La psicoanalisi
- Autore: Pierre Janet
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2014
Qualcuno di voi conosce un analista che oggi come oggi sia rimasto rigorosamente freudiano? Sapete di quelli imperturbabili, immoti, barbuti (se uomini), scarsamente annuenti, fissati con le nevrosi di discendenza sessuale, con divanetto terapeutico annesso: ne esistono ancora? Sparare su Freud al tempo della dittatura gestaltico-junghiana è un po’ come sparare sulla classica croce rossa. Questo sapido volumetto Bollati Boringhieri (“La psicoanalisi”, 2014) ri-edizione dell’intervento che il filosofo-psicologo Pierre Janet tenne al congresso londinese di medicina nel 1913, sembrerebbe autorizzare (se non addirittura benedire) il trend freudiano-scettico, dipingendo (stringi stringi) il “presunto” scopritore dell’inconscio come abile utilizzatore finale di tesi altrui. Adesso reggetevi perché non invento nulla e sto per riportare alcuni stralci di prova dall’inappuntabile commento-sintesi-introduzione al volume di Maurilio Orbecchi:
“Il concetto di inconscio esiste da sempre e ha attraversato tutta la storia della filosofia, sia pur con terminologie differenti, dal ‘daimon’ greco, alla reminiscenza platonica, al pensiero intuitivo di Plotino. Il vocabolo ‘inconscio’ è una voce dotta del latino tardo, già presente in Marziano Capella (IV-V secolo), Cassiodoro (VI secolo) e altri di quel periodo (…) In italiano (…) il termine entra nel lessico dal suo sorgere e si trova nella letteratura fin da Boccaccio, per poi fiorire con i romanzi inglesi e tedeschi. In filosofia, la nozione di inconscio è stata utilizzata da Leibniz, Christian Wolff, Fichte, Kant, Shelling, von Hartmann (che nel 1869, quando Freud aveva tredici anni, pubblicò una ‘Filosofia dell’inconscio’ in due volumi), Shopenauer e in particolare da Nietzsche (…) Lo stesso termine Es, che Freud adoperò per denominare l’inconscio, è di Nietzsche, come riconosce lo stesso Freud” (pag. 8-9).
E adesso come la mettiamo? Giusto per dare al padre della patria psicoanalitica quel che è suo, senza togliere nulla al validissimo Pierre Janet (che per questo scritto venne tacciato di “eresia” dalla setta dei freudiani duri e puri) potremmo sostenere che Freud ha piuttosto sistematizzato il termine "inconscio", conferendogli statuto di “scientificità”, forte anche dello charme e dello stile accattivante dei suoi libri che lo resero popolare fin quasi al misticismo e le sue analisi dogmi di fede. Sostiene invece Janet che l’indagine intorno alla materia della nostra psiche è talmente sfrangiata da presupporre, come minimo, il beneficio di inventario, di tutto tranne che la visione semplificativa e quasi “mistica” della sessualità avrebbe bisogno, per esempio. E se vi scappa di malignare che simili prese di posizione siano da ricondurre a livore scientifico bello e buono, siete fuori strada: Janet è stato infatti tra i pensatori-psicologi più importanti della sua epoca (la stessa di Freud), autore di scritti fondamentali sulla dissociazione e sul trauma psicologico: anche alla luce di queste credenziali questo suo “La psicoanalisi” dovrebbe, quanto meno, indurre a riflettere. Il libro è pubblicato in formato agevole nella collana “Incipit” e costa (appena) 13 euro.
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