La guerra di indipendenza. Protagonisti e battaglie della rivoluzione americana
- Autore: Roberto Chiavini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
L’indipendenza degli Stati Uniti dalla Gran Bretagna, l’evento che ha cambiato la storia del mondo a venire nella seconda metà del XVIII secolo, prima della Rivoluzione francese. Roberto Chiavini, storico e scrittore di fantastico, esperto di cinema e di giochi, ha trattato il tema alla sua maniera, nel volume La guerra di indipendenza. Protagonisti e battaglie della rivoluzione americana, in commercio dalla fine di febbraio (2021, 224 pagine), nell’abituale ottima impaginazione grafica e fotografica della casa editrice Odoya. Fatti, protagonisti, schede, immagini in bianconero, cartine. In coda, anche capitoletti su come la letteratura, il cinema, perfino i giochi da tavolo e i wargames digitali hanno raccontato quegli eventi fondanti per l’intera comunità mondiale occidentale.
Gli americani, perfino gli scolari, conoscono perfettamente la storia della loro rivoluzione, non sfugge nessuno dei personaggi, dal Paul Revere della mitica cavalcata per informare i rivoltosi dell’arrivo delle colonne inglesi, ai minutemen (cittadini pronti in un minuto all’azione), fino all’ultimo tamburino. In ogni, anniversario della dichiarazione d’indipendenza del 1776, il 4 luglio, rievocazioni in costume impegnano figuranti di ogni età. Ma per gli italiani può essere utile un ripasso delle fasi principali della rivolta delle tredici colonie nordamericane contro la Corona inglese, cui erano soggette.
La distanza dalla madrepatria britannica avrebbe certamente condotto prima o poi all’emancipazione, ma il processo di autonomia venne accelerato dall’imposizione di nuove tasse nelle tredici colonie (New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia). Un lungo elenco di imposte, che colpiva anche il consumo del thè ed era esteso all’uso della carta (lo Stamp Act del 1765). Questo provocò uno stato di agitazione nei territori, che chiedevano autonomia nell’imposizione fiscale. I coloni si divisero tra indipendentisti e lealisti, tutti si armarono e dall’Europa vennero inviati rinforzi alle truppe britanniche composti in gran parte da mercenari tedeschi, gli ottimi assiani.
Nei primi anni, epicentro degli scontri fu la città di Boston. La tensione cresceva e si contavano i primi morti, cittadini uccisi nel corso delle proteste. La scintilla della rivoluzione scoccò il 19 aprile 1775, quando i miliziani reagirono col fuoco intenso al tentativo di un reparto inglese di sequestrare un deposito d’armi e munizioni nell’area di Lexington e Concord, nel Massachusetts.
Le colonie ribelli si riunirono in Congresso a Filadelfia e il 4 luglio 1776 si dichiararono indipendenti dall’impero britannico, adottando la forma repubblicana parlamentare, professando il liberalismo economico e affermando la libertà, l’uguaglianza e la parità degli uomini. Londra reagì con forza, ottenne qualche successo locale, occupò e rioccupò territori anche importanti, ma non ebbe mai la meglio sull’esercito continentale, guidato dal generale George Washington, che nel 1777 riportò il successo nella battaglia campale di Saratoga. Alle truppe nordamericane si aggiunsero quelle della Francia, eterna rivale della Gran Bretagna, anche nelle recenti guerre indiane che avevano assicurato agli inglesi il controllo del Canada.
Nonostante la vittoria del gen. Cornwallis a Charleston nel 1780, ai britannici mancarono forze sufficienti — né davano affidamento i lealisti locali — per domare la ribellione indipendentista, controllando i territori dai quali avevano respinto l’esercito americano.
Alla fine del 1781, la riscossa yankee venne sancita dalla vittoria a Yorktown e due anni più tardi, nel settembre 1783, il trattato di Parigi riconobbe gli Stati Uniti d’America come nazione indipendente e trattenne alla Corona di re Giorgio III il solo Canada, a settentrione dei grandi laghi. La Francia guadagnò il Senegal, Trinidad e Tobago. Ottenne la Florida come compenso anche la Spagna, alleata non belligerante dei vincitori.
Nel corso delle operazioni militari, alcuni dei problemi inglesi — messi in luce da Chiavini — erano stati la mancanza di stima reciproca tra i vertici militari, le incompatibilità caratteriali e le incomprensioni. Il Thomas Gage dei primi giorni si rivelò debole. William Howe, primo vero comandante in capo, assistito dal fratello ammiraglio Richard, aveva nel sostituto Henry Clinton il più acido critico, che a sua volta doveva sopportare la disapprovazione del suo secondo in comando, Charles Cornwallis, di ben diverse visioni strategiche. Per non dire del più alto in grado delle forze navali, Marion Arbuthnot, fin troppo cauto e frenato dai dubbi.
Naturalmente ci sono schede di approfondimento anche per i condottieri nordamericani George Washington, Benedict Arnold e altri, compreso il marchese francese La Fayette.
Chiavini analizza le campagne militari principali, mettendo in evidenza l’andamento e gli uomini che vi presero parte, per dimostrare come una rivolta di popolo, sostenuta da nobili ideali, abbia potuto riscuotere un imprevedibile successo, dando vita alla Nazione americana.
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