La grande razzia

Melita Cataldi, ricercatrice sul mondo celtico, ha curato l’edizione del Táin Bó Cúailnge, un poema irlandese semisconosciuto dandoci un altro tassello della misteriosa civiltà celtica.

Alla scuola media si insegnano (sempre meno) le imprese di Sigfrido, i romanzi di re Artù, il ciclo carolingio, ma gli eroi del mondo irlandese e gallese sono sconosciuti al grande pubblico.
Tra l’VIII e l’XI secolo venne fissato per iscritto "La grande razzia", poema epico irlandese che ci racconta di questo mondo così diverso dal nostro.
La trama si può accennare: Medb, regina del Connachta, regione dell’Irlanda sudoccidentale, vuole entrare in possesso di un toro dell’Ulaid. Organizza perciò una spedizione con un esercito guidato da Fergus, generale e amante di Medb, perché il marito è troppo stanco per combattere prostrato da una strana debolezza che lo priva di ogni forza. L’unico che si oppone alla regina è Cú Chulainn, eroe multiforme, che la contrasta con ogni mezzo. Non dico altro anche se il lettore può intuire il finale.

L’opera è ben tradotta, ma conserva alcuni passaggi oscuri, perché alterna poesia e prosa, formule magiche e precetti di saggezza. È interessante il fatto che il nemico di Cú Chulainn sia una donna, sia pure regina. È chiaramente il segno che la religione patriarcale, politeista o monoteista che fosse, ha vinto su quella matriarcale. Le dee sono relegate al ruolo di streghe malefiche e Medb è una regina che rende impotenti gli uomini e perciò doppiamente detestata.
D’altro canto l’eroe maschile parte da una situazione in cui usa la forza fisica a una in cui prevale la sfera razionale, ciò può voler dire che il testo ha subito nel corso del tempo varie modifiche.
Le tematiche sono molte: la sacralità del giuramento al re, i rapporti di amicizia, il concetto di onore ed è interessante riscoprirle attraverso una lettura che vivamente consiglio a chi non si accontenta solo di sognare, ma anche di capire perché sogna.