Maregrigio di Vincenzo Restivo

A Dragona il 15 giugno è la festa della Madonna sull’acqua. Una sagra di paese, dove i personaggi di questa storia triste convergono, per aspettarsi chissà quale miracolo. I soggetti che si muovono nell’ultimo romanzo di Vincenzo Restivo, Maregrigio (Officina Milena, 2020), sono però alla deriva, senza più ideali né sani esempi da seguire. Appartengono a un nucleo di persone dove i grandi non hanno alcuna pietà e delinquono, mentre i bambini sognano di diventare boss della camorra; dove un padre violenta la figlia minorenne e la costringe a prostituirsi e una madre si accompagna a un ragazzo amico dei suoi figli, pur di sfuggire al nulla assoluto che ogni giorno le prospetta il marito. E ancora, dove l’omofobia è talmente radicata da non avere rispetto per quelle che sono le inclinazioni delle persone.

Tutto questo basterebbe, ma Maregrigio è molto di più. È la tenerezza del non detto, che si fa più credibile di mille parole. La ruvidezza di personaggi che non riescono non solo a esprimere quello che sentono, ma neppure a pensarlo, quasi non avessero diritti. La credibilità di un pezzo di paese dove i valori sono assenti, una realtà paradossale eppure esistente.

A fare da sfondo, un mare che appare grigio, malato. Un testimone silente di troppe nefandezze, che proprio non ce la fa a essere limpido, quasi empatizzasse con gli attori. Incesto, prostituzione minorile, omofobia, delinquenza, sono i molti temi trattati.

La prosa è fluida, il romanzo breve e si legge d’un fiato.
L’ipocrisia non troverà salvezza nel miracolo della Madonna. All’uomo si rifà il male, a lui soltanto; ciascuno è artefice del proprio destino, nella totale assenza di connotati umani.
Così esplodono i fuochi d’artificio, nella notte, ancora una volta, ad adombrare tutto. Squassano nel profondo, ma per un tempo che è breve.
Maregrigio è un romanzo ben scritto, di denuncia sociale. Consigliato.