La mia prima patria sono stati i libri.
Così diceva Marguerite Yourcenar, nom de plume di Marguerite Antoinette Jeanne Marie Ghislaine Cleenewerck de Crayencour, attraverso la voce del suo più celebre alter ego letterario: l’imperatore Adriano.
Nel suo capolavoro, Memorie di Adriano (1951), la scrittrice aveva trasfuso interamente la sua anima, donandoci un libro immortale capace di travalicare i tempi, le mode, le epoche. Romanzo, saggio storico, opera poetica e soprattutto “autobiografia nascosta”, nelle Memorie dell’imperatore romano troviamo la pura essenza di Marguerite, la sua voce limpida e potente capace di scavare nel fondo delle cose come l’acqua nella roccia. Quando abbiamo bisogno di “anima” possiamo accostarci alla scrittura di Yourcenar e non resteremo delusi, perché i suoi libri sono davvero diventati una “patria” per l’intera umanità. Attraverso le sue parole la scrittrice di lingua francese, nata a Bruxelles l’8 giugno 1903, ha indagato tutti gli aspetti della condizione umana: il dolore, l’amore, la malattia, l’ambizione, la religione, il desiderio, la morte.
Nulla è sfuggito alla sua penna prodigiosa, capace di narrare con una prosa poetica, sontuosa, avvolgente, i moti più impercettibili - e intermittenti - del cuore.
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Marguerite Yourcenar è spesso ricordata solo in virtù di Memorie di Adriano, il romanzo-mondo divenuto il suo doppio, e si trascura la vasta produzione letteraria di una scrittrice che è stata un pilastro della narrativa del Novecento. Ci sono i racconti struggenti delle Novelle orientali, l’ineffabile lirismo incendiato di passione delle prose di Fuochi, l’avventura del filosofo Zenone in L’opera al nero e l’angoscia esistenziale narrata in Alexis o il trattato della lotta vana, primo romanzo della scrittrice pubblicato nel 1929.
Yourcenar è nata 120 anni fa, ma le sue parole non hanno cessato di irretirci nella melodia sottile del loro incanto, come il canto delle sirene. Ci dicono qualcosa di noi, dell’umanità intera, e al contempo ci seducono con il sortilegio travolgente della loro forza affabulatrice. Yourcenar è stata una valida testimone del proprio tempo, una preziosa archeologa del passato, ma anche una profetessa in grado di raccontare il tempo a venire attraverso il suo sguardo acuto, perforante e, soprattutto, libero da ogni forma di pregiudizio. Ha catturato nella scrittura, come in un vortice, un passato granitico, presagio d’eternità, e un presente inquieto, in costante divenire.
Rimangono le parole - e per fortuna sono tante - con cui Marguerite Yourcenar ci ha restituito il bagliore delle sue intuizioni nel corso di un’esistenza errabonda (la sua “vita errante”), spesso ritirata e solitaria, ma sempre votata alla ricerca di una verità che lei avrebbe definito “esattezza”.
La scrittura di Marguerite Yourcenar è un labirinto dello spirito nel quale, una volta entrati, non si vuole trovare una via d’uscita.
Scopriamo le frasi più celebri della scrittrice, le sue profezie, i suoi aforismi, le sue visioni.
Marguerite Yourcenar: le frasi celebri della scrittrice
- L’ossessione del presente è caratteristica delle persone che vivono e pensano in modo convenzionale, dominati dalle mode. E così non si accorgono che tutto quello che è davvero importante nella nostra vita è uguale ieri come oggi.
- Non mi lamento del fatto che le cose, gli esseri e i cuori siano deperibili, perché parte della loro bellezza è costituita da questa disgrazia. Ciò che mi angoscia è che siano unici. (da Novelle Orientali)
- Il mondo non è che un cumulo di macchie confuse, proiettate sul vuoto da un pittore folle, e continuamente cancellate dalle nostre lacrime. (da Novelle Orientali)
- Tutto ci sfugge. Tutti. Anche noi stessi. (da Taccuini di appunti)
- Ogni essere che ha vissuto l’avventura umana sono io. (da Taccuini di appunti)
- I nostri rapporti con gli altri non hanno che una durata; quando si è ottenuta la soddisfazione, si è appresa la lezione, reso il servigio, compiuta l’opera, cessano; quel che ero capace di dire è stato detto; quello che potevo apprendere è stato appreso. (da Taccuini di appunti)
- Non si è liberi finché si desidera, si vuole, si teme, forse finché si vive. (da Opera al nero)
- Fra la morte e noi, talvolta non c’è che lo spessore di una sola creatura. Tolta quella creatura, non ci sarebbe che la morte. (da Fuochi)
- L’amore è un castigo. Siamo puniti di non aver saputo restare soli. (da Fuochi)
- Non esiste un amore infelice: non si possiede se non ciò che non si possiede.
