La valle dei bambini perduti
- Autore: Artur Nuraj
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2022
Antony J. Latiffi, chi è costui? È il caso di chiederselo, manzonianamente, sentendosi rispondere da Artur Nuraj che si tratta dello pseudonimo con il quale dal 2008 lo scrittore albanese ha proposto un ventaglio di thriller lunghi e brevi, prima di decidere di firmare per la prima volta con il proprio nome e cognome un nuovo noir, pubblicato nella sua patria elettiva, l’Italia, come gli altri. Ha rinunciato al nom de plume probabilmente per rispetto dell’impegno che la stesura del romanzo gli ha richiesto e degli anni di “studio” che hanno preceduto la pubblicazione, nell’estate 2022, del poliziesco La valle dei bambini perduti, edito da Marsilio nella collana “Farfalle”.
In un’intervista per il lancio della più recente fatica (nel senso autentico del termine, come vedremo), Artur fornisce altri particolari sulla rinuncia allo pseudonimo e tante indicazioni sul nuovo thriller, su sé stesso, sull’Albania dell’altro ieri e di oggi.
Marsilio lo presenta nato a Valona, nel 1968 e residente a Verona, dove lavora come revisore di testi e consulente per alcune agenzie editoriali.
Narratore, sceneggiatore e collaboratore di Albania News, è considerato uno dei pionieri del noir albanese moderno, con una netta propensione per il pulp, visti i contenuti dei titoli precedenti. È dalle prime bozze del nuovo che si è determinato ad “uscire allo scoperto”, superando la timidezza e la riservatezza che lo avevano spinto a dissimulare la sua identità dietro uno pseudonimo.
Originale la scelta di raccontare l’Albania in un thriller e non in un testo letterario, come altri. Anche perchè nella cultura albanese del Novecento, tanto più sotto il regime comunista, pochissimi autori si sono dedicati ai romanzi di genere, come i gialli e i thriller. Oltre alla inveterata passione per la lettura, Artur Nuraj riconosce di dovere l’amore per i polizieschi al maestro del thriller albanese, Neshat Tozaj.
Pur contrastato e censurato dal regime, lo stile crime dello scrittore di Kallart (Valona), morto negli Usa nel 2008, è stato preso a modello da alcuni aspiranti autori albanesi come un giovanissimo Nuraj, che scarabocchiava:
i primi quaderni con idee, episodi e racconti brevi che più tardi avrebbe tramutato in testi veri e propri.
L’autore ha cominciato a concretizzare qualche idea durante il servizio di leva, ma per il suo carattere schivo, introverso, complesso, scrivere non è mai stato facile. L’ultimo romanzo ha richiesto anni di studio, lavoro e sacrifici, uno sforzo enorme, ripagato dalla soddisfazione di aver descritto oggettivamente e con amore l’Albania di ieri e di avere creato un personaggio di spessore.
Dice che il personaggio di Ludovik Lamani gli si è parato avanti nel 2016. “Lui stava cercando un amico” e Artur il protagonista di una storia nuova.
Da quel momento vive nella mia testa e non se ne vuole più andare. Mi racconta le sue storie tutte le sere, o quasi: quello che ha dovuto sopportare e il modo in cui è riuscito a ritrovare la sua strada. Avrà sempre la mia gratitudine per essermi stato vicino in tutti questi anni.
Lo stesso autore, nel chiedere di fatto di non rivelare troppi elementi della trama, offre una sintesi, alla quale è bene attenersi rigorosamente.
Un giovane detective ambizioso e intraprendente, Lamani, viene trasferito per meriti nella capitale albanese, dopo anni faticosi nel nord. Gli capita subito un caso complesso: il suicidio della figlia adolescente di un importante membro del Partito. Un’indagine apparentemente semplice, ma che diventa immediatamente molto più spinosa, per alcune evidenze che aprono la strada a tanti dubbi, fin dall’ispezione del cadavere. Era una ragazza descritta da tutti come introversa, talentuosa nella danza, ma con intelligenza nella media. Dalla lettura del suo diario, Ludovik coglie una forte personalità e una profondità disarmante, che chissà perchè cercava di nascondere. Anche fisicamente, nel diario il detective nota particolari importanti.
Contemporaneamente, ecco un altro caso: le sparizioni misteriose di alcuni ragazzi rom negli ultimi dieci anni, a Tirana e in altre città. Il poliziotto si dedica alle due indagini con tutto sé stesso e con le sue indubbie qualità, ma venirne a capo si rivela difficilissimo, un’impresa aggravata da un conflitto psicologico in cui emergono:
I fantasmi che spuntano dal suo passato.
Ludovik ha fatto il bene di Artur, ma nel romanzo l’Albania non è generosa con questo suo personaggio: al principio della storia troviamo il poliziotto rinchiuso in una galera del regime, nel 1990.
La vicenda poliziesca, raccontata da Nuraj risale al 1985. È l’anno in cui è morto il dittatore Enver Oxha, ma il comunismo non è ancora caduto in Albania. Il governo rosso di Ramiz Alia continua ancora la politica del regime in vigore dal secondo dopoguerra isolazionista, stalinista, repressiva. Proseguirà, con il polso duro e la povertà diffusa, fino alla caduta del muro di Berlino e alla crisi definitiva dell’apparato comunista, con la sua organizzazione capillare e la polizia politica Securitate, che controllava ogni cosa.
In questo contesto si sviluppa la vicenda del detective Ludovik Lamani, che si muove con la recluta e aiutante Vasil, la maestra di danza della suicida e sua migliore amica. Un romanzo lungo, oggettivamente, definito duro da tutti i commentatori, soprattutto “cupo”, ma niente affatto greve. E comunque tanto leggero non poteva essere, affrontando un tema legato alla sparizione di bambini.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La valle dei bambini perduti
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