La democrazia in pandemia
- Autore: Barbara Stiegler
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Carbonio editore
- Anno di pubblicazione: 2021
Inquadrata da latitudini italiane, fuori dal coro unanime della narrazione mainstream, ciò che resterà nella memoria storica di questa pandemia saranno le espressioni livorose di nani, virologi, saltimbanchi delle tv nazionali. Sarà il salmodiare retorico dei pretoriani pro-vax genuflessi al Verbo lapidario del ducetto Mario Draghi. Sarà la progressiva sospensione dei diritti e del diritto primo alla libertà di scelta dei cittadini. Saranno una psicopatologia di massa, e una società civile divisa un’altra volta in buoni e cattivi, vaccinati e renitenti al vaccino, guelfi e ghibellini al tempo dell’impazzimento italiano. I reali moventi economici, le omertà, le vigliaccherie governative verranno alla luce dopo, quando tutto sarà finito, se mai la democrazia saprà resistere all’onda d’urto di un’egemonia ideologico-sanitaria di derivazione capitalistica. Se non saranno intervenute leggi ulteriori e bavagli emergenziali, l’Italia del governo Draghi andrà studiata nei libri di storia come emblema di una squalifica democratica consumata in progress, tra peana di massa e silenzio-assenso dei partiti di governo e sindacati. E adesso, siccome sto sondando il grado di impopolarità delle mie opinioni (è ancora possibile averne di proprie?), qualora doveste sentirvi turbati da quanto ho scritto, smettete di leggermi: a costo di scrivermi addosso vengo al dunque e così sia.
La democrazia in pandemia - il saggio che inaugura la collana “Particelle” di Carbonio editore - mi dà lo spunto per queste esternazioni fuori dai denti. Per chi non misurasse la qualità dei libri a tanto al chilo, la collana promette testi sapidi quanto celeri (da leggere), osservazioni sul mondo da prospettive ulteriori (filosofiche, politiche, artistiche, sociali). Una libertà di sguardo - e di pensiero - che converrebbe difendere e perseguire come estrema ratio. A firmare il saggio sulla gestione pandemica francese (in tempi nefasti di liberismo, tutto il mondo è più che mai paese) è la filosofa Barbara Stiegler (la traduzione è di Anna Bonalume), autrice di un pamphlet la cui lucidità fa il paio con l’acume delle tesi. A partire dalla tesi portante che inquadra la pandemia come espressione ennesima delle disuguaglianze sociali e della crisi ecologica del pianeta: sintomatologie dirette discendenti dalle storture del capitalismo globale (è questo il virus che ci porterà all’estinzione, signore e signori miei).
“Mentre i poteri pubblici erano stati avvertiti dell’aumento delle malattie emergenti, analizzare l’epidemia come un semplice rischio naturale mostra una deliberata ignoranza delle cause ambientali. Eppure molti di loro hanno deciso di non dire niente, preparandoci ad adattarci senza protestare a un nuovo mondo, nel quale saremmo regolarmente chiamati a vivere mascherati, confinati e ipervaccinati fino alla fine dei tempi.” (pag. 10)
Il libro è tripartito, concentrato soprattutto sulla prima e seconde fase dell’epidemia (le fasi dei lockdown generalizzato, per intenderci), e riprova come dietro la parvenza della “tutela della salute dei cittadini” ogni provvedimento preso per fronteggiare il contagio ha risposto piuttosto a un duplice interesse sotteso: da un lato sorvolare sulle cause reali che hanno condotto al disastro epidemico (sfruttamento delle risorse ed emergenza climatica, in primo e secondo luogo), dall’altro proteggere il sistema lobbystico in vigore su scala planetaria, incrementando al contempo quello delle case farmaceutiche con il ricorso indiscriminato alla vaccinazione di massa (che previene dal virus, peraltro così così, e non cura).
“Dalla Cina agli Stati Uniti, la maggior parte dei governi ha iniziato chiudendosi nel rifiuto. Prima in Cina il governo centrale ha cominciato col punire il medico di Wuhan che aveva lanciato l’allarme e che è morto pochi giorni dopo di Covid-19. Poi, in Europa, la maggior parte dei governi ha dato la priorità alle esigenze della globalizzazione rispetto a qualsiasi altra considerazione. In un mondo basato sull’accelerazione dei flussi, sembrava impensabile ostacolare il movimento di beni e persone. E quando le frontiere sono state chiuse da oppositori espliciti della globalizzazione come Donald Trump, il virus è stato lasciato a se stesso all’interno del territorio, attaccando fatalmente i più poveri e vulnerabili. Qui, come là, sembrava impensabile attaccare ‘l’economia’. I neoliberali mondialisti e gli ultraliberali nazionalisti erano d’accordo almeno su una cosa: questo virus doveva essere lasciato in pace, sia perché non era poi così grave (un’ “influenzina”) e il nostro sistema sanitario “era pronto”, sia perché eliminava solo i deboli e risparmiava i forti”. (pagg. 27-28)
Sotto le patine del benpensantismo e della retorica, così vanno le cose, negli stati capitalisti del mondo occidentale. Alla luce di tutto questo La democrazia in pandemia è dunque un saggio disalienante. Un pamphlet indignato, coraggioso, intelligentemente oppositivo. Un saggio da tenere a portata di mano e consultare spesso: serve a tenere alta la guardia del pensiero critico (se ce ne rimane) contro il coro dei sottomessi, in buona o in mala fede, alle dittature striscianti del liberalismo mondiale.
La democrazia in pandemia
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