La dissolvenza della memoria di Lauro Zanchi

La dissolvenza della memoria (IoScrittore 2020, ebook disponibile in tutti gli store on line al prezzo di €3,99) è il romanzo del lombardo Lauro Zanchi, uno dei vincitori del torneo letterario IoScrittore, del Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Lo scrittore, nato a Crema dove vive, insegna tecnologie informatiche, è esperto di didattica multimediale, nuovi media e social network e ha vinto vari riconoscimenti letterari, tra cui il XXXVI Premio Letterario Cava de Tirreni 2019.

“Mi chiamo Vittorio Verbini e sono un uomo felice. Ho realizzato tutto quello che volevo nella vita, anche se è stata una vita senza sussulti”.

Vittorio ha sposato Federica, una ragazza conosciuta ai tempi della scuola, che gli ha dato due figli esemplari: Marino e Loredana, il primo già laureato e la seconda prossima a laurearsi in Legge. Quella di Vittorio finora è stata una vita senza sussulti con un lavoro di maestro elementare, che l’ha appagato. Un lavoro impegnativo, anzi una vocazione, fatto con passione, forse perché Vittorio non ha mai dimenticato la sua maestra Lucia, che l’aveva aiutato a risolvere i suoi problemi comportamentali.

Il padre di Vittorio appartiene a una delle famiglie più nobili di Crema, è uno stimato avvocato e avrebbe voluto che il figlio seguisse le sue orme, considerato che era tutto pronto, studio legale e clienti. Tutto invano, perché Vittorio ha scelto invece quello che desiderava fare. La madre di Vittorio è sempre stata orgogliosa del suo unico figlio, perché in Vittorio vedeva quello che non aveva potuto fare lei: trasmettere la sua immensa cultura. La strana concezione sociale durante gli anni della giovinezza della madre di Vittorio non prevedeva la possibilità che la moglie del rampollo di una delle famiglie aristocratiche della città potesse lavorare.

Una vita felice e agiata quella di Vittorio, e una grande passione coltivata fin da bambino, la bicicletta, nata all’improvviso quando da piccolo aveva visto passare il Giro d’Italia. Tutto cambia il giorno nel quale l’uomo accusa un malore e dopo aver fatto gli esami clinici gli viene diagnosticata la talassemia, malattia ereditaria del sangue caratterizzata da un’anemia cronica. Per fortuna quella di cui soffre Vittorio è la talassemia intermedia, cioè la forma più lieve della malattia. Può restare latente tutta la vita, oppure conclamarsi in età adulta, come è successo ora a Vittorio, che è stato un portatore sano fino a qualche mese fa, fino a quando la malattia si è manifestata. La talassemia è una malattia genetica ereditaria, quindi il padre o la madre di Vittorio avrebbero dovuto essere portatori sani della malattia, ma entrambi risultano sani.

“Quindi mio padre e mia madre non sono mio padre e mia madre?”.

Ma non è forse vero che i padri e le madri sono quelli che ci amano e ci crescono?
L’autore descrive con realismo e partecipazione la sofferenza del protagonista del romanzo, che vede la propria vita andare in frantumi, non a causa di una malattia, peraltro curabile, ma per una verità non detta. In seguito a un forte trauma e a un dramma subito da bambino, la memoria di Vittorio si è dissolta, lacerata. Per scoprire la verità non resta altro che tornare indietro nel tempo.
La scoperta sarà per l’uomo doppiamente dolorosa, visto che la vicenda del piccolo Vittorio è legata a una grande tragedia italiana, quella del Vajont, disastro ambientale e umano avvenuto in Friuli Venezia Giulia la sera del 9 ottobre del 1963 quando una frana fece esondare la diga del Vajont causando la morte di oltre 2.000 persone.

“Sono un uomo senza terra, le mie radici sono state estirpate lassù. Il Vajont, Longarone. Raccontato cento volte, con gli occhi curiosi dei miei bambini puntati addosso; improvvisamente avvolti da compassione, da composto rispetto, come i bimbi sanno essere di fronte alle tragedie immani”.