- Ogni felicità è un’innocenza. (da Alexis o il trattato della lotta vana)
- Qualsiasi felicità è un capolavoro: il minimo errore la falsa, la minima esitazione la incrina, la minima grossolanità la deturpa, la minima insulsaggine la degrada. (da Memorie di Adriano)
- Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su sé stessi: la mia prima patria sono stati i libri. (da Memorie di Adriano)
- I libri non contengono la vita; non ne contengono che la cenere; è, immagino, ciò che si chiama l’esperienza umana. (da Alexis o il trattato della lotta vana.)
- Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire. Ho ricostruito molto, e ricostruire significa collaborare con il tempo, nel suo aspetto di "passato", coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo quasi verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti. (da Memorie di Adriano)
- Confesso che la ragione si smarrisce di fronte al prodigio dell’amore, strana ossessione che fa sì che questa stessa carne, della quale ci curiamo tanto poco quando costituisce il nostro corpo, preoccupandoci unicamente di lavarla, di nutrirla e – fin dov’è possibile – d’impedirle che soffra, possa ispirarci una così travolgente sete di carezze sol perché è animata da una individualità diversa dalla nostra, e perché è dotata più o meno di certi attributi di bellezza su i quali, del resto, anche i giudici migliori son discordi. Di fronte all’amore, la logica umana è impotente, come in presenza delle rivelazioni dei Misteri. (da Memorie di Adriano)
- Con la maggior parte degli esseri umani, i più lievi, i più superficiali di questi contatti bastano, o persino superano l’attesa; ma se essi si ripetono, si moltiplicano attorno a un unico essere sino ad avvolgerlo interamente; se ogni particella d’un corpo umano si impregna per noi di tanti significati conturbanti quante sono le fattezze del suo volto; se un essere solo, anziché ispirarci tutt’al più irritazione, piacere o noia, ci insegue come una musica e ci tormenta come un problema, se trascorre dagli estremi confini al centro del nostro universo, e infine ci diviene più indispensabile che noi stessi, ecco verificarsi il prodigio sorprendente, nel quale ravviso ben più uno sconfinamento dello spirito nella carne che un mero divertimento di quest’ultima. (da Memorie di Adriano)
- Ciascuno di noi ha più qualità di quel che non si creda, ma solo il successo le mette in luce, forse perché allora ci si aspetta di vederci smettere d’esercitarle. (da Memorie di Adriano)
- Quando si saranno alleviate sempre più le schiavitù inutili, si saranno scongiurate le sventure non necessarie, resterà sempre, per tenere in esercizio le virtù eroiche dell’uomo, la lunga serie dei mali veri e propri: la morte, la vecchiaia, le malattie inguaribili, l’amore non corrisposto, l’amicizia respinta o tradita, la mediocrità d’una vita meno vasta dei nostri progetti e più opaca dei nostri sogni: tutte le sciagure provocate dalla natura divina delle cose. (da Memorie di Adriano)
- Se, per miracolo, qualche secolo venisse aggiunto ai pochi giorni che mi restano, rifarei le stesse cose, persino gli stessi errori, frequenterei gli stessi Olimpi e i medesimi Inferi. (da Memorie di Adriano)
- Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario delle realtà, l’ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco. (da Memorie di Adriano)
- Non si comprende la malattia se non si coglie la sua singolare affinità con la guerra e con l’amore, se non si riconoscono i compromessi, le finte, le necessità assolute, mescolati nello bizzarro e irripetibile amalgama di un temperamento e di un male. (da Memorie di Adriano)
- Ripugna allo spirito umano accettare la propria esistenza dalle mani della sorte, esser null’altro che il prodotto caduco di circostanze alle quali nessun dio presieda. (da Memorie di Adriano)
- Come Ulisse ho viaggiato per sette anni in cerca della mia Itaca... gli approdi che via via mi vedevano rifocillarmi alle altrui fonti non facevano altro che allontanarmi sempre più dalla mia patria, e sempre più smarrito mi scoprivo.... infine... l’ho trovata.... la mia Itaca... (... e mi accorsi... quanto sia vantaggioso essere un uomo nuovo... solo... quasi senza avi... un Ulisse senz’altra Itaca che quella interiore...) (da Memorie di Adriano)
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- La nostra vita è breve: parliamo continuamente dei secoli che hanno preceduto il nostro o di quelli che lo seguiranno, come se ci fossero totalmente estranei; li sfioravo, tuttavia, nei miei giochi di pietra: le mura che faccio puntellare sono ancora calde del contatto di corpi scomparsi; mani che non esistono ancora carezzeranno i fusti di queste colonne. (da Memorie di Adriano)
- Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti. Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più…Cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti. (Finale di Memorie di Adriano)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 120 anni di Marguerite Yourcenar: le frasi più celebri della scrittrice
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