Lascia che il mare entri
- Autore: Barbara Balzerani
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2014
Donne nell’ora tra il cane e il lupo della Storia, allo scavallare di stagioni ferro e fuoco, tra guerre, fascismi, rivoluzioni mancate del secolo breve. Tre donne nel tempo, in un Paese che rimuove e si trasforma in fretta, si snatura, smarrisce memoria e radici inseguendo la mistificazione delle merci: dal lavoro nei campi a quello nelle fabbriche (dall’aereo all’asfittico), nel barlume di un sol dell’avvenire via via sempre più fioco, artificiale, scenografico, come quello che chiude “Palombella Rossa” di Moretti. La prossima citazione invece non è mia, è di qualche (saggio) indiano della tribù dei Piedi Neri che la sapeva alquanto lunga sulla piega che sta(va) prendendo il mondo:
“Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo animale libero ucciso, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro”.
Come dire un monito, un epitaffio, un richiamo, che calza a pennello al senso sotteso di “Lascia che il mare entri”, nuovo romanzo in punta di memoria - individuale e collettiva - che Barbara Balzerani pubblica in questi giorni per DeriveApprodi. L’ennesimo memoir impegnato e impegnativo, “politico” (oserei dire), ma di un nitore interiore, di una trasparenza, di una discrezione teleologica che ne fanno una partitura di forma acquerellata e sostanza granitica. Un romanzo di formazione declinato al femminile (nonna-mamma-figlia sullo sfondo del Novecento), il libero apprendistato alla vita e alla coscienza politica dell’autrice, di pari passo alla storia di una Nazione, costretta a misurarsi col senso di smarrimento - di vite umane, di relazioni, di ideali, di umanità -, un senso di perdita obliato, colmato (colmato?) dagli inganni dell’iper-produzione e del benessere alla portata di tutti.
Per chi ha orecchie - e cuore - capaci ancora di intendere “Lascia che il mare entri” è un racconto per stazioni disalienanti, storie paraboliche riconducibili alla ragione annichilita dal Capitale. Capitoli che smascherano tra le righe le cancrene del libero mercato, l’inganno sotteso all’affaire delle guerre, lo iato sempre più labile tra umano e post-umano, tra vita autentica e vite artificiali, sotto la dittatura subliminale del produci-desidera-consuma-muori. Eppure il livore non abita le pagine di questo libro, parola di (ex) Giovane Marmotta: nessun accanimento ideologico, nessun precetto, nessuna sicumera sanfedista, quantomeno nella forma: per ricorrere a una metafora sportiva, “Lascia che il mare entri” colpisce al bersaglio grosso con la lievità con cui ha saputo farlo soltanto Cassius Clay, l’azzanno della tigre sotto ali di farfalla. Con la sensibilità e la prosa ferma della grande narratrice civile, Barbara Balzerani riconduce il lettore al senso offuscato di “medesimezza”: in questa corsa globale all’autodistruzione ci siamo dentro fino al collo e ci siamo dentro tutti, signori e signore, compagne e compagni: l’idea sarebbe quella di piantarla qui coi surrogati ideologici scaturigine degli anni di pongo (gli anni Ottanta, secondo la sagace definizione di Fabio Bonifacci) e ridiscendere al qui e ora di quote più normali. Forse facciamo ancora in tempo a salvarci la pelle, che ne dite?
Lascia che il mare entri
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