Lettere d’amore
- Autore: Enrico VIII ad Anna Bolena
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nutrimenti
- Anno di pubblicazione: 2013
“Mia Signora e Amica, ci mettiamo nelle vostre mani – io e il cuore – e vi supplichiamo e ci raccomandiamo ai vostri favori, perché l’assenza non diminuisca l’affetto che provate per noi.”
Nel luglio del 1527 Enrico VIII Tudor, Re d’Inghilterra e Sovrano d’Irlanda (1491 – 1547) scriveva alla ventenne Anna Bolena (1501 – 1536), non bella ma volitiva, svelta di comportamento, di lingua e che sapeva quello che voleva, appartenente a una delle più rispettate famiglie dell’aristocrazia inglese, nonché dal 1522 damigella di corte di Caterina d’Aragona, consorte del monarca. Era scoppiata la fatale passione tra il corpulento Enrico dallo sguardo aggressivo e sicuro di sé (così come appare nel celebre ritratto di Hans Holbein datato 1536 conservato presso il Museo Thyssen – Bornemisza di Madrid) e Anna che desiderava diventare non una delle tante concubine del Re ma la legittima moglie, cioè Regina.
Il presente volume, tradotto e curato da Iolanda Plescia con un saggio di Nadia Fusini, contiene la prima edizione integrale di un classico della narrativa inglese. Sono qui raccolte le diciassette lettere d’amore inviate da Enrico VIII ad Anna Bolena vergate tra il 1527 e il 1528 quando il corteggiamento alla giovane, dotata di un precoce intelletto, era al culmine. La raccolta comprende anche due lettere indirizzate da Anna Bolena al Cardinale Wolsey (delegato insieme al Cardinale Campeggio a giudicare il caso di divorzio del Re in Inghilterra prima che il Papa avocasse definitivamente il caso a Roma) per ringraziarlo del suo interessamento alla richiesta di divorzio.
“Mio Signore, con tutta l’umiltà del mio cuore, vi chiedo perdono se oso importunarvi con la mia scrittura semplice e goffa, visto che procede da chi molto desidera sapere se vostra Grazia sta bene, come mi pare di capire da questo messaggero.”
Appare inoltre l’ultima lettera che Anna scrisse al Re Enrico redatta durante la prigionia nella Torre di Londra che molti studiosi ritengono sia un falso. La missiva fu ritrovata tra le carte di Thomas Cromwell dopo la sua morte, primo ministro di Enrico, caduto in disgrazia e fatto giustiziare.
“Processatemi, buon Re, ma ch’io sia sottoposta a un processo giusto, in cui non siedano come accusatori e giudici i miei nemici giurati; fate che sia un processo pubblico, perché la mia verità non teme vergogna.”
Le lettere di Enrico sparirono per anni per ricomparire nella Biblioteca Vaticana, dove venivano mostrate a chi ne faceva richiesta. In Inghilterra le lettere, giudicate autentiche dal vescovo di Salisbury Gilbert Burnet, vennero stampate dall’editore Churchill nel 1714. “Tale edizione, la prima, che presenta tutte le diciassette epistole comprese le nove scritte in francese, con l’aggiunta di una traduzione e una lunga prefazione è quella prescelta come base per il testo delle lettere tradotte in questo volume” precisa Iolanda Plescia.
Nel 1527 l’ambiziosa famiglia Boleyn capeggiata del padre di Anna, Thomas, brillante diplomatico, aveva allontanato la giovane dalla corte, carica di insidie e pettegolezzi. Nel frattempo il Sovrano, sempre più irretito “Signora, brucio nell’attesa” domandava a Papa Clemente VII di concedergli il divorzio da Caterina. Proprio in questo periodo Enrico, uomo di potere, roso dalla passione si apriva totalmente alla sua amata attraverso una scrittura intima e tenera senza dimenticare il proprio ruolo.
“... vedendo che non posso esservi accanto di persona, vi invio la cosa più prossima, cioè il mio ritratto, incastonato in un bracciale, con l’emblema che già vi è noto, e vorrei io essere al suo posto, quando piacerà a voi. Dalla mano del vostro Servitore e Amico, E. Rex.”
In tutte queste missive Enrico è un “uomo innamorato, trepidante, galante e generoso” e “attento ai desideri dell’amata” come lo definisce nel saggio introduttivo Nadia Fusini. Traspare tra le righe il “solido e fermo impegno del Sovrano” nei confronti di Anna. Ma Enrico era un uomo sposato anche se infelicemente e aveva una figlia, Maria Tudor. La storia è vecchia come il mondo se in questo caso non ci fosse stato di mezzo un Regno e il desiderio del Re di Inghilterra di avere un erede maschio che avesse potuto garantire la successione dinastica a lui, Enrico il fondatore della dinastia Tudor. La spagnola Caterina (già vedova di Arturo il fratello di Enrico) dopo svariati anni di matrimonio aveva avuto una serie di aborti spontanei, parti prematuri e “morti precoci dei regali infanti”. Va da sé che l’amore tra Enrico e Caterina era terminato da un bel pezzo.
Anna alta di statura e scura di pelle educata nelle corti di Francia e di Navarra “raffinata nel gusto” possedeva magnetismo animale, sex appeal. A vent’anni la giovane non era ancora maritata però aveva un grande intuito e in questo sta la sua modernità. Anna tardava a concedersi al potente Sovrano dotato di “bulimia sessuale” perché aveva intuito il tallone di Achille del monarca che si era invaghito di lei. Se Enrico voleva il figlio maschio sarebbe stata lei a partorirlo in cambio però il Re l’avrebbe dovuta fare Regina e pazienza se tutto ciò avrebbe dovuto provocare uno scisma religioso. Sta tutta qui l’astuzia femminile di una donna che volle entrare nella storia da protagonista. Ma dietro questo grande amore vi era La Grande Questione, The Great Matter cioè l’annullamento del matrimonio di Enrico con Caterina considerato un incestuoso adulterio, perché quest’ultima aveva sposato Arturo, anche se Caterina dichiarava a gran voce la sua purezza al momento delle nozze con Enrico.
Che contrasto tra la cattolica conservatrice Caterina e Anna interessata alle nuove idee che iniziavano a circolare in Europa nella prima metà del XVI Secolo! Entrambe le regine, sia quella ripudiata sia quella ora accanto ad Enrico avrebbero lottato per tutelare gli interessi delle loro rispettive figlie, Maria ed Elisabetta. Ma la storia si sarebbe ripetuta anche con l’audace Boleyn quando dopo il terzo aborto, il Sovrano stanco di attendere il sospirato erede maschio, già aveva scelto la successiva consorte da impalmare: Jane Seymour. A causa di ciò Enrico avrebbe denunciato Anna, sempre malvista dalla corte, come strega eretica. Il 15 maggio del 1536 la regina, e il fatto sarebbe avvenuto per la prima volta nella storia inglese, sarebbe stata processata per adulterio, incesto, stregoneria e alto tradimento. Dopo tre giorni Anna sarebbe salita sul patibolo. Forse la migliore vendetta per Anna dei mille giorni di regno, sarebbe stato il regno di sua figlia Elisabetta, dichiarata bastarda da suo padre il Re. Elisabetta I, la più grande Regina che l’Inghilterra avesse mai avuto, quella stessa donna di potere che sua madre sarebbe voluta diventare.
“E così per mancanza di tempo, mia adorata, porto a termine questa mia lettera, scritta per mano di colui che vorrebbe essere vostro. E. Rex”.
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