Matisse Arabesque
- Autore: Non disponibile
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Skira
- Anno di pubblicazione: 2015
- a cura di Ester Coen
“La preziosità o gli arabeschi non sovraccaricano mai i miei disegni, perché quei preziosismi e quegli arabeschi fanno parte della mia orchestrazione del quadro”.
La frase presente nel catalogo che accompagna la mostra Matisse Arabesque, visitabile a Roma presso gli spazi espositivi delle Scuderie del Quirinale fino al prossimo 21 giugno, chiarisce l’essenza della retrospettiva romana che pone in rilievo un aspetto della fervida e feconda genialità di uno dei più noti artisti del ventesimo secolo.
Novanta opere tra dipinti, disegni e costumi teatrali riferiti all’intero arco della produzione artistica di Henri Émile Benoît Matisse ((Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954) raccontano la fascinazione dell’Oriente presente nello sguardo occidentale del pittore, incisore, illustratore e scultore francese.
Capolavori assoluti esposti per la prima volta in Italia, provenienti dai maggiori musei del mondo quali Tate, MET, MoMa, Puškin, Ermitage, Pompidou, Orangerie, Philadelphia, Washington e da varie collezioni private tra cui la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli, fanno rivivere il fasto e l’eleganza di mondi antichi, fiabeschi, il Nord d’Africa, il Medio-Oriente, la Cina e il Giappone. Curata da Ester Coen, con un comitato scientifico composto da John Elderfield, Remi Labrusse e Olivier Berggruen, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Roma Capitale - Assessorato alla Cultura e Turismo, la mostra è organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in coproduzione con MondoMostre.
Introdotto dal saggio di Ester Coen (Matisse arabesque), il volume riunisce i testi di Rémi Labrusse (Arabeschi. Una storia occidentale), Eva-Maria Troelenberg (“Saltare il fosso”: Matisse e l’“inutilità” catalitica di esporre le arti islamiche), Avinoam Shalem (Leggere tra le righe: attraverso i papiers découpés di Matisse), Egidio Cossa (Matisse e le Arts Nègre), Yuko Tanaka (Matisse e i tessuti asiatici), Zelda De Lillo (Le Chant du rossignol) e Laurent Jenny (Finestre aperte, ovvero “il dentro del fuori”). Parallelamente come confronto cinque capitoli dedicati alle diverse culture ed espressioni artistiche nel mondo (Mediterraneo. Medio Oriente; Primitivismo. Africa; Sul disegno dell’albero; Linearismo. Estremo Oriente; Sul disegno e la figura) presentano splendidi oggetti d’arte comprendenti ceramiche, tessuti, intarsi lignei, stampe appartenenti a importanti musei italiani e internazionali.
L’originalità dell’esposizione è data dal fatto che il visitatore non si trova davanti solo a dipinti ma anche a manufatti, ad alcuni magnifici tessuti, abiti di scena e maschere. Ecco che la ben nota fascinazione di Matisse per il mondo della decorazione tessile viene descritta attraverso la sua collaborazione con i Balletti russi. L’artista aveva disegnato i costumi per il balletto Le chant du rossignol portato in scena nel 1920 dalla compagnia di Sergej Diaghilev con musiche di Stravinsky e coreografie di Massine. E pensare che il giovane Henry non era destinato alla pittura, “sono figlio di un commerciante di sementi, al quale avrei dovuto succedere nella gestione del negozio”, ma all’avvocatura. Il destino era cambiato nel 1890 quando già assistente in uno studio legale di Saint-Quentin, una grave appendicite aveva costretto a letto il futuro artista per quasi un anno. Matisse aveva iniziato a dedicarsi alla pittura frequentando l’atelier del pittore simbolista Gustave Moreau insieme con l’amico Albert Marquet. Nel 1895 Henry si era iscritto ufficialmente all’École des Beaux Arts, dove insegnavano molti Orientalisti. In quegli anni l’artista avrebbe posto le basi delle sue composizioni osservando molto l’Oriente, per esempio all’Esposizione mondiale del 1900, scoprendo i paesi musulmani nei padiglioni dedicati a Turchia, Persia, Marocco, Tunisia, Algeria ed Egitto e successivamente viaggiando in Algeria, in Europa, anche in Italia (Firenze, Arezzo, Siena e Padova), a Mosca. Nel 1912 ancora in Africa, a Tangeri, dove la luce è bianca.
L’incantamento per le altre culture, per i colori locali era ormai al culmine, da qui sarebbe partita per Matisse una personale indagine sulla pittura ispirandosi alla tradizione decorativa nord-africana e medio-orientale. Ecco quindi Giovane con copricapo persiano (1915-16), Israel Museum di Gerusalemme, Nudo in poltrona, pianta verde (1937), Museé Matisse, Nizza, Pervinche-Giardino marocchino (1912), MoMa, New York, Il pavimento moresco (1921), Philadelphia Museum of Art, Zorah sulla terrazza (1912-1913), Mosca, Museo Statale di Belle Arti Puskin.
Un Oriente magico, un Oriente visto come “un altrove”, reso ancora più seducente dall’occhio visionario e contemporaneo di Henry Matisse.
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