Le piscine di Pecizsa
- Autore: Enrico Gragnani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Le cattive idee non muoiono mai, rispetto alle buone hanno il vantaggio di nascere da un pensiero elementare che non valuta troppe variabili, per questo filano diritte allo scopo, si concretizzano più rapidamente. Tra le variabili rientrano i principi etici da rispettare e gli scrupoli con cui misurarsi, ma le cattive intenzioni trovano facilmente pretesti per farsi beffe dei valori e per ignorare le “remore”. “Remore”, insiste Enrico Gragnani, autore di un romanzo di storia distopica, Le piscine di Pecizsa, pubblicato da Pathos Edizioni (Torino, novembre 2022, 376 pagine).
Se le cattive idee morissero - o almeno subissero qualche contraccolpo dal male che producono - la storia non ripeterebbe gli errori che un’umanità ostinata a non volerla conoscere continua ad essere condannata a rivivere. Lo pensa anche Gragnani ed è come se volesse evidenziarlo, a bande nere come il lutto, quando scrive che anche dopo la guerra, nonostante milioni di morti, c’è ancora chi crede che i metodi brutali siano i migliori per costruire una società stabile e controllata, per regolare le controversie con gli altri Stati e per disporre della sorte dei vinti, dimenticando gli orrori dello sterminio programmato dei deboli e dei diversi realizzato nei lager dell’Europa centrale ottant’anni fa. Nel romanzo c’è chi a Pecizsa progetta con metodo scientifico di eliminare più facilmente, nelle piscine, i “resi” tra chi entra e chi deve uscire dai “campi”.
C’è una cosa che colpisce dell’autore, un romano da poco cinquantenne. Anzi, più d’una, a cominciare dal fatto che non sappiamo molto di lui, oltre la scarna biografia diffusa dalla casa editrice torinese. Rivela comunque un profilo non comune. Nasce a Roma, nel 1972, dove redige una tesi sulle rime giovanili di Dante e una di dottorato sul poema eroicomico del Baldus. Dietro la cattedra e in mezzo a ragazze e ragazzi, si è appassionato alla scrittura provando ad appassionare gli alunni alla scrittura. L’insegnamento gli consente di rappresentare le proprie emozioni, durante le spiegazioni e “la fantasia diventa consapevole”.
Da qualche anno è anche falegname formatore nella falegnameria sociale K_Alma al Testaccio, a Roma. Crede che il legno sia una materia malleabile come il pensiero. Non si riesce a sapere altro in rete, non frequenta i social, se si esclude la pagina Facebook K_Alma, in cui figura nel team di lavoro: Enrico Gragnani, insegnante nella vita e falegname autodidatta da oltre vent’anni, raggiunge K_Alma nel 2018 ed è un riferimento per i falegnami studenti e per i clienti più esigenti.
Non sappiamo nemmeno se questo romanzo sia il primo, come saremmo portati a credere salvo smentite, vista la mancanza di tracce. Eppure, la sua non è una scrittura da primi passi, tanto è piena, non facile ma nemmeno troppo difficile. Non ha paragoni e non li cerca. Ama la storia, si direbbe, anche se la società che descrive nel romanzo è oltre, in una realtà immaginaria, in un tempo e in un luogo che sono però il portato della nostra storia. Difficile da comprendere?
Questo romanzo “si astrae dal presente” per interpretarlo nel passato e nel futuro, spiega qualcuno che non si firma nella prefazione e che in assenza di controindicazioni, oltre che per ragioni stilistiche, possiamo individuare in Enrico stesso. Nella narrazione non può esserci un luogo reale o un tempo definito, perché tanto, di ciò che è stato davvero, potrebbe tornare a condizionare il nostro presente, in qualunque luogo e in qualunque tempo. Perciò, la vicenda di fantasia di Binner e di Pecizsa rispecchia la realtà e contemporaneamente la tradisce del tutto (Gragnani ama i paradossi). Guarda all’uomo, all’umanità rappresentata, come ad una grande ricchezza o una grande follia.
Se si volesse attribuire un genere narrativo, non si riuscirebbe: “non è un classico”, non potrebbe e non vorrebbe esserlo, “perché ha troppe variazioni, nervosismi, idiosincrasie”, andando dal romanzo di formazione al psicologico, al noir, al giallo e al thriller, ma restando inafferrabile.
Un uomo, Binner, è segnato da una guerra che gli ha lasciato ricordi e sensi di colpa. Non riesce a ristabilire una normalità e non lo aiuta di certo l’habitat anormale intorno a sé. Pecizsa, la città semidistrutta del romanzo, è un luogo non-luogo. Non esiste ma è su tutte le mappe. Binner vi si aggira in un tempo che è presente e concreto, solo pensiero, reale e immaginario, già vissuto, rivissuto. Una serie di eventi, un cadavere, qualche azione a suo danno, varie combriccole e presenze gli offrono una possibilità di riscatto, che potrebbe cambiare quanto sta accadendo sul piano storico e sociale, di terribile e terribilmente già visto.
La lezione di questo romanzo? La cosiddetta “morale”, come si diceva una volta?
Il male che è stato commesso si può ripetere, purtroppo. Non dimenticate la frase che campeggia, incisa in trenta lingue, sul monumento nel campo di sterminio di Dachau, in Baviera: “Chi non conosce la storia è condannato a riviverla”.
Secondo Gragnani:
purtroppo le cattive idee non muoiono mai, si muovono rapide e vanno dritte all’obiettivo, ma sono solo cattive idee.
Le piscine di Pecizsa
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