La scoperta dell’Italia
- Autore: Mauro Canali
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2017
Il fascismo e la stampa americana? Amore a prima vista. Mussolini per i giornalisti a stelle e strisce? Un gigante buono, un grande statista. Lo rivela il professor Mauro Canali nella ricerca pubblicata a ottobre 2017 da Marsilio: “La scoperta dell’Italia. Il fascismo raccontato dai corrispondenti americani” (pp. 494, euro 20,00, ebook euro 9,99). Un lavoro premiato quello del docente di storia contemporanea nell’Università di Camerino, già allievo di Franco De Felice. Ha meritato il XVII Premio Fiuggi Storia, sezione Saggistica.
L’uomo giusto al posto giusto, ecco cos’era il nuovo capo del Governo, agli occhi degli inviati di passaggio da Roma, non addentro alle “cose” italiane. Nei primi anni al potere, aveva tutto per impressionare gli indulgenti giornalisti yankee. Più d’uno arrivò a paragonarlo a Theodore Roosevelt (1858-1919), l’iperattivo e carismatico ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti.
Da scafato collega, del resto – non si dimentichi che Mussolini era un giornalista ed anche molto bravo – il capo del fascismo era molto attento ad offrire la migliore immagine, soprattutto di sé. Ma se poteva risultare agevole presentarsi ai cronisti in transito come un uomo di governo energico e lungimirante, impegnato a dare il massimo per il popolo e la Nazione, qualche attenzione particolare aggiuntiva il mascelluto capo di Stato dovette riservarla ai corrispondenti dall’Italia, come fa notare Mauro Canali. Il giornalista statunitense “piazzato” stabilmente dalla propria testata a Roma, poteva verificare più da vicino, più a lungo e spesso sulla propria pelle le dinamiche liberticide e vessatorie della dittatura. Acquisiva perciò una considerevole differenza di visione sul regime, rispetto agli inviati “un’intervista e via”, che non avevano il tempo di riscontrare l’autoritarismo, il totalitarismo.
Del resto, l’interesse americano per le vicende italiane era estremamente recente. Gli USA avevano scoperto l’Italia a ridosso della marcia su Roma. Solo nel secondo decennio del Novecento la stampa d’oltreoceano aveva cominciato a interessarsi dell’Europa stessa, uscendo da un lungo isolamento al di là dell’Atlantico. Con l’ingresso nel primo conflitto mondiale, l’opinione pubblica cominciò a guardare al fronte occidentale, dov’erano schierate le truppe americane. Importanti firme vennero comunque dirottate con frequenza sul fronte italiano, per dare notizie delle nostre capacità belliche alla numerosa comunità italiana in America.
Volgendosi a osservare le vicende tricolori nel dopoguerra, i giornalisti americani si ritrovarono davanti la genesi del movimento mussoliniano. L’avvento al potere nell’ottobre 1922 portò Mussolini all’attenzione dei reporter, che lo trovarono più valido e vero dello stereotipo dell’italiano medio negli USA, dove i modelli erano rappresentati solo dagli immigrati, analfabeti ed espressione di classi subalterne, quando non autentici criminali, sbarcati nel Nuovo Mondo nell’esodo di massa per bisogno verso gli States.
Perfino il giovane Hemingway fu stregato dal rampante condottiero. Incontrandolo a Milano, nel giugno 1922, per un’intervista da pubblicare sul Toronto Daily Star, ne ricavò un’impressione estremamente favorevole, arrivando a pronosticare nei suoi articoli la conquista del potere alla testa del partito fascista, che avverrà di lì a poco.
Proprio il futuro grande scrittore offre però la prova di come una conoscenza più approfitta del duce potesse far crollare il mito dell’uomo della provvidenza. Tra i tanti episodi ricordati dal professor Mauro Canali nel suo testo, è significativo quello che vede l’ottimo Ernest cambiare totalmente opinione su Benito.
A un giornalista di razza, bastarono appena sei mesi per accorgersi dei tratti negativi del capo e ricredersi, rivedendo il primitivo, acritico innamoramento. Concessa una conferenza stampa ad un pool di giornalisti stranieri in Svizzera, il primo ministro italiano si era fatto trovare intento a leggere un libro ed era rimasto a lungo assorto nella lettura, col tipico cipiglio sul volto. Hemingway si era però accorto che si trattava di un dizionario francese-inglese, tenuto a rovescio. Un’esibizione, per mortificare ulteriormente i rappresentanti della stampa, già costretti a una lunga attesa fuori stanza.
Ma i rapporti col duce erano diventati pessimi ancor prima e il giovane americano aveva bollato l’ex maestro di Predappio come un meschino bleffatore.
Il grosso della stampa USA continuò tuttavia a glorificarlo per anni, in contrasto col giudizio negativo dell’opinione pubblica statunitense, che disapprovava l’aggressione fascista all’Etiopia.
Da parte sua, il regime esercitava un controllo sistematico dei corrispondenti americani, allestendo una robusta rete di spie infiltrate negli ambienti della stampa estera, impegnandosi capillarmente nel controllo della posta, delle linee telefoniche e nei casi più sospetti anche delle abitazioni private.
Quello di Mauro Canali è il primo, prezioso e premiato studio sistematico su queste vicende.
La scoperta dell'Italia. Il fascismo raccontato dai corrispondenti americani
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