La via lattea di Luis Buñuel
- Autore: Alfredo Rossi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Antifranchista. Antiborghese. Anticlericale. E certo, prima di ogni altro aspetto, regista dall’impronta surreale, Luis Buñuel comprova la vulgata che vuole lo specifico del genio reiterarsi nel tempo in forme e argomenti identici fra loro. Nel caso del regista spagnolo, il tema dell’inconscio, la critica ai valori borghesi, la sessualità umana, gli aspetti condizionanti della religione. Per dirla con le parole di Alfredo Rossi, accurato estensore di un saggio dedicato a La via lattea (Gremese, 2020):
“La verità è che Buñuel è un uomo che si cela ma che il suo cinema svela. Non è un umanista, non intende cioè valorizzare un’idea di uomo, e non è neppure un socialista utopista o un comunista militante. […] Convince invece pensarlo come materialista: conservatore freddo dell’umano movimento nel recinto psicotico del vivere. […] Il suo atteggiamento è quello di un entomologo che dall’alto studia gli esseri-insetto alle prese con i loro fantasmi.” (Pag. 28)
Primo episodio della cosiddetta trilogia sulla ricerca della verità (Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà), La via lattea si presenta allo sguardo dello spettatore come un film sardonico e quasi folle, strutturato attraverso episodi topici della “follia della religione” e la violenza del potere. In questa accezione, e come evidenzia opportunamente lo stesso Alfredo Rossi, è un film riflesso della contestazione sessantottina, “uno dei grandi film del ’68, ateo e anarchico, violentemente anti-sistema, e sembra urlare a preti, teologi e filosofi non solo cristiani ‘una risata vi seppellirà’”.
Percorrendo a piedi Francia e Spagna, Pierre e Jean, due pellegrini sul Cammino di Santiago, incrociano la strada di un’umanità inconsueta, rivivendo eventi storici-pretesto per speculazioni sulla dottrina e d’altro canto sulle eresie cristiane (priscillianesimo e giansenismo, soprattutto). In un insistito succedersi di camerieri e poliziotti impegnati in dispute teologiche, un papa messo al muro dalla soldataglia anarchica, gesuiti e giansenisti che si sfidano a singolar tenzone, Gesù e Satana, il Marchese De Sade e persino la Morte in veste hippie. Ritenuto con piena ragione, tra le espressioni emblematiche dello spirito anarco-libertario che permea il cinema di Buñuel, La via lattea procede quindi come un sogno ininterrotto fra salti di tempo e di spazio, situazioni in bilico tra comicità e paradossalità, incontri e dialoghi picareschi ad altri di ambizione filosofica.
Il saggio di Alfredo Rossi esamina tutto ciò, rivelandosi una disamina colta, densa, puntualissima. Incentrata sui sotto-testi del film di cui si occupa e nel contempo attenta a ricondurli allo specifico filmografico più ampio del regista.
In linea con lo stile della collana, il volume si intrattiene anche su retroscena, (contro)storie, sinossi, della pellicola, comprendendo inoltre un cospicuo apparato fotografico in bianco e nero e a colori.
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