La terrazza proibita. Vita nell’harem
- Autore: Fatema Mernissi
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2014
La terrazza proibita. Vita nell’harem (Giunti, 2014) è ambientato a Fez negli anni ’40 del secolo scorso. Fatima è la voce narrante che con tratto autobiografico impersona la scrittrice stessa, ritratta nella sua infanzia vissuta all’ombra delle spesse mura di un harem. Non si tratta però dell’harem imperiale dove schiere di donne disponibili soddisfacevano i desideri sessuali del sultano, bensì di un harem casalingo dove una famiglia benestante, allargata e molto numerosa costituita da nonna, mamma, papà, fratelli, zii, cugini e parenti vari e relativi servitori si raccoglie al riparo dal mondo esterno e difende orgogliosamente la propria cultura originale dalle intromissioni sempre più frequenti della cultura occidentale rappresentata dalla presenza dei soldati francesi sul territorio marocchino e dalle concessioni dei simpatizzanti nazionalisti.
Fatima cresce in questo mondo chiuso assorbendone sia i rituali antichi, gli usi e i costumi, le tradizioni e le proibizioni, sia le spinte modernizzanti volte alla liberazione della donna ma nel rispetto del dettato religioso. Il libro non ha trama, è un’intensa memoria dell’infanzia che in molteplici quadri ci descrive aspetti diversi della vita dell’harem filtrati dallo sguardo e dalla comprensione di una bambina di nove anni, un libro di formazione in cui il contrasto tra tradizione e modernizzazione non produce effetti drammatici, ma dà comunque vita a domande basilari, rimaste spesso prive di una risposta soddisfacente. Una sopra tutte: “che cos’è un harem?”
Dall’insieme delle esperienze e degli insegnamenti assorbiti da Fatima nei suoi contatti con le altre donne della famiglia, l’harem emerge come una condizione mentale, una barriera sia fisica che ideale che inizialmente provoca nella bambina un senso di sicurezza, ma poi, a poco a poco, le instilla anche il senso di reclusione e di esclusione dal resto di quel mondo il cui fascino cresce proprio in virtù della sua irraggiungibilità. Ecco quindi che la terrazza che sovrasta le stanze dell’harem diventa il luogo dell’evasione, quello in cui la fantasia può avere libero sfogo, il luogo dei racconti, dei canti, delle rappresentazioni teatrali, il luogo dei riti magici, quello in cui è possibile entrare in contatto coi vicini o discutere di argomenti proibiti: un rifugio indispensabile per poter continuare a sopportare la segregazione, un “pezzetto di cielo visibile dal fondo di un pozzo”. In questo luogo si radunano le donne dell’harem casalingo, tutte figure interessanti e forti, ma diversissime l’una dall’altra: la nonna matriarca e conservatrice, la madre dolcemente ribelle ed impaziente, la zia ferita e rassegnata, la cugina fantasiosa e determinata, la schiava saggia e tenera e infine la piccola Fatima che tutto assorbe e tutto rielabora nel suo piccolo, ma arguto cervello di bambina. La terrazza costituisce un piccolo scrigno di saggezza femminile a cui Fatima viene introdotta, è la testimonianza della profonda ambiguità della visione islamica della donna, da un lato idealizzata per la sua bellezza e la sua dolcezza e dall’altro imprigionata e asservita ai voleri dell’uomo, è la metafora dei limiti che il costume tradizionale vuole imporre al libero dispiegamento della potenzialità dello spirito femminile. Uno spirito che nel racconto della Mernissi esce rafforzato e sicuro, centrale nella vita della famiglia marocchina, e nonostante tutto libero nel suo slancio verso l’ignoto e il proibito: “donne con le ali” come i grandi uccelli protagonisti dei loro ricami “sovversivi”.
La terrazza proibita. Vita nell'harem
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