La ragazza Carla di Elio Pagliarani apparve per la prima volta nel 1959 sul quattordicesimo numero della rivista “Nuova Corrente” nella quale ne furono pubblicati alcuni frammenti con il titolo Progetti per la ragazza Carla. L’edizione definitiva del poemetto sarebbe uscita l’anno successivo sul Menabò e, in seguito, edita da Mondadori nel volume La ragazza Carla e altre poesie (1962).
Si tratta di un poema unico nel suo genere che, all’epoca, inaugurò un nuovo modello di poesia narrativa e segnò l’inizio della narrativa della neoavanguardia, un movimento letterario caratterizzato dall’alta sperimentazione formale. Nel suo lungo racconto in versi Pagliarani, tra i maggiori esponenti del celebre “Gruppo 63”, narrava una “moderna educazione sentimentale” presentandoci un personaggio femminile inconsueto, ormai sulla strada dell’emancipazione.
Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all’ombra del Duomo.
La protagonista è una diciassettenne come tante, Carla Donghi, che vive con la madre vedova in un appartamento alla periferia di Milano e trova lavoro come dattilografa in un ufficio. Attraverso la vicenda esistenziale e professionale di Carla, Pagliarani dà voce a un mondo nuovo - che sino a quel momento aveva avuto poco spazio nella narrativa - narrando la società industrializzata, alienata di metà Novecento in cui il lavoro diventa meccanico e dà origine a vere e proprie nevrosi.
Sullo sfondo di una Milano grigia, sulla quale si staglia implacabile un “cielo d’acciaio che non concede smarrimenti”, entriamo nella vita della giovane Carla e ne seguiamo il cammino nella quotidianità frenetica di una società sull’orlo del boom economico. Carla ci svela a poco a poco le insicurezze, le sue fragilità, i fallimenti e le prime relazioni sentimentali che sfociano nel niente. La sua figura emerge dal fondo del caos cittadino e lei è una ragazza come tante, ancora straordinariamente attuale: sensibile e scontrosa e fondamentalmente impreparata alla vita.
Vi proponiamo la parte iniziale del lungo poemetto e l’analisi complessiva dell’opera.
La ragazza Carla di Pagliarani: testo
Di là dal ponte della ferrovia
una trasversa di viale Ripamonti
c’è la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e Nerina.
Il ponte sta lì buono e sotto passano
treni carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente che cammina
i camion della frutta di Romagna.
Chi c’è nato vicino a questi posti
non gli passa neppure per la mente
come è utile averci un’abitudine
Le abitudini si fanno con la pelle
così tutti ce l’hanno se hanno pelle
Ma c’è il momento che l’abito non tiene
chissà che cosa insiste nel circuito
o fa contatto
o prende la tangente
allora la burrasca
periferica, di terra,
il ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può cascar sotto
e i film che Carla non li può soffrire
un film di Jean Gabin può dire il vero
è forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il cuore impreparato, per esempio, a due mani
che piombano sul petto
Solo pudore non è che la fa andare
fuggitiva nei boschi di cemento
o il contagio spinoso della mano.2.
Il satiro dei boschi di cemento
rincasa disgustato
è questo dunque
che ci abbiamo nel sangue?
O saranno gli occhiali? Intanto è ora
che si faccia cambiar la montatura.3.
Se si diventa grandi quando s’allungano
le notti, e brevi i giorni
ecco ci sono dentro
sembra a Carla di credere, e sta attenta a non muoversi
ché il sonno di sua madre è così lieve nel divano accanto
– ma dormirà davvero, con Angelo e Nerina
che fanno cigolare il vecchio letto
della mamma!
e Carla ne commisura il ritmo al polso, intanto che sudore
e pelle d’oca e brividi di freddo e vampe di calore
spremono tutti gli umori del suo corpo. E quelle
grida brevi, quei respiri che sanno d’animale o riso nella
[strozza
ci vogliono
all’amore?
E Piero sul ponte, e la gente –
tutta così?
S’addormenta che corre in una notte
che non promette alba
sul ponte che sta fermo e lì rimane
e Carla anche.
La ragazza Carla di Pagliarani: un’analisi
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Nel corso del poemetto Elio Pagliarani ci racconta la vicenda esistenziale della giovane protagonista, Carla Dondi, di diciassette anni. Alla storia individuale di Carla fa da controcanto quella di un’intera società: c’è la Milano della nebbia, degli uffici, dei lavoratori pendolari che bevono un caffè nell’alba lattiginosa della prima mattina. Raccontando, con un linguaggio atono e cronachistico la storia della sua Carla, Pagliarani ci immerge nella società italiana degli anni Cinquanta, alla vigilia del boom economico.
Tutto ha inizio nel 1947, in via Ripamonti, alla periferia di Milano dove Carla vive con la madre e la sorella Nerina. La madre, rimasta vedova, sbarca il lunario confezionando pantofole; mentre Nerina sta per sposare Angelo che è tornato dalla guerra e ora lavora in un’industria. La giovane Carla per aiutare economicamente la famiglia decide di iscriversi a un corso serale come dattilografa. Nel mentre è corteggiata da Pietro, un ragazzo infatuato di lei, ma che non capisce il suo bisogno di romanticismo. Terminato il corso Carla troverà impiego presso la Transocean Limited, una società che ha sede in Piazza Duomo, e inizierà per lei una quotidianità monotona scandita dalle ore d’ufficio. La seguiamo mentre viaggia a bordo del tram, corre nella piazza, sopporta le avances sempre più insistenti dei colleghi. Il linguaggio di Pagliarani si fa metamorfico adattandosi alle varie situazioni, muta continuamente integrando anche termini inglesi, neologismi, persino slogan pubblicitari.
Proprio nella seconda parte si consuma il momento più drammatico del poemetto: Carla subisce le molestie del suo principale e, una volta tornata a casa, sconvolta racconta tutto alla madre; ma la madre le consiglia di dimenticare e fare finta di niente. Vediamo quindi la trasformazione di Carla, che d’improvviso non è più la ragazza insicura e impreparata, ma si mette il rossetto e si cala nel suo nuovo ruolo. Il poemetto di Pagliarani si conclude tristemente, malinconico così com’era iniziato. Non c’è respiro e non c’è luce in questa Milano avvolta dalla nebbia che racchiude l’esistenza di Carla nella lenta traversata dall’adolescenza al mondo adulto.
Attraverso La ragazza Carla fonda un mito moderno, narrandoci la società capitalistica nella quale siamo immersi attraverso un punto di vista che è al contempo individuale e molteplice. È difficile dire dove si interrompa la voce del narratore e dove inizi quella di Carla; nulla è narrato in prima persona, tutto è filtrato da un narratore che tuttavia non è mai oggettivo. Peculiare è anche la struttura del poemetto che sembra procedere come un montaggio cinematografico attraverso frammenti, episodi, ritagli.
Nella graduale presa di contatto di Carla con il mondo fuori dall’appartamento di via Ripamonti sembra snodarsi, di volta in volta, la visione dell’epica moderna della società capitalista in cui tutto corre, niente è fermo; ma il progresso continuamente inseguito tarda ad arrivare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La ragazza Carla” di Elio Pagliarani: una moderna educazione sentimentale
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