La poeta Patrizia Cavalli, scomparsa nel giugno 2022, è la superstar letteraria dell’80 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
È stato presentato in anteprima il documentario a lei dedicato, Le mie poesie non cambieranno il mondo, curato da Annalena Benini e Francesco Piccolo, in arrivo nelle sale il 14 settembre.
Il titolo del documentario fa riferimento alla raccolta d’esordio di Patrizia Cavalli, edita da Einaudi nel 1974, in cui è contenuta la poesia omonima.
Ma non vi siete chiesti cosa voleva dire Patrizia con quel verso: le mie poesie non cambieranno il mondo? Era una presa in giro scanzonata, oppure una poetica dimostrazione di umiltà?
Ciò che sappiamo di quella raccolta, pubblicata da una Patrizia Cavalli appena ventisettenne, è che era dedicata a Elsa Morante, indiscussa mentore della poeta.
Pare che quelle prime poesie nacquero proprio come una sfida in risposta a un’affermazione fatta da Morante stessa:
Ah sì, scrivi poesie? Allora fammele leggere, non perché mi interessi ma per capire come sei fatta.
L’ispirazione di Patrizia Cavalli fu dunque suscitata - o forse semplicemente istigata - da una grande scrittrice del nostro Novecento. Ma come recitava quella prima poesia di Cavalli dall’enigmatico titolo e, soprattutto, qual è il suo significato?
“Le mie poesie non cambieranno il mondo” di Patrizia Cavalli: testo
Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo.
“Le mie poesie non cambieranno il mondo” di Patrizia Cavalli: analisi e commento
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In realtà in questa poesia di Patrizia Cavalli, in seguito divenuta cifra distintiva emblematica della sua poetica, possiamo cogliere un sentire comune nella società degli anni Settanta.
Proprio in quel periodo storico grandi intellettuali, da Montale a Pasolini a Calvino, si interrogavano sull’omologazione dell’arte nell’epoca del consumismo e della società di massa. Attraverso quel verso in apparenza scanzonato Le mie poesie non cambieranno il mondo Patrizia Cavalli traduce un comune sentire, mette in luce la frattura insanabile tra gli artisti (o i cosiddetti intellettuali) e la società.
Credere che la lingua della poesia abbia un potere superiore a quello degli altri mezzi di comunicazione è un’illusione: la poeta, appena nata sotto la stella di Morante, questo ce lo dice subito come un affronto o una constatazione inevitabile. Eppure l’aspetto interessante di questo suo breve e folgorante componimento è proprio il paradosso che propone: ci sta dicendo che la poesia è destinata a finire, eppure ci dimostra che la poesia non è finita. Con questi versi nasce “una poeta”, come l’avrebbe opportunamente battezzata Elsa Morante dopo aver letto quelle prime poesie.
In quelle parole c’è già tutta Patrizia Cavalli e il ritmo inconfondibile della sua poetica che ha il tono colloquiale e schietto del parlato, ma anche la cadenza ineffabile di una lingua “altra” che ricorda la musica, ma musica non è, e continuamente agisce come un sottofondo appena percepito.
La poesia di Patrizia Cavalli si presenta subito al mondo (e al lettore) come una sfida, riflettendo l’intemperie culturale di un tempo che è ancora anche il nostro, e facendosi portavoce di una nuova personalità intellettuale cui non importa di compiacere gli altri o cedere a una facile omologazione.
In due strofe perfettamente orchestrate e simmetriche, speculari l’una all’altra, Patrizia Cavalli rivendica il fatto che lei scrive poesie anche se il mondo non ha bisogno delle sue poesie: lei scrive poesie per essere, per esistere, scrive poesie perché è.
Il ragionamento, come tutti i ragionamenti logici, va dal generale al particolare seguendo un procedimento ineffabile. Prima Patrizia illustra la situazione generale, il clima culturale di un’epoca “qualcuno mi ha detto”, poi introduce l’io lirico, personalissimo e sfidante:
Io rispondo che certo che sì
le mie poesie non cambieranno il mondo
La seconda strofa presenta un perfetto paradosso: ci aspetterebbe che dopo quel categorico “certo che sì” la poeta concluda dicendo che le sue poesie cambieranno il mondo, invece non lo fa. È indicativo di una nuova postura intellettuale: non abbiamo più l’artista che si erge al di sopra della società, ma l’artista che in qualche modo ne è vittima ma non ne soffre - qui non c’è il tono patetico di Baudelaire e dei suo animali allegoria della condizione poetica (Il cigno, L’albatros) - ma reagisce rivendicando con impeto la propria unicità. È vero, Patrizia conclude dicendo “le mie poesie non cambieranno il mondo”, ma lo fa come chi sta dando ragione a colui che è dalla parte del torto, giusto per chiudere una conversazione. Lo fa con la scanzonata insolenza di chi pensa l’esatto contrario. E noi che ora leggiamo capiamo che quell’affermazione contiene tutta la verità e, al contempo, il suo opposto: le poesie di Patrizia Cavalli forse non hanno cambiato il mondo, ma la vita di noi lettori, quelle poesie ci hanno consegnato il mondo di Patrizia.
“Le mie poesie non cambieranno il mondo”: significato
Come dobbiamo leggere e interpretare quindi questo verso: le mie poesie non cambieranno il mondo? Come una rivendicazione. Questa poesia d’esordio ha la stessa dirompenza di un manifesto futurista, ci restituisce il clima di un’epoca e il riflesso trasparente di un pensiero. Dicendoci che le sue poesie non cambieranno il mondo Patrizia Cavalli afferma che la poesia non è morta; che resterà sempre un’esigenza umana, vitale, un bisogno innato e una ricerca di salvezza. Anche se nel mondo sembra non esserci spazio per la poesia (e per i poeti), la poesia - a dispetto di tutto - esiste e rivendica sé stessa anche in una società dove la superficialità sta prendendo il sopravvento sull’interiorità. Il mondo non ha bisogno di poeti, ma per fortuna i poeti esistono - afferma Patrizia Cavalli - e la poesia è immortale poiché nasce con l’uomo stesso e si sviluppa con il suo desiderio di comprendere, capire e interpretare la realtà.
In fondo, in questa prima poesia di Cavalli, possiamo trovare lo stesso imperativo vitale contenuto in Foglie d’erba di Walt Whitman: che tu sei qui/che la vita esiste (...) che tu puoi contribuire con un verso.
Non è forse la stessa richiesta che Elsa Morante avanzò, sfidante, a una giovane Patrizia: l’aveva invitata a esprimersi, a trovare sé stessa attraverso un verso poetico. “Quale sarà il tuo verso?” è la domanda che la poeta superstar indirettamente porge anche a noi, naturalmente ricordandoci che le “poesie non cambieranno il mondo”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Le mie poesie non cambieranno il mondo” di Patrizia Cavalli: testo, analisi e significato
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