Luna bugiarda di Ben Pastor

“Luna Bugiarda” di Ben Pastor, pubblicato ora da Sellerio, in realtà era uscito nel 2001 ed era dunque cronologicamente precedente agli altri gialli storici che hanno per protagonista il maggiore della Wehrmacht Martin Bora, cha abbiamo imparato a conoscere in “Lumen” e ne “Il cielo di stagno”.

Per chi ha già conosciuto questo originale personaggio non sarà una sorpresa cogliere quanto ci fu di contraddittorio in alcuni ufficiali dell’esercito tedesco sotto il regime hitleriano, soprattutto in seguito al complotto militare che si concluse con l’attentato al capo del nazismo che tuttavia non ebbe gli esiti sperati, anzi portò alla tortura e alla forca i suoi autori.
La scrittrice italo americana si ispira proprio al celebre caso di Stauffenberg, il nobile ufficiale che pagò con la vita il suo tradimento al Führer nel costruire il personaggio di Martin Bora, ufficiale leale e deciso, con particolari capacità investigative, ma convinto che i metodi delle SS non siano degni di un vero soldato.

Il romanzo si svolge in Italia, a Verona, nel dicembre 1944. Siamo in piena Repubblica di Salò e i fascisti italiani strisciano ai piedi degli occupanti tedeschi, perché da loro dipende la sopravvivenza di un regime ormai impopolare e agli sgoccioli.
Un delitto, la morte violenta del pluridecorato uomo politico fascista, Vittorio Lisi, mutilato dopo la Marcia su Roma, vede accusata del delitto Clara, la giovane moglie, rappresentata come una fotocopia della Petacci, riccioli ossigenati e vestaglie di seta inclusi. Il milite fanatico e cretino De Rosa incarica dell’indagine il maggiore tedesco, di stanza sul lago di Garda per scovare i partigiani che attaccano continuamente i tedeschi. Bora disprezza i fascisti italiani, traditori, e a malapena accetta di collaborare con Sandro Guidi, un commissario di polizia che gli viene affiancato nelle indagini. La storia si fa complessa, perché la vittima è una persona dal passato oscuro, finanziatore dei fascisti ma incallito donnaiolo, corrotto e corruttore. Compaiono nella storia altri personaggi: un’arrogante cantante lirica, un nobile decaduto proprietario di una bellissima villa veneta destinata alla distruzione, ufficiali delle SS, ebrei in fuga. Martin Bora è stato gravemente ferito, ha perso una mano, a stento è sopravvissuto, si rifiuta di assumere oppiacei per attenuare i dolori lancinanti che lo perseguitano, soffre con uno stoicismo degno di un soldato irreprensibile, eppure nella sua mente l’assurdità dello sterminio degli ebrei, che pure aveva visto in Russia nella sua precedente missione, gli procura una sofferenza morale indescrivibile. I suoi drammi personali (ama sua moglie Benedikta ma teme di non esserne ricambiato) si uniscono al dramma politico di un vero soldato che non riesce a diventare una belva umana, come il suo Führer richiede.

Il thriller dell’indagine, pur ben congegnato, passa in secondo piano nei romanzi di Ben Pastor, per dare più spazio al dramma interiore che presumibilmente fu di molti ufficiali tedeschi durante la Seconda guerra mondiale.
La cupezza della Repubblica di Salò, il tempo freddo e umido, la miseria degli italiani in quel periodo, la lotta temeraria dei partigiani, lo squallore dei repubblichini consapevoli di essere alla fine dei loro sogni di rinascita mussoliniana, sono raccontati con grande maestria dalla scrittrice, che ci consegna un romanzo ricco di musica, di poesia, di cultura, che superano l’orrore di un anno veramente funesto della recente storia italiana.