La traduttrice
- Autore: Rabih Alameddine
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2013
In una Beirut dei nostri giorni che non ha, però, ancora cancellato il ricordo delle tante guerre che hanno sconvolto il Libano, vive Aaliya, una donna di settantadue anni dalla capigliatura blu a causa di un esagerato uso d’una tintura che dovrebbe nascondere i capelli bianchi e dall’aspetto dignitoso, alto, asciutto, non particolarmente femminile ma comunque non privo di un certo fascino. Aaliya, il cui nome significa la sublime, la suprema, è da tempo sola poiché ha vissuto, molto giovane, l’esperienza di un matrimonio finito da cui non sono nati figli che, però, lei non rimpiange poiché la sua vita è totalmente dedicata alle traduzioni di libri universalmente conosciuti. Aaliya ha trascorso la sua esistenza in una libreria di cui ha letto la maggior parte dei testi, che aveva preso a tradurre in arabo dal francese o dall’inglese. Quelle sono state attività più per se stessa che per gli altri poiché le traduzioni giacciono, ben foderate e fasciate, nella “stanza della domestica”, piccolo locale annesso alla casa ed adibito a ripostiglio. Aaliya, donna di rari e insoliti talenti, ripercorre il proprio passato non sempre sereno: si è abituata a difendersi, durante la prima guerra del Libano, anche per mezzo di un Kalashnikov che aveva preso il posto del marito accanto a lei. Vive ancorata al passato:
“Io Aaliya, l’anziana dovrei andare a dormire, distendermi sul letto, chiedere l’intervento degli dei del riposo invece di stare alla scrivania a ricordare. La prospettiva sfuggente del mio passato soverchia e soffoca il mio presente”.
Nonostante sia viva la madre ormai molto anziana e ogni tanto abbia notizia delle famiglie dei fratellastri, la persona più vicina alla protagonista è Hannah che ora non c’è più ma che le è stata amica di sempre poiché avrebbe dovuto divenire sua cognata sposando il fratello del marito di Aaliya ma il cui matrimonio non ebbe luogo a causa della prematura scomparsa dell’uomo. Sono i diari di Hannah, insieme ai grandi classici, a tener compagnia ad Aaliya che si nutre di ricordi e di pensieri, che ama le sveglie moderne e ricusa il ticchettio di quelle antiche perché le fanno pensare, attimo dopo attimo, allo scorrere del tempo. Suoi inseparabili compagni sono scrittori, filosofi, poeti: da Kant a Cartesio, Kierkegaard, Leibnitz, Schopenhauer, Nietzsche, all’adorato Pessoa, citato più e più volte dalla protagonista, a Javier Marias che parla della vita, delle decisioni non prese, della mancanza di scelte, a Marguerite Yourcenar, a Virginia Woolf, a Nabokov e, non per ultimo, a Hirsch nelle cui liriche la protagonista s’immedesima.
“La mia testa è come un lucernario, il mio cuore è come l’alba”.
Sono similitudini che interpretano lo stato d’animo di Aaliya quando traduce e il cui impegno si dispiega come in un’opera di Wagner con la narrazione che comincia, la tensione che cresce, la musica che va e viene e, d’un tratto, diviene un momento di gioia pura. Tutto questo ha luogo nel suo Libano martoriato dalle guerre, segnato da un costante conflitto con Israele. La Beirut di oggi, le cui strade Aaliya percorre, è sempre affascinante ma le luci del paesaggio sono offuscate dalle tante costruzioni in cemento che hanno sostituito quelle in arenaria. Così si snoda l’esistenza di una donna energica anche se verso l’età del tramonto; è lei stessa a raccontarla, a darle voce fino in fondo, fino a quando un banale incidente domestico si rivela, per lei, come un’immane catastrofe. Non soccombe Aaliya, la sublime, la suprema. Lei è come l’araba fenice. Risorgerà dalle sue ceneri e, domani, forse, riprenderà a tradurre la Yourcenar o Coetzee. Basta attendere.
Attraverso le pagine de “La traduttrice”, Rabih Alameddine fa vivere al lettore le più svariate emozioni perché affronta tematiche quali i travagli della storia di una nazione, la forza di andare avanti in situazioni difficili, la solitudine e le angosce quotidiane che trovano conforto nella cultura, ricchezza immensa: tali argomenti permeano l’intero romanzo che si distingue fra i tanti per la sua totale unicità.
La traduttrice
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