La grande casa
- Autore: Nicole Krauss
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2011
La scrittrice ebrea americana Nicole Krauss che ci aveva già regalato due romanzi belli e complessi, “La storia dell’amore” e “Un uomo sulla soglia”, torna di nuovo a pubblicare con Guanda il recentissimo “La grande casa”.
Il titolo del libro è una citazione biblica, tratta dal Libro dei Re, che rimanda alla bimillenaria distruzione della Casa del Signore, da cui da sempre gli ebrei sono segnati.
Nicole Krauss, moglie del celebre Jonathan Safran Foer (come sono rare da noi le coppie di scrittori, se si escludono Moravia-Morante!), ritorna su alcuni dei temi a lei cari: il reinserimento nella vita normale dopo la shoah di ebrei sopravvissuti, il tormento dell’essere scrittori, il rapporto difficile uomo/donna, genitori/figli in società diverse ed in diversi momenti del “dopo” Seconda guerra mondiale. La storia percorre gli anni dal 1972 a tempi più vicini a noi e si svolge raccontando la storia di diversi personaggi, in luoghi distanti nello spazio e nel tempo.
New York, anni ’70: la narratrice incontra il giovane poeta cileno Daniel Varsky che, in procinto di trasferirsi nella sua patria, gli lascia in prestito, chissà per quanto, una sua enorme scrivania, dotata di molti cassetti, uno dei quali chiuso a chiave. Tra i due scatta una passione breve ed intensa, della quale poi resterà il ricordo, nel tempo, legato soprattutto all’ingombrante scrivania, che diverrà per la scrittrice il luogo fisico dell’ispirazione e della creatività. La storia si sposta poi in Inghilterra, tra Londra ed Oxford, dove vive con il marito Lotte Berg, una scrittrice sopravvissuta allo sterminio, fragile e misteriosa, che nasconde anche a suo marito segreti inconfessabili: è lei la proprietaria della famosa scrivania, è lei che l’aveva donata molti anni prima a Daniel Varsky, sorprendendo il marito che aveva sospettato che egli fosse stato il suo amante.
Ma ci sono ancora altri personaggi nel caleidoscopico gioco ad incastro costruito dalla Krauss: Leah e Yoav Weisz, due fratelli anglo-israeliani, il cui padre, l’antiquario George Weisz, ebreo di Budapest, cerca da sempre mobili appartenuti a famiglie ebree per restituire ai sopravvissuti una parvenza di vita come era stata prima della shoah; e ancora il vecchio Aron e suo figlio Dovik, tornato in Israele da Londra dopo la morte della madre, una storia di incomprensioni profonde tra padre e figlio.
Seguire tutte le storie labirintiche del romanzo della Krauss, da Gerusalemme e New York, da Oxford a Londra, appare quasi un’impresa, ma la qualità della scrittura, la descrizione dei personaggi, l’analisi psicologica dei rapporti e dei sentimenti, la sensibilità che la scrittrice dimostra ne fanno giustamente una delle più grandi scrittrici americane viventi, tanto da essere segnalata dal “New Yorker” come una dei venti migliori scrittori americani sotto i 40 anni.
Bellissime le pagine dedicate al ruolo dello scrittore:
“Lo scrittore adempie a una più alta missione, a quella che solo in ambito religioso e artistico si definisce una vocazione, e non può preoccuparsi troppo dei sentimenti di coloro di cui prende in prestito la vita... Non è un contabile, né è obbligato ad assumere il ruolo ridicolo e fuorviante della guida morale.”
La grande casa
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