Lo specchio dell’acqua
- Autore: Piero Bini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2023
Ancora non sapevo come non sia concessa alcuna verità che non sia mera illusione.
È la considerazione che si legge a conclusione, finanche dopo l’indice, in calce all’ultimo foglio, come una frase incisa sopra una lapide. Un’altra sorpresa del bel romanzo di Piero Bini Lo specchio dell’acqua, pubblicato nel 2023 da Interlinea Edizioni di Novara, nella collana di narrativa Gli aironi (192 pagine). Una storia intima e raccontata intimisticamente, una vicenda di famiglia, di ricordi, di drammi individuali e collettivi, di errori e ripensamenti, di sensi di colpa e di occasioni perdute. Un libro del Novecento, per quanto pubblicato l’anno scorso, con una trama dell’altro secolo scritta nello stile di allora.
Piero Bini - discendente per parte materna da Adelaide Bono, madre dei patrioti Cairoli - è presentato cosi dalla casa editrice:
nato a Novara a metà degli anni Trenta del ’900, sfollò a Orta negli anni della guerra. Laureatosi in medicina a Milano, si trasferì a Torino per la professione di pediatra-psicologo. Spesso in missione all’estero, amante della montagna e della vela, sentì di dover comunicare letterariamente le sue esperienze più vitali. Donerà la vasta biblioteca Bini-Bono al restaurato Palazzo Bono di Santa Cristina di Borgomanero.
Ha dedicato il romanzo alla memoria della partigiana combattente ortese Maria Giulia Cardini e della sorella Maria Cristina, che ha partecipato quattordicenne alla Resistenza. In appendice, rivolge da pediatra il pensiero ai nonni medici Giuseppe Bini e Giuseppe Bono, che hanno assistito i feriti del terremoto di Messina e delle guerre mondiali.
Il protagonista, un uomo del Nord, torna indietro nel passato, a sua volta altro forte protagonista perché incombe severo, esigente e ricattatorio sul presente nella narrazione. Paolo è alla ricerca del padre: ne ha due, uno biologico - dapprima figura sbiadita, poi da scoprire - e uno affettivo, un amico del genitore, che l’ha cresciuto e gli ha lasciato un’eredità presso un notaio sul lago d’Orta, nell’Alto Piemonte.
In quei luoghi ritorna anche fisicamente. Sull’isola di San Giulio un’ex amica è monaca, isolata in un’atmosfera suggestiva, eremitica. L’uomo è l’io narrante in soggettiva, forzato da un’esigenza irresistibile di fare chiarezza, di trovare risposte sul vissuto suo e di chi gli è stato a vario titolo vicino o ha intersecato la sua vita. Una spinta interiore alla quale non riesce a sottrarsi, sentendosi in balia dei trascorsi malgrado tutti gli sforzi fatti per dimenticarli.
Ha sperato fino all’ultimo in un miracolo e invece pian piano si scopre sopraffatto da una fatalità che non riesce a contrastare. Ha viaggiato in treno, per lasciarsi la possibilità di scendere a una fermata intermedia; non lo ha fatto pur ripetendosi ad ogni stazione che alla fine del percorso il passato lo aspetta in agguato. Arriva alla destinazione che si è data, eppure si è aspettato a lungo di poter contare sull’oblio, nell’illusione che il tempo potesse aiutarlo. Dovrà convincersi che il rimedio non è il tempo, ma la vita. E la vita segue strani percorsi: talvolta, invece di procedere, ritorna alle radici.
Allora scopri che nulla è stato davvero dimenticato e i conti col passato, se non li hai fatti fino in fondo, devi farli adesso.
Marta, ovvero suor Letizia, è più lucida, lo accusa di seguire un progetto impossibile e di ergersi a giudice come in tribunale, pur essendo parte in causa. Le risponde di voler soltanto sapere.
Come si apprende nella postfazione, il testo riporta i ricordi infantili e adolescenziali dell’autore, che dopo tanti anni cerca di ricavarne lo spunto per una narrazione ambientata sull’Orta, San Giulio e l’isola di fronte alla casa dov’era sfollato nella Seconda Guerra mondiale, lasciando una Novara minacciata dai bombardamenti angloamericani. L’abitazione natale (ora demolita) divenne sede del Comando germanico, dopo l’8 settembre 1943.
Suo padre, già vice podestà di Novara, era ricercato dai fascisti per non avere aderito alla Repubblica di Salò. Aveva raggiunto i monti della sponda occidentale del Cusio, dove la moglie – già scesa in bici a Novara per avvertirlo di fuggire - lo incontrava di notte affrontando la traversata del lago a remi, a bordo di una canoa, estremamente pericolosa per lei, che non sapeva nuotare.
La famiglia della madre, di Borgomanero, era liberale e antifascista, con trascorsi risorgimentali. Uno zio camicia rossa era caduto a Mentana nel 1867 e Adelaide Bono Cairoli, madre dei patrioti, era morta a Milano nel 1871 contemporaneamente a Cristina Trivulzio di Belgioioso, patriota della buona società lombarda che reclutò infermiere tra nobildonne, borghesi, popolane e prostitute per i feriti della Repubblica romana del 1849, tanto garibaldini che assedianti francesi, anticipando i princìpi della Croce Rossa di Florence Nightingale. Dalla nobildonna prese il nome la sorella Maria Cristina, lei stessa arrestata a Orta dai fascisti come collaboratrice dei partigiani ai quali procurava indumenti caldi, che il fratello di otto anni, insospettabile, provvedeva a consegnare ad una staffetta.
La citazione del periodo resistenziale è essenziale, perché proprio nella rievocazione di eventi anche tragici del biennio partigiano nell’Ortese-Cusio da soggettivo e individuale il romanzo del “sempre incerto Paolo” diventa corale e pieno di personaggi, comprimari, comparse e anche di località vere, assolutamente autentiche, veri luoghi del cuore e della memoria. Di tutti.
Lo specchio dell'acqua
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