La ragazza unicorno
- Autore: Giulia Sara Miori
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2024
Riuscire a trovare un libro che stupisca per raffinatezza simbolica non è semplice. Il titolo, La ragazza unicorno, e la copertina infatti rimandano a tutt’altro rispetto al contenuto della trama, individuarne e interpretarne il significato qui è il più sublime dei giochi letterari.
Considerando che la scoperta del libro è avvenuta per puro caso scrollando la home di google sul mio smartphone, si può dire in effetti che questa volta l’algoritmo ha davvero azzeccato l’oggetto di interesse.
La penna di Giulia Sara Miori infatti riesce a condensare formalmente una storia dal ritmo narrativo incalzante in cui ambientazione e personaggi vengono descritti in maniera plastica ed essenziale quasi come fosse una forma di sceneggiatura cinematografica.
La peculiarità del suo stile in questo libro è di strutturare e predisporre abilmente l’effetto immersivo del lettore in una dimensione perturbante ed estraniante che, orientando il processo di affabulazione in una discesa introspettiva in cui la coscienza dell’istanza narrante filtra sé stessa e la realtà attraverso il riemergere del subconscio, contorna l’anima del protagonista con un’aura di profonda e oscura inquietudine allucinatoria, che emerge e prende vita in maniera devastante da un sommerso di un vissuto e di un presente non risolti e rigettati.
Questo tipo di descrizione della coscienza può essere individuata nell’ambito degli studi psichiatrici quali la maladaptive daydreaming e la più nota sindrome paranoide della personalità. Ma ovviamente in questa sede funge solo come moderna e - lasciatemi dire - originale cornice narrativa, che tuttavia potrebbe far confondere il lettore meno avvezzo al gioco dell’interpretazione parossisticamente metaforica del testo, ancorato a una lettura di superficie meccanica e dinamica degli eventi.
Protagonista è il signor Cattaneo, il prigioniero.
Volendo trovare dei riferimenti narrativi si potrebbe articolare la sua personalità sommando un trittico di personaggi cinematografici. Essendo un personaggio senza nome di battesimo e accecato dalla ricercatezza di un candore che tenti di ridefinire le sue azioni in cerca di un isolamento dal reale e di chiarimenti su sé stesso, il primo riferimento per il nostro prigioniero senza nome è appunto il signor nessuno, il Mr Nobody, Jared Leto, nel film di Jaco Van Dormael, in cui si assiste al suo arco di redenzione in seguito alla sua punizione per non aver voluto fare delle scelte che avrebbero definito e dato valore alla sua esistenza.
La vita lo avvilisce perché non riesce a riconoscere che deve “imparare a nuotare” ossia vivere appieno facendo delle scelte se vuole una vita che abbia un senso.
Nel film inoltre si utilizza simbolicamente il bianco scenografico esattamente come nel libro. Il secondo come dannazione esistenziale potrebbe essere il personaggio seriale di Rachel, interpretata da Claire Danes in Fleishman Is in Trouble, la quale scompare senza lasciare traccia di sé abbandonando famiglia e lavoro in preda a un fortissimo esaurimento nervoso, effetto di un presente in cui non si riconosce più.
Il terzo è il protagonista di Shame, film diretto da Steve McQueen, in cui Brandon Sullivan, interpretato da Michael Fassbender, percorre un sentiero di profondo disagio e smarrimento dettato dalle sue dipendenze sessuali e dalla mancanza di valori etici e sentimentali.
Temi preponderanti del tormento del prigioniero sono l’amore non coltivato, il senso di vuoto del proprio presente, l’alienazione moderata di una vita senza scopi, e l’inappagamento professionale in cui il lavoro non gratifica e si rispetta settimanalmente un programma di consumismo sportivo e sessuale regolato da mere pulsioni ormonali.
Un’email avvia la cospirazione contro la propria condizione umana in attesa di giudizio:
Tutti, in fondo, desideriamo essere giudicati.
Dirà un personaggio al nostro prigioniero. Giudizio in cerca di attribuzione di senso al suo tormento e viceversa, tassello iniziatico del percorso di elaborazione del lutto di se stesso o di ritorno alla vita, come quella della ragazza rivista sotto casa e ripescata dalle acque della memoria del trauma. È irriconoscibile. Non si sa nulla di lei.
Sarà davvero lei? La ragazza unicorno, dal cui volto amorfo non si può interpretare la storia del suo destino, come una moderna “Inconnue de la Seine”, della quale si potrebbe interpretare che è sconosciuta a sé stessa, come la persona che indossa una maschera, che nasconde una vita annegata nella memoria del rimpianto, e allo stesso tempo è immersa nel caotico presente; un divenire arreso a ciò che poteva essere e che non è stato, facendo in modo che ognuno divenga inconoscibile al mondo e sconosciuto a sé stesso.
Non vi è redenzione per i prigionieri, solo presa di coscienza di un sommerso che straborda e rimescola il presente contaminandolo senza appello. Anime dannate che non riescono a trovare un posto in un mondo in cui l’incomunicabilità del proprio stigma esistenziale, l’oppressione delle etichette sociali e lo smarrimento sessuale dettato dai propri istinti repressi o mal espressi, formano una prigione senza scampo.
Mi piace pensare che il prigioniero di questo romanzo tracci involontariamente un fil rouge con un altro romanzo, ovvero che sia un prequel, l’antesignano de il fuggitivo, anche lui senza nome, che approda sull’isola in L’invenzione di Morel, capolavoro di Adolfo Bioy Casares del 1940. Il protagonista quindi evolve in questa nuova dimensione introspettiva e surreale, approfondendo altre tematiche: filosofiche, sentimentali ed esistenziali, calate sempre in una cornice paranoide di ansia sociale derivante dalla paura della scoperta della propria presenza sull’isola. Il fuggitivo è prigioniero nella sua mente.
Infine riprendiamo la superficie, ossia la copertina; questa combinazione grafica potrebbe indicare l’accomodamento in questo (nuovo?) mondo fluido nel di cui gioco le regole sono in divenire, scomponendo in maniera definitiva i ruoli e le identità prestabilite.
La poltrona è invitante. Prego, sedete pure. Buona lettura.
La ragazza unicorno
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Una bella scoperta!
Un romanzo dalla sintassi fluida e dalla trama ambigua che consente al lettore di tracciare una libera interpretazione sui fatti accaduti e raccontati in terza persona da un narratore piuttosto inattendibile che semina indizi ma, allo stesso tempo, mescola le carte.
"Il prigioniero" così verrà chiamato il signor Cattaneo anche quando prigioniero non lo è ancora (o non lo sarà più) perché questa è la vera connotazione del protagonista: prigioniero di se stesso e delle convenzioni imposte dalla società.
Il finale sarà spiazzante, sarà "sospeso" in un contesto quasi nebuloso di una Milano grigia e misteriosa.
Il tessuto stilistico e narrativo è minimal e pulito ma ben congeniale alla narrazione di questo "new -weirdoir" (new weird + noir) caratterizzato da venature psicologiche.