La guerra addosso. Grandi guerre e piccole storie familiari
- Autore: Giuseppe Del Ninno
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Volenti o nolenti, nelle guerre 1915-18, 1940-45 e nei due dopoguerra sono stati militari, soldati, graduati, ufficiali. Erano i nonni, i padri, gli zii dei ragazzi che sono nati negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, la generazione boomer, soggetta a sua volta alla leva obbligatoria fino alla fine del Novecento. Un secolo di giovani in uniforme. Sono stato uno di quei bambini e, un ventennio dopo la seconda guerra mondiale, bramavo letteralmente testimonianze e ricordi da tutti i parenti e conoscenti che avevano fatto i conflitti e la naja. Chiedevo anche cimeli e oggetti, provando la stessa curiosità per il grigioverde del collega Giuseppe Del Ninno che di quelle esperienze, ascoltate e raccolte, ha fatto un libro che definisce di docu-narrativa, La guerra addosso. Grandi guerre e piccole storie familiari, pubblicato da Oaks Editrice nella collana Vite convergenti (Sesto San Giovanni, novembre 2023, 152 pagine) con il corredo di numerose immagini private d’epoca in bianconero.
Per quanto Giuseppe sia più avanti d’età, condividiamo l’iscrizione all’Albo dei giornalisti, un legame affettivo-emotivo con l’isola d’Ischia, la passione per la storia militare e molto altro, ritengo. Del Ninno però non è solo giornalista, ma anche scrittore e traduttore. Nato a Napoli, vive a Roma con l’Isola Verde nel cuore e Parigi sul passaporto. Nel corso di un’intensa attività pubblicistica ha collaborato con diversi quotidiani e riviste, contribuendo a fondarne alcune e pubblicando diversi libri.
Dedica questo libro “a due alberi genealogici: quello mio e quello di mia moglie”, famiglie-immagine della società italiana, soprattutto del primo Novecento. È interessante verificare quanto le vicende di componenti di questi nuclei familiari - c’è spazio anche per la parte femminile - abbiano interagito con la storia collettiva nei periodi più convulsi del secolo scorso. Del resto, è uno degli obiettivi che ha guidato Giuseppe, dopo un romanzo e saggi sul cinema sugli anni Settanta, agli ultimi decenni del ’900.
Due famiglie italiane esemplari di un’epoca. Il nonno paterno Giuseppe, irpino, è stato carabiniere nella Grande Guerra. Il bisnonno materno, Lorenz, addirittura ufficiale dell’Esercito austroungarico. Papà Ormisda e i fratelli hanno servito da militari nella seconda guerra mondiale, come gli zii della moglie. Il suocero ha comandato un reparto partigiano. Rami familiari si sono trasferiti oltreoceano, quello materno in Argentina, il paterno negli Stati Uniti, tanto da diventare proprietari di supermercati, petrolieri, ufficiali di Marina. Un cugino del padre riposa nello storico cimitero militare di Arlington.
L’obiettivo dichiarato del lavoro di Del Ninno è trasmettere come lascito ai nuovi italiani una memoria del mondo "antico" dal quale provengono e dei valori di chi li ha preceduti. Senso del dovere, amor patrio,
accettazione del proprio destino, anche il coraggio innescato dalle circostanze e, almeno per i più giovani, il pizzico d’incoscienza tipico dell’età.
Il primo a essere rievocato dal discendente è Lorenz Auer, protagonista di un episodio rilevante che lo aveva ferito. Nel luglio 1916, gli era stato ordinato di raggiungere rapidamente Trento col suo reparto, per accompagnare al patibolo due ufficiali italiani sudditi dell’Impero che avevano scelto di combattere per il Regno d’Italia. Cesare Battisti e Fabio Filzi, catturati in una controffensiva sul monte Corno e condannati a morte per alto tradimento dopo un processo sommario, vennero strangolati nel Castello del Buon Consiglio al tramonto del 12 luglio. Una liturgia tragica e sbrigativa: i condannati erano in abiti civili e in atteggiamento composto. Era stato letto il dispositivo della sentenza, poi aveva agito il boia. Alcuni dei militari presenti, che si erano già distinti in urla e accuse, al rompete le righe avevano urinato sui corpi esanimi distesi a terra. Nessuno del reparto si era mosso. Era tra i pochissimi racconti concessi dall’ex ufficiale, a guerra perduta, agli amici di Campo Tures, mai alla famiglia.
Tenero il ricordo di nonno Francesco Manlio Conte, sottotenente di fanteria, ferito alle gambe da uno scoppio nell’ultimo di sette assalti sull’Altopiano di Asiago, sempre nel 1916, prima di “essere restituito alla realtà domestica con il suo carico di memorie e disillusioni”. Difficile, per il piccolo Giuseppe di sette-otto anni, riconoscere un valoroso ufficiale nell’anziano affossato nella poltrona, con una tavoletta di compensato sulle ginocchia. Passava buona parte delle sue giornate a incolonnare carte da gioco sul ripiano, intento a vincere e soprattutto perdere infiniti solitari con carte multicolori, “a volte inventandosi deroghe di gioco” pur di avere la meglio almeno sui re di coppe e di spade, donne e cavalli di bastoni e di denari.
In famiglia, anche un comandante partigiano.
Papà, hai mai ucciso qualcuno in guerra?
Non chiedere, sono fatti personali.
Spicca la buona ventura del fratello maggiore del padre, Silvio, scampato grazie a un collega carabiniere dal rastrellamento in un cinema dopo l’attentato di via Rasella a Roma. Sarebbe finito probabilmente tra i fucilati nelle cave Ardeatine.
Provvidenziale, per la suocera Maria, l’ufficiale delle SS, originario dello stesso paesino tirolese, che l’ha sottratta ad una probabile detenzione in via Tasso.
"Che ci fai qui Midl?”. Ordinò di rilasciarla: “la conosco bene, siamo cresciuti insieme".
Di quel giovane tirolese non si è saputo più niente: come le fugaci presenze celesti, non si è più materializzato.
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