La quarta Italia
- Autore: Joseph Roth
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Castelvecchi
- Anno di pubblicazione: 2013
I reportages di Joseph Roth sull’Italia fascista, tenuti per conto del quotidiano «Frankfurter Zeitung», furono all’origine della clamorosa rottura con l’editore tedesco. Gli articoli ‘italiani’ risalgono all’autunno del ’28 e costituiscono un cammeo ironico e mordace dei tic che attanagliavano la penisola ai tempi della dittatura.
Roth annota gesti, voci, scene che ci consegnano un quadro ai limiti dell’assurdo, ma di un assurdo estremamente concreto, senza che la scrittura abbia bisogno di attingere ad alcun vezzo, a nessun artificio stilistico per svelare più di quello che non sia alla portata del buon senso di qualsiasi osservatore. In tempi di navigazione della democrazia in acque piuttosto infide, il piccolo cosmo feuilletonista della pubblicazione di Castelvecchi, a cura di Susi Aigner, si propone al lettore come una scelta editoriale particolarmente efficace. Nel mostrarci senza troppi giri di parole gli inconvenienti di un controllo capillare esercitato nei confronti dell’individuo e della sua libertà di opinione, nel catturare le nevrosi di una società occupata a reprimere il diritto a manifestare ed esprimersi, Roth ci sprona infatti a vigilare su quel mos maiorum legato a un sano esercizio politico, la cui compromissione non può che avere ricadute immediate sulle nostre vite.
Se si pensa poi che proprio i dissapori seguiti ai tagli che il giornale riservò a questi articoli sono all’origine del temporaneo allontanamento del loro autore dalla redazione (tra agosto del ’29 e maggio del ’30), quel che qui si legge sul diritto all’informazione, la libertà di stampa, l’indipendenza del reporter suona come una professione di fede. In realtà il distacco da Benno Reifenberg (direttore della «Frankfurter») è legato anche ad altre ragioni: gli accordi presi con la casa editrice Kiepenheuer, vicina al giornale, per la pubblicazione del Panoptikum (in italiano Il Museo delle cere) erano saltati, contribuendo all’irritazione dello scrittore. Nello stesso periodo, le condizioni di salute della moglie Friederike Reichler, affetta da schizofrenia, andavano peggiorando e Roth aveva bisogno di maggiori entrate per poterne garantire le costose spese di cura in cliniche specializzate. Il contratto offerto dal «Münchner Neueste Nachrichten», antenato della «Süddeutsche Zeitung», costituiva un’offerta vantaggiosa in un momento di difficoltà personale e di ricerca di nuovi sbocchi alla propria carriera. È un fatto però da non sottovalutare, se si vuole approfondire la personalità rothiana, che in nessun momento abbia svenduto o rinunciato alla lucidità delle proprie analisi, anche quando potevano creare imbarazzi e contrasti, a differenza di molti altri colleghi. Negli articoli sulla dittatura di Mussolini, sebbene Roth non abbia bisogno di disegnare caricature delle situazioni che è impegnato a raccontare – la dittatura è già di per sé sconcertante caricatura – affiora qua e là una pungente dose di humor, ma di un’ironia assai disincantata si tratta, la stessa che si respira in mezzo a un accampamento di girovaghi.
«Anche i bambini di tanto in tanto urlavano con vocine chiare e sforzate un convinto “Haaa!”. Era veramente scoraggiante. Pensavo a canarini che nascono imprigionati e che imparano certe melodie dagli imitatori delle voci d’uccello. Se una volta, per caso, si trovassero in libertà, non sarebbero più in grado di zufolare. La storia non ci racconta niente di preciso sull’infanzia dei Gracchi. Ma si può presumere che all’età di otto anni non gridassero “Haaa” e “Alalà”»
Dietro le cravatte sgargianti degli informatori italiani, dietro la loro aria platealmente esibita, dietro il clamore marziale delle adunate, dietro le mille ossessioni della censura, nel forzato ottimistico slancio dell’ordine s’intravede un precipizio di valori e identità. In quel salto finiranno tutti: i liberali di Weimar, gli esuli austriaci e tedeschi che di lì a poco riempiranno le strade di Parigi, la povera Friederike, vittima del programma di eutanasia, promosso e perseguito dal nazismo, Roth stesso, aggrappato ai brandelli della propria esistenza di ebreo orientale, rara personalità di esule-funambolo, indissolubilmente legato alle sorti dell’impero austro-ungarico.
Tra le righe di questa critica disinvolta quanto fulminante, non manca la precognizione di un pericolo che dall’Italia già sentiva incombere sul resto d’Europa.
- Titolo: La quarta Italia
- Titolo originale: Das vierte Italien
- Cura e traduzione: Susi Aigner
- Editore: Castelvecchi
- Anno di pubblicazione: 2013
- Per approfondire si veda anche il post sul mio blog: Joseph Roth - Viaggio in Russia (Reise nach Russland)
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