.
Topi, Topina - è così che la chiama Ninco, affettuosamente - è piena di dubbi, si fa un sacco di problemi, ma l’amica la rassicura: sembra che apriranno un corridoio umanitario, che verranno a dare una mano. Intanto bisogna pure tirare avanti, non è peccato entrare in casa di quelli che sono scappati. Se ne sono andati e e per loro quanto hanno lasciato è perso. Non c’è da farsi scrupoli.
Solo vecchi e vecchie in giro. Sembrano non capire o aver visto troppo. E poi ragazzini che vanno e vengono e si tengono a distanza dagli uni e gli altri combattenti, perché in questa guerra non ci sono i buoni di qua e cattivi di là, c’è da guardarsi da tutti.
Un morto. È uno dei loro, caduto nella gola. Quanto puzza. Dalla testa è uscita della roba bianca, gli è “colato il cervello”. Andrebbe sepolto, ma Tebru ammette che si è limitata a gettargli addosso poche palate di terra, di più non tocca a lei fare.
Peggio di chi ha partorito da un mese, sta chi dovrà farlo tra pochi giorni, in mezzo al nulla, con l’odio attorno. Le ragazzine incontrano due donne, madre e figlia ed una è incinta.
Non ci dormo più la notte, non riesco a dormire. Sono già bella e morta.
In cambio di calzature più comode, regala a Ninco delle scarpe eleganti, tutte infangate. Con quelle, la tredicenne sembrerà una diciottenne e l’aspetto più maturo potrebbe aiutarla ad ottenere in qualche modo dai militari quanto serve.
Tutto intorno è il disastro, la sovversione di tutti i valori, ma il romanzo nonostante tutto non risulta irrespirabile. È il punto di vista dei bambini, tanto freschi che non fanno fatica ad accettare anche gli orrori, la morte. Quello che invece non mandano giù è il dolore, la sofferenza, ai quali reagiscono con tutte le loro piccole forze, perché una soluzione ci deve pur essere. Sono capaci di trovare risorse insospettabili. Ninco simula alla grande una crisi epilettica, per risolvere una situazione con due soldati che rischia di mettersi molto male. Topi trasforma in aerei di carta i fogli coi nomi dei caduti del villaggio, che dei tizi di passaggio le hanno consegnato dicendole di distribuirli alle famiglie degli uomini indicati nei documenti.
Fa volare uno ad uno quei velivoli leggeri. Li vede allontanarsi, portati via dalla corrente sul corso d’acqua. L’aereo del padre è il più bello.
C’è un campo minato in periferia.
Vent’anni dopo una donna elegante si ferma nel paese. Sembra conoscere qualcuno. È commossa.
La conta
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